Come si è giunti alla Normativa Tecnica sul Calcestruzzo Strutturale
Un Excursus sul percorso che ha condotto all’attuale normativa nazionale ed europea sulle strutture in calcestruzzo
Fin dall’antichità, la sicurezza delle strutture è stata presa in considerazione dalla legge sul piano civile e penale: il Codice di Hammurabi (XVIII sec aC) prevedeva da parte del costruttore un risarcimento, se la struttura cedeva, e il taglione, se provocava vittime.
Sul piano tecnico, nel corso dei secoli si faceva riferimento a regole consolidate dello stato dell’arte (codificate da maestri) e ai segreti del mestiere, scoperti o tramandati. Solo col XX secolo, o quasi, nascono norme che dettano prescrizioni tecniche.
L’Europa, alla metà del XX secolo, era in fase di ricostruzione. Dopo le distruzioni massicce della guerra mondiale e la perdita di leadership economica e politica planetaria, manteneva ancora grandi risorse intellettuali.
I migliori spiriti dell’epoca cominciarono a pensare in termini concreti a un’unità d’intenti continentale, superando le divisioni che avevano condotto al disastro e prendendo atto della fine della centralità europea nel sistema politico-economico globale, con la riduzione del vecchio continente a una fra le aree rilevanti del nuovo sistema policentrico, la quale doveva anzi attivarsi per non essere del tutto emarginata dalle decisioni sul futuro del mondo.
L’idea di un’unione europea, già intravista oltre mezzo secolo prima da vari pensatori, a molti non appariva realizzabile, consistendo l’Europa di decine di Stati, ognuno con propria lingua e con tradizioni millenarie, radicate e differenti, nella cultura, nei costumi, nel sistema politico, nelle ambizioni, nel lavoro; Stati che avevano scatenato due conflitti allargatisi al mondo intero e che si erano ritrovati divisi da una “cortina di ferro” esogena ed innaturale.
Dalla tragedia emersero però persone lungimiranti, che seppero convincere a un cammino comune, politico e altro. Si ebbero così le prime Comunità parziali, con successi e fallimenti, poi il trattato di Roma tra sei Paesi … e la storia che conosciamo, fino all’odierna Unione con 28 Stati membri.
Anche nel nostro campo si è avuto un processo analogo, con problemi analoghi, mutatis mutandis: una miriade di norme tecniche nazionali diversissime dall’inizio del secolo, fino all’unificazione imperfetta di oggi.
Alla metà del secolo, precisamente nel 1953, nacque il Comité Européen du Béton (CEB), che ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo del sistema normativo europeo per le strutture, non solo in calcestruzzo armato, sulla base della promozione di studi scientifici e di confronti e discussioni ad ampio livello.
Il centro animatore fu in Francia, dove André Balency Béarn, grande progettista e costruttore, sviluppatore di sistemi di prefabbricazione a pannelli portanti, fondò il CEB e ne divenne il primo Presidente. A lui si unirono, per l’Italia, due massimi rappresentanti della ricerca e della realizzazione, Gustavo Colonnetti e Pierluigi Nervi.
Le norme tecniche e le consuetudini nei singoli Paesi divergevano sensibilmente e ciò si rifletteva sui vincoli alla progettazione e alla realizzazione. Le differenze erano in realtà non fondate ma frutto della non condivisione dei molteplici aspetti che influiscono sul comportamento del calcestruzzo armato.
Il CEB divenne un forum, dove conversero i contributi dei grandi dell’epoca. Vi presero parte, fra numerose personalità, Baes, Baker, Ferry Borges, Torroja, L’Hermite, Leonhardt, Magnel, Ruesch; per noi Cestelli Guidi e Levi.
Franco Levi in particolare, secondo Presidente, nel suo Cinquant’anni dopo: Il cemento armato dai primordi alla maturità (Testo & Immagine, Torino, 2002), delinea con cognizione di causa gli sviluppi della materia e la funzione avuta dal CEB, che per statuto riuniva studiosi, progettisti e costruttori. Anche se poi si sbilanciò leggermente verso i primi, la composizione si rivelò fruttuosa e foriera sia di conoscenza sia d’interesse applicativo concreto.
