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Compensi CTU fermi dal 2002: in gioco l'equità e l'efficienza del sistema giudiziario

Le tariffe dei Consulenti Tecnici d'Ufficio (CTU) sono ferme al 2002, penalizzando non solo i professionisti, ma anche l'efficienza del sistema giudiziario italiano. Sulle criticità legate al mancato aggiornamento delle tariffe, ma anche sull'Albo digitale dei Consulenti Tecnici ne parliamo con Carla Cappiello del CNI che ci illustra anche la proposta degli ingegneri.

Le tariffe dei Consulenti Tecnici d'Ufficio (CTU) sono regolate dal DPR 115/2002, il quale prevede un aggiornamento periodico dei compensi secondo gli indici ISTAT. Tuttavia, queste tariffe sono rimaste invariate dal 2002, nonostante l'inflazione abbia aumentato notevolmente il costo della vita e i costi sostenuti dai professionisti.

Ne avevamo già parlato con Carla Cappiello, Consigliera del CNI, con delega all'Ingegneria Forense, in una precedente intervista, nella quale l'ingegnere aveva evidenziato l'urgenza di un aggiornamento delle tariffe per evitare che il sistema giudiziario italiano perda professionisti qualificati e anticipato la proposta del CNI.

 

Carla Cappiello, Consigliera CNI con delega per l’ingegneria forense
Carla Cappiello, Consigliera CNI con delega per l’ingegneria forense

      

Le tariffe dei Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU) ferme al 2002

Quali sono le ragioni principali per cui, nonostante l'obbligo di legge, le tariffe dei Consulenti Tecnici d’Ufficio non vengono aggiornate dal 2002? Considerando il mancato adeguamento all’indice ISTAT, quali sono stati gli ostacoli principali, politici o amministrativi, che hanno impedito l’aggiornamento?

Le ragioni esatte per cui le tariffe dei Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU) non sono state aggiornate dal 2002 rimangono incerte, ma possiamo ipotizzare che il termine “tariffe” susciti una certa apprensione.

È probabile che il Legislatore abbia percepito il blocco delle tariffe come una misura per contenere la spesa pubblica.  Tuttavia, questo approccio è profondamente errato per almeno due motivi fondamentali: l’iniquità e il rischio per la qualità del sistema.

Sul piano dell’equità, va sottolineato un dato molto semplice: l’inflazione italiana dal 2002 al 2024 è cresciuta di oltre il 61%. Questo significa che un bene o servizio che nel 2002 costava 100 euro oggi ne costa 161. Tutto, tranne le consulenze tecniche d’ufficio.

È una situazione paradossale, resa ancor più grave dal fatto che un adeguamento delle tariffe agli indici ISTAT è previsto dall’articolo 54 del DPR 115 del 2002, ma non è mai stato applicato.

Questo immobilismo non è solo un problema tecnico, ma un evidente problema di giustizia. Su questo punto si è espressa addirittura la Corte Costituzionale, che, con la sentenza n. 166 del 2022 ha dichiarato illegittima la riduzione dell’onorario del CTU, in caso di gratuito patrocinio, proprio perché non erano stati adeguati gli onorari degli ausiliari del giudice, come previsto dal citato articolo 54 del DPR 115 del 2002.

Questo evidentemente in danno non certo dei professionisti, ma della collettività e, nello specifico, della sua componente meno abbiente.

Sul piano pratico, bloccare le tariffe non rappresenta un vero risparmio per le casse dello Stato. Al contrario, rischia di compromettere la qualità del sistema giudiziario. L’inadeguatezza delle remunerazioni rende meno attrattiva la professione di consulente tecnico d’ufficio per i migliori professionisti del settore, i quali spesso preferiscono orientarsi verso incarichi privati più remunerativi.

Questo genera un rischio concreto: la possibile carenza di periti altamente qualificati e, addirittura, la carenza assoluta. Pensiamo che ci sono tribunali, come quello di Varese, dove risultano iscritti all’Elenco solo 2 periti e 29 consulenti. Ma anche Roma, in proporzione, conta solo 45 periti e 399 consulenti, sempre tra gli ingegneri.

Un sistema giuridico moderno ed efficiente non può prescindere da una rete di consulenti tecnici di alto livello, adeguatamente riconosciuti e remunerati. È quindi urgente intervenire per garantire equità e qualità non solo per i professionisti coinvolti, ma per l’intero sistema giudiziario e, di conseguenza, per la collettività.

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Basse tariffe CTU = minore qualità del sistema giudiziario

In che modo la mancata revisione delle tariffe influisce concretamente sull'efficienza del sistema giudiziario e sulla qualità del supporto tecnico fornito dai CTU? Può fornire esempi specifici di come questa situazione comprometta i procedimenti giudiziari?

