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Climatizzazione negli edifici industriali: quali sono i requisiti per garantire comfort, sicurezza ed efficienza?

Approfondimento dell'ing. Rollino sui requisiti richiesti per la climatizzazione e sicurezza degli edifici industriali in epoca post-covid

Impianto di climatizzazione in edifici industriali

Gli edifici industriali possono essere fatti rientrare negli ambienti severi: sono quegli ambienti all’interno dei quali le condizioni di comfort possono essere considerate importanti ma secondarie rispetto alle esigenze produttive e lavorative, e pertanto chi si trova al loro interno non è in condizione di equilibrio termico con l’ambiente stesso. In pratica, son quegli spazi in cui si accetta che le persone possano sudare o avere freddo, in quanto impegnate in specifiche attività operative. Ciò non toglie che siano ambienti che si devono comunque climatizzare, con la consapevolezza che non saranno garantiti i parametri di benessere previsti e codificati da Fanger. Tuttavia, soprattutto in epoca post pandemica devono essere climatizzati in modo sicuro, limitando il più possibile le occasioni che possono incrementare il rischio di contagio al loro interno.

Questo implica necessariamente una riflessione: quali sono i requisiti richiesti per gli edifici industriali? E quali sono i migliori sistemi di climatizzazione, in grado di cogliere contemporaneamente le esigenze di efficienza, sicurezza e comfort?

 

Gli edifici industriali: le peculiarità

Gli edifici industriali possono essere:

  • Fabbricato industriale a più piani: flusso produttivo verticale. Usato in passato nei settori automobilistico, tessile, …
  • Fabbricato industriale a un piano: flusso produttivo orizzontale. Prevalente negli stabilimenti moderni.

Elemento fondamentale all’interno dell’edificio industriale è rappresentato dalla pavimentazione, che deve avere alcune specifiche caratteristiche:

  • resistenza superiore a quella degli uffici e delle abitazioni civili in genere in termini di urti e vibrazioni;
  • bassi costi dei materiali;
  • bassi costi di posa in opera;
  • capacità di assorbimento dei rumori;
  • isolamento contro il caldo e il freddo;
  • buona elasticità per evitare il danneggiamento di oggetti a seguito di caduta;
  • antipolvere e facile da mantenere;
  • rendere agevole l’installazione di macchinari.

Trattandosi di luoghi di lavoro, le specifiche caratteristiche sono indicate e codificate all’interno del Titolo II e ALLEGATO IV del D.Lgs. 09/04/2008 n. 81. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati (o da destinarsi) al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni che comportano la sorveglianza sanitaria, sono:

  • altezza netta non inferiore a 3 m (misurata dal pavimento all’altezza media della copertura dei soffitti o delle volte);
  • cubatura (senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi) non inferiore a 10 m3 per lavoratore;
  • ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno 2 m2 (valore al lordo di mobili, macchine ed impianti fissi).

 

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Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente ottenuta preferenzialmente con aperture naturali e quando ciò non sia possibile, con impianti di areazione.

Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.

Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa. Gli stessi impianti devono essere periodicamente sottoposti a controlli, manutenzione, pulizia e sanificazione per la tutela della salute dei lavoratori. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente.

Nei lavori in cui si svolgano gas o vapori irrespirabili o tossici od infiammabili ed in quelli nei quali si sviluppano normalmente odori o fumi di qualunque specie il datore di lavoro deve adottare provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione. L'aspirazione dei gas, vapori, odori o fumi deve farsi, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo dove si producono.

Nei lavori che danno luogo normalmente alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare i provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione nell'ambiente di lavoro. Le misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro concentrazione nella atmosfera.

Ove non sia possibile sostituire il materiale di lavoro polveroso, si devono adottare procedimenti lavorativi in apparecchi chiusi ovvero muniti di sistemi di aspirazione e di raccolta delle polveri, atti ad impedirne la dispersione. L’aspirazione deve essere effettuata, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo di produzione delle polveri.

Quando non siano attuabili le misure tecniche di prevenzione indicate nel punto precedente, e la natura del materiale polveroso lo consenta, si deve provvedere all'inumidimento del materiale stesso.

Qualunque sia il sistema adottato per la raccolta e l’eliminazione delle polveri, il datore di lavoro è tenuto ad impedire che esse possano rientrare nell'ambiente di lavoro.

 

Analisi energetica degli edifici industriali

Secondo il rapporto “Best practices and Case Studies for Industrial Energy Efficiency Improvement” pubblicato dal Copenhagen Centre on Energy Efficiency e da UNEP (United Nations Environment Program) e con il sostegno della campagna SE4ALL (Sustainable Energy for ALL) delle Nazioni Unite, a livello globale, l’energia consumata in ambito industriale copre una quota pari a circa il 29% del consumo finale di energia.