Gli orientamenti strategici del Comitato furono così formulati:
- gli specialisti del principale materiale da costruzione utilizzato in Europa devono coordinare le loro idee ed i loro metodi di lavoro;
- per giungere ad un regolamento europeo, si dovranno approfondire innanzi tutto le conoscenze teoriche, unica base sicura per un accordo duraturo;
- aspetti teorici e problemi applicativi non potranno che essere risolti insieme e con gli stessi strumenti;
- per sviluppare la teoria del calcestruzzo armato si dovrà cooperare con gli altri organismi internazionali aventi fini complementari a quelli da noi perseguiti;
- potremo progredire solo gradualmente, formulando via via conclusioni provvisorie, che saranno oggetto di revisioni periodiche.
Vi si può vedere programmato lo sviluppo della futura normativa tecnica europea sulle strutture, non solo in calcestruzzo. Infatti, il CEB approfondì anche la teoria della sicurezza delle strutture in generale e le basi comuni per la progettazione, con cui individuò e iniziò la sua vocazione pre-normativa, come modello per un’auspicata normativa europea, che è l’oggetto della presente nota.
BASE DELLE NORME TECNICHE EUROPEE
I risultati delle ricerche discusse e le teorizzazioni riguardanti problemi specifici venivano pubblicati regolarmente sui (250) Bollettini del CEB.
Nel 1964 furono pubblicate le Raccomandazioni CEB, primo modello di nuova norma tecnica comune per il calcestruzzo armato.
Il testo introduceva il concetto probabilistico dell’affidabilità, contemplante anche il Metodo Semiprobabilistico, che ne impostava la verifica sull’esame di vari Stati Limite, mediante l’applicazione di Coefficienti di Sicurezza Parziali ai principali parametri in gioco.
Le verifiche agli stati limite, un metodo proposto dalla scuola russa di Gvozdev, non si restringevano al cosiddetto “calcolo a rottura” né alla sola analisi limite plastica, allora in voga, ma affrontavano già il comportamento in esercizio, con l’individuazione anche qui di stati limite, come quelli riferiti a fessurazione, deformazione o vibrazione, venendo incontro a concrete domande provenienti dalla pratica applicativa.
Le caratteristiche innovative dell’approccio proposto dalle Raccomandazioni erano rivoluzionarie per le norme dell’epoca, basate sul confronto delle tensioni massime di esercizio con le tensioni ammissibili. Esse destarono l’apprezzamento generale della comunità scientifica, anche fuori d’Europa e in seno a organismi delle Nazioni Unite, e furono tradotte in molte lingue.
L’approccio è quello adottato oggi dagli Eurocodici Strutturali, con un anticipo di quarant’anni! Pertanto, le prime Raccomandazioni CEB possono a buon diritto considerarsi il loro progenitore.
Nel 1952, prima del CEB stesso e sempre su iniziativa francese, da parte di Y. Guyon, era stata fondata la Fédération Internationale de la Précontrainte (FIP), avente per oggetto lo studio e la promozione del calcestruzzo armato presollecitato, il cui ideatore principale, E. Freyssinet, l’aveva sviluppato nei decenni precedenti appunto in Francia.
Per statuto, al pari del CEB, la FIP coinvolgeva studiosi, progettisti, costruttori e industriali, ma con una leggera prevalenza di attenzione agli aspetti industriali e costruttivi.
Anch’essa pubblicava i suoi Bollettini, comprendenti Rapporti Tecnici e Stati dell’Arte su ricerche e realizzazioni, Guide Pratiche e Raccomandazioni su temi specifici, con vocazione pre-normativa.
In particolare, nel suo ambito fu istituita nel 1955 la Commissione “Prefabbricazione”, per secondare lo sviluppo della nascente industria con lo studio dei problemi progettuali e costruttivi e lo scambio internazionale di informazioni. Questa Commissione è tuttora molto attiva, ora in ambito fib, e ha prodotto a sua volta numerosi documenti pre-normativi, il cui contenuto è stato in seguito recepito dagli Eurocodici e da varie Norme di prodotto europee di rilevanza strutturale.