La mancata revisione delle tariffe ha un impatto diretto e significativo sull’efficienza del sistema giudiziario e sulla qualità del supporto tecnico fornito dai Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU) e dai Periti.

Per capire meglio il problema, faccio un esempio concreto. Immagini di andare al ristorante: oggi, un primo piatto può costare mediamente 10-12 euro, forse 8 euro in un locale molto economico. Ora immagini che il ristoratore sia obbligato a venderglielo a 4 euro. Cosa pensa che succederebbe?

Questa è esattamente la situazione in cui si trovano i CTU. Una tariffa così bassa crea una dinamica pericolosa:

  • 1. Fuga dei professionisti più qualificati
    I migliori tecnici, di fronte a compensi non adeguati (per non dire ridicoli, stiamo parlando di 4,075 euro l’ora!) scelgono di investire le loro competenze in attività private più remunerative. Questo impoverisce il mercato e riduce il livello medio di qualità dei consulenti disponibili per il sistema giudiziario. La giustizia, dunque, rischia di non avere accesso a professionisti di eccellenza, penalizzando i procedimenti più complessi.
  • 2. Riduzione della dedizione professionale
    Il ruolo di ausiliario del giudice rischia di essere sempre meno attrattivo soprattutto per i giovani professionisti. Certo, chi svolge questo lavoro da anni continua a farlo guidato più dalla passione che da una logica di mercato, ma rischiamo di percorrere la via dell’estinzione. Chi entra adesso nella professione potrebbe non disporre anche solo delle risorse necessarie a coprire i costi, ad esempio quelli finanziari per le lunghe attese di liquidazione dei compensi e di recupero del credito, per giunta dall’esito incerto.
  • 3. Meccanismi perversi nei compensi
    Un esempio particolarmente problematico riguarda il ricorso alla vacazione, ovvero il compenso orario (i 4,075 euro l’ora di cui sopra). Questo dovrebbe essere un sistema residuale, secondo la normativa vigente, ma in alcune situazioni diventa la prassi, con il risultato di compensi ancora più bassi e inadeguati rispetto alla complessità delle perizie richieste. Questo è dovuto alla vetustà della tariffa giudiziaria, che, oltre che negli importi, non si è adeguata ai cambiamenti intercorsi negli ultimi 44 anni rispetto alle attività tecniche che il consulente deve oggi effettuare in adempimento alle nuove normative e tecnologie intervenute nel frattempo. Pensiamo al campo dell’informatica forense e alla sua sempre maggiore rilevanza in ambito civile e penale, che certamente nel 1980 era inimmaginabile.

E qui non stiamo parlando di un piatto di pasta, ma di un elemento essenziale per il sistema giudiziario italiano: il supporto tecnico ai giudici per garantire giustizia ai cittadini. Una consulenza tecnica di bassa qualità o mal remunerata può portare a ritardi, errori di valutazione o analisi incomplete. È un danno per tutte le parti coinvolte nei procedimenti giudiziari e, in ultima analisi, per la credibilità stessa del sistema.

Intervenire sulle tariffe non è solo una questione di giustizia per i professionisti, ma una necessità per il funzionamento stesso del nostro sistema giudiziario.

  

Tariffe CTU: la proposta degli ingegneri

Il CNI ha recentemente proposto nuove tabelle tariffarie: quali sono i criteri principali su cui si basano e in che modo tengono conto delle competenze specialistiche richieste oggi ai CTU? Ad esempio, come vengono valorizzate competenze avanzate come l’informatica forense o l’analisi ambientale?

Come Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI) abbiamo recentemente avanzato una proposta per l’aggiornamento delle tariffe dei Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU) e dei Periti, basata su criteri che rispecchiano le esigenze attuali del settore e riconoscono le competenze specialistiche richieste.

I principi fondamentali su cui si fonda questa proposta sono:

  1. Adeguamento all’inflazione: Le nuove tabelle tariffarie prevedono l’aggiornamento dei compensi in base agli indici ISTAT, colmando il divario accumulato negli ultimi vent’anni.
  2. Proporzionalità alla complessità degli incarichi: I compensi sono calibrati in relazione alla complessità e alla responsabilità degli incarichi affidati ai professionisti, assicurando una remunerazione equa per le prestazioni fornite.
  3. Riconoscimento delle specializzazioni emergenti: La proposta riconosce l’importanza di nuove specializzazioni, come l’informatica forense e l’analisi ambientale, che sono diventate cruciali nel contesto attuale. Le tabelle tariffarie aggiornate tengono conto delle competenze avanzate richieste in questi ambiti, prevedendo compensi adeguati che riflettono la complessità e l’importanza di tali specializzazioni.
  4. Considerazione dei costi sostenuti dai professionisti: La proposta tiene conto degli investimenti che i professionisti devono affrontare per mantenere elevati standard qualitativi, inclusi i costi per attrezzature all’avanguardia e richieste delle norme, formazione continua e gestione delle attività. Questo assicura che i compensi siano commisurati non solo al lavoro svolto, ma anche alle spese necessarie per garantire prestazioni di alto livello.

