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Come i cambiamenti climatici condizionano le frane

I cambiamenti climatici in atto e previsti non hanno precedenti. L’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi desta particolare attenzione, poiché ha importanti risvolti sulle frane e sul dissesto geo-idrologico. Valutare come i cambiamenti climatici condizionano la numerosità, la tipologia, la distribuzione e la frequenza delle frane non è un’attività semplice, ma quanto mai necessaria.

Il riscaldamento globale è inequivocabile

Il riscaldamento globale è un fatto inequivocabile, con cambiamenti in atto che non hanno precedenti, come confermano gli ultimi rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).

Pensando agli effetti dei cambiamenti del clima vengono subito in mente l'aumento delle temperature, le ondate di siccità, la fusione dei ghiacciai e l'innalzamento del livello del mare.

L’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi è un problema altrettanto preoccupante.

Quest’ultimo – e non solo – ha importanti risvolti su numerosi fenomeni di dissesto geo-idrologico, come le frane.

L’analisi degli impatti che i cambiamenti climatici possono avere sui fenomeni di instabilità dei versanti è un problema complesso, che necessita di conoscenze e azioni efficaci e di un approccio olistico e multidisciplinare.


Le frane: cause ed effetti

Le frane sono fenomeni geologici complessi in cui porzioni di roccia, terreno o detriti si mobilizzano su pendii, spesso ripidi, muovendosi sotto l’azione della gravità. Esse possono coinvolgere un intero versante o una parte, superficiale o profonda, di esso e possono causare gravi danni alle persone, a edifici pubblici e privati, alle infrastrutture e all'ambiente.

Ogni anno in Italia avvengono migliaia di frane, causate principalmente da fenomeni meteorologici intensi o prolungati, ma anche dai terremoti e dall’azione dell’uomo. Qualche centinaio di frane all’anno causa morti, feriti, danni a edifici pubblici e privati, infrastrutture e aree naturali. I comuni italiani con località a rischio geo-idrologico sono più del 90% del totale.

Queste stime forniscono un inquadramento del problema e suggeriscono che conoscere il numero, la distribuzione, il tipo, le dimensioni dei fenomeni franosi che avvengono sul territorio nazionale è di primaria importanza per una valutazione della loro pericolosità e del rischio verso la popolazione. A tal riguardo, l’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del CNR e l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale collezionano periodicamente informazioni su questi fenomeni.

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Le frane possono essere causate da vari fattori, tra cui le precipitazioni intense (al primo posto), le variazioni di temperatura, i terremoti e diverse attività umane come le variazioni di uso del suolo, tra cui la deforestazione.

Si parla infatti di cause predisponenti per riferirsi a condizioni (geologiche, geomorfologiche o idrologiche) che favoriscono le condizioni di instabilità di un versante. Al contrario, le cause innescanti sono quelle che provocano il distacco e la movimentazione delle frane.

Il clima e le sue variazioni controllano o influenzano sia i fattori predisponenti che quelli innescanti.

In primo luogo e direttamente le precipitazioni e la temperatura; indirettamente anche la copertura del suolo o le condizioni idrogeologiche dei versanti. È quindi consequenziale che il clima e i suoi cambiamenti influenzino la stabilità dei pendii a diverse scale temporali e geografiche.

Diversi fattori di origine naturale e antropica hanno impattato significativamente sull'incremento del rischio posto dalle frane in Italia e in diverse aree del mondo. Fra i tanti fattori, il riscaldamento globale sta causando un aumento sia nella frequenza che nell'intensità degli eventi di pioggia, i quali hanno un ruolo fondamentale nell’innesco delle frane, in particolare di quelle rapide e molto rapide, di quelle poco profonde e delle colate detritiche, che sono quelle che causano la quasi totalità delle vittime.

Basti pensare alle numerose frane avvenute nei territori di Marche e Umbria nel settembre 2022 e in quelli di Emilia-Romagna e Marche nel maggio 2023, a seguito di eventi meteorologici eccezionali, seppur diversi fra loro.

L'analisi combinata di tutti i fattori legati al clima che possono influenzare la stabilità dei pendii, insieme alle proiezioni climatiche future, evidenzia un'ulteriore complicazione di una situazione già di per sé molto complessa.

Figura 1 – Esempi di frane che sono avvenute nei territori di Marche e Umbria a seguito dell’evento meteorologico straordinario del 15 settembre 2022. Alcuni pluviometri della zona hanno registrato oltre 350 mm di pioggia in 9 ore, pari a circa un terzo delle piogge medie annue osservate nel periodo 1991-2021. I valori di pioggia registrati nell'evento sono stati di gran lunga superiori ai massimi storici per brevi durate registrate sugli annali idrologici. L’evento di pioggia ha causato oltre 1600 frane in un’area di circa 550 km2.  Fotografie di Stefano Luigi Gariano e Giuseppe Esposito (CNR-IRPI).
Figura 1 – Esempi di frane che sono avvenute nei territori di Marche e Umbria a seguito dell’evento meteorologico straordinario del 15 settembre 2022. Alcuni pluviometri della zona hanno registrato oltre 350 mm di pioggia in 9 ore, pari a circa un terzo delle piogge medie annue osservate nel periodo 1991-2021. I valori di pioggia registrati nell'evento sono stati di gran lunga superiori ai massimi storici per brevi durate registrate sugli annali idrologici. L’evento di pioggia ha causato oltre 1600 frane in un’area di circa 550 km2. Fotografie di Stefano Luigi Gariano e Giuseppe Esposito (CNR-IRPI).