Nel frattempo si era fatta strada la concezione unitaria del calcestruzzo semplicemente armato e di quello presollecitato, liberandosi dall’idea di Freyssinet, che considerava quest’ultimo alla stregua di un nuovo materiale strutturale. Infatti, ciò aveva senso solo guardando alle condizioni di esercizio ma, considerando l’insieme degli stati limite, emergeva l’analogia del comportamento delle strutture nelle due tecniche. Anzi, si vide che potevano esservi strutture con presollecitazione parziale in qualsiasi proporzione, rimuovendo così ogni discontinuità fra loro.
Fu istituito un Comitato Misto FIP-CEB per la redazione di Raccomandazioni per il calcestruzzo presollecitato, presieduto da C. Cestelli Guidi.
Apparvero così, nel 1970, le Raccomandazioni CEB-FIP, in cui si aggiornarono i modelli per il calcestruzzo armato, estendendoli anche a quello presollecitato in qualunque misura.
Queste segnarono l’anticipazione di quello che sarebbe stato edizioni il Codice Modello CEB-FIP nelle diverse edizioni susseguitesi.
Non solo, ma il lavoro in comune sugli stessi obiettivi portò a definire non più due oggetti di studio e di normazione, il C.A. e il C.A.P., ma uno unico, sotto il nome di Calcestruzzo Strutturale.
Il CEB continuò a lavorare intensamente allo studio dei molteplici aspetti e implicazioni della deformazione delle strutture in calcestruzzo armato, fino a quella estrema, con modelli non lineari. Nelle Commissioni di Lavoro si confrontavano i risultati di ricerche e modellazioni sul fronte dello stato dell’arte, ricevendone stimolo e idee per nuove ricerche.
I temi trattati andavano oltre il calcestruzzo strutturale. Si affrontavano i problemi generali delle azioni sulle costruzioni, della nascente ingegneria sismica, dell’analisi numerica, delle basi del progetto, dei metodi di verifica, della valutazione probabilistica della sicurezza.
Si cominciò a pensare a un documento che fosse non più solo di raccomandazione ma che si avvicinasse a un vero codice completo per la progettazione e l’esecuzione di strutture, specifico per il calcestruzzo ma modello per un codice generale.
Nacque così il Codice Modello CEB-FIP 1978 (MC 78) che, oltre ai metodi e modelli d’analisi più avanzati, conteneva anche prescrizioni direttamente applicabili nella pratica corrente e si proponeva come modello per un codice generale operativo, pronto a essere adottato dalle autorità competenti. Era inteso come norma tecnica “non cogente”, come d’uso nella maggior parte dei Paesi. Tuttavia, per graduarne il significato e per consentire più esplicitamente le scelte di modelli alternativi, il testo era suddiviso in Principi e Regole applicative, intendendo solo i primi come non derogabili.
Il MC 78 fu il modello degli Eurocodici Strutturali. Infatti, era adatto a ispirare il lavoro pre-normativo specifico in altri settori - come quello della CECM per le strutture in acciaio - per impostare un corpus completo di norme tecniche sulle strutture.
Inoltre, fu la base interna per lo sviluppo del lavoro successivo di CEB e FIP, per preparare un’edizione evolutiva del Codice Modello. Dopo il MC 78, è infatti proseguita l’attività pre-normativa e in particolare il lavoro congiunto di CEB e FIP per la redazione del nuovo MC 90.
Questo aggiornava l’intero sistema e introduceva alcune innovazioni, come: i modelli generalizzati del comportamento del calcestruzzo strutturale con il metodo di analisi mediante tiranti e puntoni (struts-and-ties) dovuto a J. Schlaich; la trattazione più estesa della presollecitazione, anche mediante cavi di post-tensione esterni; le verifiche numeriche per la fatica; le strutture prefabbricate e la progettazione per la durabilità.
Come si vedrà, i MC continueranno nella futura fib.
6. L’AZIONE DELLA COMUNITÀ EUROPEA
La Commissione della Comunità Europea, nella seconda metà degli anni 1970, si accinse all’emanazione di norme tecniche strutturali comunitarie.