In sintesi, le nuove tabelle tariffarie proposte dal CNI mirano a garantire una remunerazione equa e adeguata per i professionisti, riconoscendo l’evoluzione delle competenze richieste e i costi associati all’esercizio professionale, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e la qualità del supporto tecnico nel sistema giudiziario.

Il CNI, con il suo Gruppo di Lavoro, ha ampiamente argomentato al Ministero della Giustizia – e, quindi, alla Commissione all’uopo istituita – la necessità di procedere non solo all’aggiornamento, ma alla rivisitazione dell’intera tariffa giudiziaria.

  

Quali sono gli ostacoli alla proposta del CNI?

Nonostante il sostegno congiunto di diverse categorie professionali, quali ostacoli sta incontrando la proposta di adeguamento delle tariffe e come si potrebbe superare questa situazione di stallo?
Ritiene che manchi una volontà politica o che il problema sia di natura burocratica?

Le difficoltà principali possono essere ricondotte a entrambi i due ordini di problemi: politici e burocratici.
Sicuramente la procedura per l’adeguamento delle tariffe è complessa e richiede un coordinamento tra più enti e istituzioni, ma il peso più grande pende dalla parte politica.

L’adeguamento delle tariffe è spesso percepito come un tema “sensibile”, associato al rischio di un aumento della spesa pubblica. Questo porta a un atteggiamento prudente.

Come possiamo superare lo stallo?

  • Maggiore sensibilizzazione politica: È fondamentale continuare a dialogare con le istituzioni, continuando a spiegare che un sistema di consulenze tecniche di alta qualità è indispensabile per garantire decisioni giudiziarie giuste e rapide. Questo richiede il coinvolgimento diretto del Parlamento e un’interlocuzione ancora più incisiva con il Governo. Devo dire che negli ultimi anni la sensibilità politica sul tema sta cambiando e l'attenzione alle esigenze dei liberi professionisti è costantemente aumentata, purtroppo non nel campo dell’attività svolta dai tecnici forensi e, in generale, dai professionisti che operano nel mondo della giustizia. Abbiamo accompagnato e accolto con grande favore le norme sull’equo compenso, ma lo stesso principio deve essere applicato anche per le attività svolte dai professionisti forensi, che invece sono dimenticati da quasi mezzo secolo.
  • Sinergie tra categorie professionali: Il sostegno congiunto di ingegneri, commercialisti, medici e altre categorie professionali può rafforzare la pressione sulle istituzioni. La creazione di un fronte unico che ribadisca l’urgenza e la legittimità della richiesta può fare la differenza.

In sintesi, il problema non è esclusivamente o burocratico o politico, ma una combinazione di entrambi. Superarlo richiede una strategia articolata che combini il dialogo istituzionale con una politica disposta ad ascoltare, la collaborazione tra categorie professionali e un approccio pragmatico. Il CNI continuerà a lavorare con determinazione in questa direzione.

 

L'Albo digitale dei Consulenti Tecnici

Il processo di popolamento dell’Albo digitale dei Consulenti Tecnici è in corso: ritiene che sia gestito in modo adeguato?
Quali criteri andrebbero adottati per garantire una selezione trasparente e per suddividere correttamente gli incarichi in base alle competenze specifiche?

Il processo di popolamento dell’Albo digitale dei Consulenti Tecnici rappresenta un’opportunità fondamentale per strutturare meglio il ruolo dei CTU e dei periti nel sistema giudiziario italiano, ma il suo successo dipende dalla definizione di criteri chiari e rigorosi per l’accesso all’Elenco.

Ritengo indispensabile che l’accesso all’Albo dei consulenti sia subordinato al completamento di uno specifico percorso formativo. Questa formazione dovrebbe abilitare i professionisti all’esercizio della professione tecnico-giuridica, fornendo competenze fondamentali in ambito procedurale e giuridico. Un CTU o un perito, infatti, non deve essere soltanto un ottimo tecnico, ma deve anche possedere una conoscenza di base delle norme di procedura civile e dei principi che regolano la fase di consulenza.

Errori procedurali o il mancato rispetto di questi principi nella fase di espletamento della consulenza d’ufficio possono compromettere l’intero contenzioso, con gravi ripercussioni per i cittadini coinvolti. Per questo motivo, il percorso formativo dovrebbe essere obbligatorio e strutturato in modo da garantire una preparazione completa e adeguata.

 

Come dovrebbe evolvere la gestione degli albi professionali per assicurare che i CTU con maggiore esperienza e competenze specialistiche vengano effettivamente valorizzati?
Ritiene necessario introdurre meccanismi di valutazione o aggiornamento obbligatori per garantire un alto livello di professionalità?