Cambiamenti climatici e frane: impatti diretti e indiretti

Entrando un po’ nel dettaglio, possono essere analizzati gli impatti diretti e indiretti di alcune variabili importanti per la stabilità dei pendii, come i totali di pioggia, l’intensità della pioggia e la temperatura.

Un aumento delle precipitazioni sul lungo periodo può determinare un aumento del contenuto d’acqua del suolo, con più di una conseguenza negativa sulla stabilità dei pendii.

Con suoli più umidi, è necessaria una minore quantità di pioggia per raggiungere il contenuto critico che può causare l’instabilità di un pendio. Un aumento delle precipitazioni può determinare un innalzamento della falda acquifera freatica in un pendio per periodi più lunghi.

Una falda più alta contribuisce alla riduzione della resistenza al taglio e alla riduzione della suzione e della coesione del terreno, facilitando potenzialmente il raggiungimento di condizioni critiche.

Un aumento dell'intensità delle piogge può determinare tassi di infiltrazione più elevati, contribuendo all'instabilità dei versanti a causa della risalita delle falde acquifere e della riduzione delle tensioni efficaci e della resistenza al taglio dei terreni

Inoltre un’intensità di pioggia più elevata può anche determinare un cambiamento nel tipo di frane che avvengono in una certa area, con fenomeni superficiali che possono diventare più numerosi e frane profonde che possono diventare meno attive.

L’aumento delle precipitazioni intense contribuisce a un ulteriore aumento del rischio geo-idrologico nei piccoli bacini idrografici, caratterizzati da tempi di corrivazione molto brevi.

Anche le variazioni di temperatura possono avere effetti diversi sulla stabilità dei pendii.

La fusione di neve e ghiaccio e la degradazione del permafrost (probabilmente il segnale più evidente del riscaldamento globale) impatta in modo significativo sulle regioni di alta montagna, dove si osserva un aumento dei dissesti e una variazione nella loro stagionalità.

Una temperatura più elevata favorisce la rapida fusione della neve, contribuendo al ruscellamento e all'infiltrazione dell'acqua nel terreno, all'aumento della pressione interstiziale e alla riduzione della resistenza al taglio dei materiali nei pendii.

Nelle zone di alta montagna o nelle regioni fredde, una temperatura più elevata può favorire la fusione del ghiaccio interstiziale, contribuendo alla perdita di coesione e a una riduzione complessiva della resistenza delle rocce.

Ma c’è anche qualche aspetto positivo.

In ambienti fisiografici diversi una temperatura più elevata può favorire l'evapotraspirazione, producendo effetti positivi sulla stabilità dei versanti attraverso una riduzione delle condizioni di saturazione del terreno. Una temperatura più elevata può anche stimolare la crescita della vegetazione sul lungo periodo, che può contribuire alla stabilità dei versanti attraverso un ulteriore aumento dell'evapotraspirazione, una riduzione del tasso di infiltrazione e una maggiore coesione dovuta alla presenza delle radici.

Le variazioni nella copertura del suolo e nella vegetazione costituiscono un effetto indiretto dei cambiamenti climatici: la deforestazione e l'urbanizzazione alterano il bilancio idrologico di un’area e possono quindi rendere i pendii meno stabili e suscettibili alle frane.

I cambiamenti climatici influenzano anche il rischio posto dalle frane sulla popolazione: alcuni aspetti delle analisi di rischio che venivano ritenuti costanti (ad esempio la suscettibilità di un territorio alle frane) non possono più essere considerati tali in un’ottica di cambiamento globale in cui entra in gioco la non-stazionarietà di diverse variabili.

Inoltre è noto che il clima e i suoi cambiamenti hanno un impatto su molti fattori ambientali, sociali ed economici; questi fattori a loro volta influenzano la stabilità dei versanti, con diversi processi di feedback. Infatti, i cambiamenti climatici influenzano sia la frequenza e l'entità delle frane (quindi la loro pericolosità) sia l'esposizione degli elementi a rischio; allo stesso tempo, la vulnerabilità della popolazione e delle infrastrutture è significativamente legata alle condizioni socio-economiche delle aree colpite.

Le proiezioni climatiche sul territorio italiano fanno emergere un quadro articolato e diversificato. Ci si aspetta che entro la fine di questo secolo le frane profonde e lente diminuiranno la loro attività, mentre si prevede un aumento della frequenza e una variazione nella distribuzione spaziale di eventi franosi superficiali e veloci, causati da piogge intense. Nei territori di alta montagna è altamente probabile che le variazioni di temperatura, il ritiro dei ghiacciai e il degrado del permafrost influenzeranno negativamente la stabilità dei versanti e potranno favorire il verificarsi di fenomeni di crollo. Queste considerazioni indicano che è da aspettarsi anche un cambiamento nella tipologia e nella distribuzione del rischio rispetto a quanto osservato in passato e un aumento del rischio posto dalle frane, essendo le frane a cinematica veloce quelle più pericolose per la popolazione.

L'articolo continua con l'analisi delle Strategie di adattamento.

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