Non sarebbe stato pensabile immettersi ab initio in un problema di rilevanza politica di tale portata, se non vi fosse stata la base del Codice Modello, consolidata da un quarto di secolo di lavoro internazionale di CEB e FIP. Anche perché tale lavoro si era già riversato nella normativa nazionale di molti Stati, che avevano trovato utile ispirarvisi in varia misura.
Fu avviato così il programma degli Eurocodici Strutturali (EC), cui partecipavano anche Stati non comunitari e che sfociò nell’edizione di alcuni EC: Basi della Progettazione e Azioni sulle Costruzioni; Strutture in Calcestruzzo; Strutture in Acciaio; Strutture in Muratura; Strutture in Zone Sismiche. Ebbe inizio dall’EC2 Strutture in Calcestruzzo, il cui gruppo di lavoro era di origine CEB-FIP, con coordinatore Franco Levi, e ogni Stato partecipante vi nominava un “ingegnere di collegamento”.
Questa prima versione degli Eurocodici non fu però adottata in forma operativa.
Nel 1989 uscì la Direttiva CEE sui prodotti per le costruzioni (n. 89/106/EEC: Construction Products Directive - CPD), che perseguiva il fine della libera circolazione dei prodotti per le costruzioni nel mercato interno.
In base alla CPD, la Commissione della Comunità Europea diede mandato al Comitato Europeo di Normazione - CEN (Ente cui partecipano oltre trenta Stati europei, non solo i membri della UE) di emanare norme tecniche, in termini per quanto possibile prestazionali, e stabilì il quadro delle norme sui prodotti per le costruzioni, individuando sei Requisiti Essenziali (RE) delle Opere di costruzione:
1. Resistenza meccanica e stabilità
2. Sicurezza in caso di incendio
3. Igiene, salute e ambiente;
4. Sicurezza d’uso
5. Protezione dal rumore
6. Risparmio di energia ed isolamento termico.
La CPD è sostituita dal Regolamento UE n. 305 del 9/3/2011 (Construction Products Regulation – CPR) entrato pienamente in vigore nel 2013, ove è stato aggiunto un settimo Requisito di Base (come qui definiti gli ex RE):
7. Uso sostenibile delle risorse naturali.
Gli Eurocodici trattano integralmente del Requisito di Base n. 1 e in parte del n. 2 e del n. 4.
Il CEN è organizzato per Comitati Tecnici (TC), i quali elaborano le norme, che vengono poi approvate definitivamente con la votazione formale degli Stati membri. Ad esempio, il TC250 gestisce gli Eurocodici Strutturali, il TC104 il calcestruzzo come materiale, il TC229 i prodotti prefabbricati in calcestruzzo.
Alcune notazioni.
I Prodotti per le costruzioni rispondono a Caratteristiche essenziali stabilite nelle rispettive Specifiche Tecniche (Norme di Prodotto o Documenti per la Valutazione Europea) che sono Norme Armonizzate (hEN): una volta approvate, divengono obbligatorie per ogni Stato membro e rimuovono ogni eventuale norma nazionale sul prodotto stesso.
Le norme riguardanti invece le Opere (come gli Eurocodici) non sono armonizzate. Esse sono soggette a procedure di adozione da parte degli Stati membri, con facoltà di adattamenti, restando, in particolare, i singoli Stati responsabili ultimi dei livelli di sicurezza prescritti.
I prodotti conformi alla rispettiva hEN non possono essere contestati tecnicamente per l’impiego pertinente.
Le hEN possono contenere regole di progettazione strutturale, purché conformi alle Norme di riferimento (Eurocodici Strutturali). Il CEN stesso, in particolare per i prodotti prefabbricati in calcestruzzo strutturale, ha formato un “Gruppo ad hoc” (AHG), di esponenti dei rispettivi TC 250 e TC 229, per l’esame preventivo incrociato sia delle parti degli Eurocodici che trattano di prefabbricazione, sia di regole di impatto strutturale nelle hEN, in maniera da evitare che emergano incoerenze in sede di votazione.