La gestione degli albi professionali deve evolvere per garantire che i Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU) con maggiore esperienza e competenze specialistiche vengano valorizzati, e questo richiede l’implementazione di sistemi di verifica e aggiornamento regolari.

Ritengo che sia necessario introdurre meccanismi di valutazione periodica e obblighi di aggiornamento, che assicurino un alto livello di professionalità e mantengano l’elenco costantemente adeguato alle esigenze del sistema giudiziario. In questo modo il professionista sarebbe gravato di un ulteriore onere a garanzia della qualità della prestazione, resa per la collettività, ma questo non può non trovare un suo riflesso nella fase di determinazione/corresponsione di un giusto compenso.

  • Formazione continua e aggiornamento obbligatorio
    Per assicurare un livello elevato di professionalità, è cruciale rendere obbligatoria la partecipazione a corsi, seminari o eventi formativi specifici in ambito forense, su base biennale o triennale. La formazione dovrebbe riguardare gli aspetti giuridici e procedurali indispensabili per l’esercizio della professione di CTU, calate anche nell’ambito delle singole specializzazioni. L’erogazione di tale formazione dovrà essere svolta dagli Ordini professionali territoriali, in armonia con quanto avviene per altre abilitazioni tecniche, ad esempio per i professionisti antincendio.
  • Elenco nazionale e revisione periodica automatizzata
    L’istituzione dell’Elenco nazionale dei CTU (previsto dall’art. 24-bis del D.Lgs. 149/2022, riforma Cartabia) rappresenta un’opportunità per automatizzare il processo di revisione periodica. Un sistema integrato e aggiornato costantemente dagli Ordini territoriali potrebbe sia facilitare la gestione degli elenchi da parte dei Tribunali sia assicurare che i professionisti presenti nell’elenco siano costantemente aggiornati e in possesso di tutte le qualifiche richieste. Per una razionale ed efficiente revisione dell’Albo, ritegno sia indispensabile coinvolgere gli Ordini professionali territoriali.

  

Qual è il ruolo che il CNI e le altre associazioni professionali possono svolgere per sensibilizzare l’opinione pubblica e il legislatore sull’urgenza di questa riforma?
Ci sono campagne di comunicazione o iniziative specifiche che si possono intraprendere per accelerare il processo di revisione?

Gli Ordini hanno un ruolo cruciale nel sensibilizzare l’opinione pubblica e il legislatore sull’urgenza di una riforma che aggiorni e migliori il sistema normativo per i CTU.

Questo impegno si articola su più livelli e prevede una combinazione di iniziative strategiche.

Una delle risorse più efficaci è la collaborazione con altre categorie professionali, come avvocati, magistrati, commercialisti e medici. Coinvolgere tutte le professioni che operano come ausiliari di giustizia per creare un fronte comune è un elemento strategico. Unendo le voci di ingegneri, commercialisti, medici e altri professionisti, si aumenta il peso delle richieste e si rende evidente che il problema riguarda l’intero sistema, non una sola categoria.

L’organizzazione di conferenze, workshop e tavole rotonde con la partecipazione di istituzioni, accademici e professionisti rappresenta un ulteriore passo per stimolare il dibattito pubblico e attirare l’attenzione sul tema. Questi eventi devono essere progettati per generare risonanza mediatica e alimentare un dialogo costruttivo tra le parti.
Eventi come quello tenutosi lo scorso 9 ottobre, in cui il CNI ha collaborato con figure chiave del settore, rappresentano un esempio concreto di questo approccio. In quell’occasione si è discusso dell’aggiornamento delle tariffe per gli ausiliari del magistrato e di altri temi centrali per il sistema giudiziario.

Questi incontri non sono episodi isolati, ma parte di un impegno più ampio per creare uno spazio di confronto continuo tra le esigenze pratiche dei professionisti e le normative vigenti. Offrono una piattaforma per portare all’attenzione delle istituzioni le reali problematiche del settore, trasformandole in opportunità di miglioramento.

Infine, il CNI si è posto come interlocutore privilegiato per il legislatore, offrendo non solo richieste ma anche soluzioni concrete e dettagliate. La disponibilità a collaborare con il Ministero della Giustizia e altri enti è una chiave per accelerare il processo di revisione, evitando che le proposte restino bloccate nei meandri della burocrazia.

Non vorrei, in ogni caso, che gli altri attori sul campo non viaggino allo stesso passo. Mi riferisco sia alla dimensione burocratica sia a quella politica. Un ascolto approfondito non può che portare a dei risultati concreti, che oggi non sono purtroppo ancora tangibili. Spero di essere smentita nella nostra prossima intervista.
Il CNI può favorire un cambio di passo verso un sistema più equo ed efficiente, ma la sua azione da sola non è sufficiente se non c’è risposta da parte degli interlocutori politici.

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