I prodotti che non rientrano nel campo d’applicazione di una hEN esistente sono soggetti a una Valutazione Tecnica Europea (in precedenza, con la CPD, Approvazione Tecnica Europea), rilasciata da un Organismo di Valutazione Tecnica (TAB) autorizzato.
La conformità di un prodotto alla rispettiva hEN può essere attestata dal possesso del marchio CE, senza necessità di ulteriori verifiche.
Le norme CEN prendono tre denominazioni, relative alla fase approvativa in cui si trovano (con la h davanti se armonizzate):
ENV provvisoria o sperimentale;
prEN definitiva in approvazione;
EN approvata formalmente.
L’UNI – Ente Italiano per l’Unificazione – agisce anche come membro referente nazionale del CEN e, tramite la Commissione Ingegneria Strutturale (UNI-CIS) mantiene i contatti con i vari Comitati CEN impegnati nella normativa sulle strutture e vi coordina la partecipazione italiana. Gestisce altresì la traduzione e l’edizione italiana delle norme stesse.
Le norme EN adottate in Italia prendono la sigla UNI-EN.
Per gli Eurocodici (EC), il cui programma nel frattempo si era esteso alle strutture realizzate con gli altri materiali, il lavoro del CEN è stato svolto in due fasi: una prima negli anni 1990, sulla base delle versioni comunitarie citate, di
redazione delle ENV, adottate provvisoriamente in diversi Paesi, fra cui in parte l’Italia (v. appresso); una seconda, recependo le osservazioni nazionali, di redazione delle norme definitive EN.
Gli Eurocodici EN attuali sono stati pubblicati tra il 2004 e il 2007.
Come già i progenitori CEB-FIP, a partire dalla Raccomandazioni CEB del 1964, tutti gli Eurocodici sono fondati sul metodo agli Stati Limite (SL).
In funzione della citata prerogativa nazionale sui livelli di sicurezza, gli Stati membri si riservano la determinazione di alcuni parametri (Nationally Determined Parameters – NDP) previsti nell’EC e definiti nelle rispettive Appendici Nazionali. In Italia, i NDP sono approvati con DM II.TT.
La Commissione, con la Raccomandazione 2003/887/EC, invita gli Stati Membri della UE ad adottare gli Eurocodici come strumento per la progettazione strutturale e ad armonizzare quindi a ridurre al minimo i NDP.
Gli Eurocodici Strutturali, attualmente in numero di dieci, hanno le seguenti denominazioni (abbreviate e per intero):
EN 1990 EC0 Principi di progettazione strutturale
EN 1991 EC1 Azioni sulle costruzioni
EN 1992 EC2 Progettazione di strutture in calcestruzzo
EN 1993 EC3 Progettazione di strutture in acciaio
EN 1991 EC4 Progettazione di strutture composte acciaio-calcestruzzo
EN 1991 EC5 Progettazione di strutture in legno
EN 1991 EC6 Progettazione di strutture in muratura
EN 1991 EC7 Progettazione geotecnica
EN 1991 EC8 Progettazione di strutture resistenti al sisma
EN 1991 EC9 Progettazione di strutture in alluminio
Ogni EC comprende poi più Parti, formanti complessivamente un corpo di 58 documenti. Il loro volume non deve intimorire. Infatti, avendo carattere consensuale, ovvero non cogente, danno prescrizioni non obbligatorie ma che costituiscono indicazioni autorevoli e consolidate: in tal modo, una volta acquisita la conoscenza della loro impostazione e dei punti essenziali, i documenti possono offrire un’ampia scelta di modelli e criteri di verifica relativi a una vasta tipologia di strutture, da consultarsi all’occasione; scelta tra alternative interne e aperta ad altre esterne. Tale carattere facilita anche l’introduzione di tecniche innovative, che richiedano modelli di verifica non previsti, e lascia più spazio al giudizio ingegneristico.
Gli EC appaiono forse ancora un po’ farraginosi ma, considerando che hanno portato a convergere una trentina di culture tecniche che procedevano indipendentemente – e ognuna delle quali voleva inserire i suoi schemi nei nuovi documenti – il risultato è di straordinaria importanza. Essi costituiscono per i professionisti e le imprese d’Europa uno strumento di lavoro familiare non solo in tutti i Paesi europei ma anche in molti Paesi terzi, privi di norme proprie.
Gli Eurocodici sono oggetto di manutenzione e revisione. e se ne sta elaborando una nuova edizione completa, che sarà più organica, perdendo possibilmente le tracce di inserimenti di provenienze diverse e non omogenee. La CE ha dato mandato (M/515 EN del 2012) al CEN di sviluppare una Nuova generazione del sistema degli Eurocodici, comprendente il rinnovo di quelli esistenti e l’aggiunta di nuovi.
Il mandato impone l’indirizzo di migliorarne la facilità d’uso e di tener conto anche dell’impatto dei mutamenti climatici. Agli EC attuali si aggiungeranno quelli su:
- Progettazione delle strutture in vetro
- Progettazione di valutazione e interventi sulle strutture esistenti
L’iter richiede una serie di rielaborazioni, controlli e approvazioni con voto finale da parte degli Stati Membri, il cui completamento si prevede per il 2023.
7.2 NORME CORRELATE
Altre norme, oltre agli Eurocodici, sono d’interesse per il progetto e la realizzazione di strutture in calcestruzzo e regolarmente edite anche in italiano come:
EN 197 – Cementi: Composizione, specifiche e criteri di conformità
EN 206 – Calcestruzzo: Specifiche, prestazioni, produzione e conformità
EN 13670 – Esecuzione delle strutture in calcestruzzo
EN 12620 – Aggregati per calcestruzzi
EN 10080 – Acciaio per c.a.
EN 10138 – Acciaio per pretensione
EN 10025 – Acciaio per carpenteria
EN 1337 – Appoggi strutturali
EN 15129 – Dispositivi antisismici
nonché le numerose norme per i prodotti prefabbricati in calcestruzzo con funzione strutturale, redatte dal TC 229, della quali si ricorda solo la generale
EN 13369 – Regole Comuni per i Prodotti Prefabbricati in Calcestruzzo
asse portante del gruppo, che raccoglie, evitando la ripetizione in ogni singola norma, le regole comuni di riferimento, per proprietà dei materiali, procedimenti di maturazione, controllo di qualità, ecc.
Esistono infine altre norme di prodotto collaterali, relative ad es. agli inserti, le norme sull’esecuzione delle prove sperimentali sui materiali e sulle strutture e quelle riferite alla geotecnica.
8. La fib
Il CEB (nel frattempo denominatosi Comité Euro-International du Béton, per evidenziare la sfera non più limitata all’Europa) e la FIP, stanti il lavoro e gli obiettivi comuni per il Calcestruzzo Strutturale - ormai da tutti riconosciuto unitario e non più separabile in c.a. e c.a.p. - .non avendo più motivi di distinzione, nel 1998 si sono fusi nella fib - Fédération Internationale du Béton.
La fib pubblica la rivista Structural Concrete e monografie su vari argomenti, classificandoli secondo il livello come:
- Rapporti Tecnici
- Stato dell’Arte
- Manuali e Guide pratiche
- Raccomandazioni
- Codici Modello
In tutto ha finora pubblicato oltre ottanta bollettini monografici su vari argomenti, fra cui la post-tensione, la prefabbricazione, gli aspetti di sostenibilità
ambientale, il progetto di ponti, i calcestruzzi speciali, il rinforzo strutturale, l’impiego dei polimeri fibrorinforzati, il progetto in funzione del ciclo di vita dell’opera, che fanno il punto sul rispettivo stato delle conoscenze e sono poi di riferimento allo sviluppo delle norme.
La vocazione pre-normativa rimane viva e, riprendendo la tradizione CEB-FIP, la fib ha prodotto un Codice Modello sulla Progettazione per il Ciclo di Vita di Servizio (2006) e un nuovo Codice Modello generale (MC 2010).
Gli aspetti innovativi principali trattati dal MC 2010 sono: progettazione concettuale prima ancora del dimensionamento; carattere prestazionale delle regole e modellazione coerente;
segue in allegato ...
Normativa Tecnica
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