Ma già utilizzando le tecnologie attualmente disponibile sarebbe possibile abbattere di quasi il 75% il consumo di energia delle industrie. I due terzi del consumo energetico nelle industrie è rappresentato da soli quattro settori: chimico e petrolchimico (33%), ferro e acciaio (17%), cemento (9%) e cellulosa e carta (5%). Non è però impossibile ridurre i consumi nelle industrie, soprattutto perché al consumo di energia in ambito industriale è possibile applicare il cosiddetto Principio di Pareto (o principio dell’80/20). Questo principio afferma che in un determinato settore industriale l’80% dell’energia è consumata nei siti produttivi e il 20% in tutti i rimanenti ambiti. Chiaramente, la climatizzazione del sito produttivo rientra negli ambiti energivori, anche se spesso per una quota parte marginale rispetto ai consumi connessi alle attività produttive vere e proprie.

 

La definizione della Struttura Energetica Aziendale

ENEA ha proposto uno schema innovativo per analizzare la struttura energetica di un sito produttivo oggetto di diagnosi energetica, partendo dalla definizione di uno schema energetico aziendale (“alberatura”). Attraverso un percorso articolato su più livelli, consente di avere un quadro completo ed esaustivo della realtà dell’impresa al fine di definire al meglio la prestazione di uno stabilimento o in un sito produttivo, per ogni vettore energetico (elettrico, termico, vapore, acqua surriscaldata ecc.) acquistato e utilizzato nel sito in esame, suddividendo quindi i relativi consumi annui tra le diverse utenze presenti nel sito stesso.

In pratica si realizza un inventario il più dettagliato possibile delle utenze che consumano i vari vettori energetici: per facilitare la sua realizzazione e le successive elaborazioni, le utenze possono essere raccolte in funzione del centro di consumo a cui fanno riferimento, calcolando poi per ogni utenza l’incidenza del suo consumo sui consumi totali. 

In pratica, ogni sito aziendale è rappresentato secondo lo schema di flusso riportato che caratterizza la Struttura Energetica Aziendale: l’azienda è suddivisa in aree funzionali, per le quali si procede all’acquisizione dei dati energetici, sia dai contatori generali per i dati complessivi, sia dai contatori dedicati per i dati energetici dei sottoinsiemi, replicando per ogni vettore energetico utilizzato dall’azienda la struttura ad albero presentata.

 

 

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Il comfort negli edifici industriali

Areazione, riscaldamento, condizionamento

L'areazione dei locali di lavoro si ottiene mediante finestre o sheds, che verranno progettati per avere un rinnovo d'aria continuo e ben distribuito. È bene tenere in considerazione anche i valori dell'umidità relativa e la temperatura dell'aria, perché queste possono influenzare, anche notevolmente le proprietà dei materiali utilizzati nella produzione, nonchè la produttività dei lavoratori impiegati. Le migliori condizioni possibili sono quelle di una temperatura che varia dai 15° ai 18° C, con umidità relativa del 45%. Oltre a questi parametri è bene concentrare l'attenzione sulle percentuali di polvere, di sostanze tossiche, di odori, di acido carbonico nell'aria. Per esempio quest'ultimo composto non deve superare l'uno per mille di concentrazione.

Il riscaldamento nei luoghi di lavoro deve essere distribuito in modo da ottenere:

  • per lavori pesanti (fonderie, fucine ed altri): 10° - 12° C
  • per lavoro medi (torni, fresatrici ed altro): 15° C
  • per lavori da eseguire seduti: 18° C.

 

Comfort acustico

L’edificio stesso è fonte di rumore e disturbo per l’ambiente esterno e gli edifici limitrofi: la norma UNI EN 12354-4:2017 contiene le indicazioni per calcolare la propagazione del rumore prodotto internamente ad un edificio verso l’ambiente esterno. La valutazione del rumore all’interno dei luoghi di lavoro rappresenta peraltro a livello legislativo uno degli obblighi previsti a carico del Datore di lavoro. È bene quindi non aumentare il rumore dovuto agli impianti: preferire impianti radianti a impianti a tutt’aria, e lasciare la sola gestione della qualità dell’aria agli impianti ad aria. 

   

Gli impianti di climatizzazione

La scelta del sistema di riscaldamento dipende da esigenze igieniche, dall'attività industriale, dall'economia di funzionamento in stretta relazione al tipo di combustibile offerto dalla zona.

La scelta del tipo di impianto di riscaldamento in un edificio industriale si basa essenzialmente su considerazioni di ordine economico e di comfort.

La riduzione dei consumi energetici rappresenta un aspetto fondamentale per un buon impianto di riscaldamento sia per gli evidenti risparmi economici che ne derivano che per una corretta politica ambientale.
Altro fattore estremamente importante in un impianto di riscaldamento per edifici industriali è il livello di comfort che si vuole ottenere per poter lavorare in ambienti liberi da ingombri, privi di movimenti di aria e di polvere.

Soprattutto in epoca post pandemica, la riduzione dei movimenti di grandi masse d’aria è diventato uno dei parametri essenziali nella definizione dell’impianto e nella sua progettazione: ci si ritrova a dover limitare gli spostamenti di aria (e quindi di polveri e potenziali particelle infettanti), e, al contempo, a garantire la possibilità di alti tassi di ventilazione, per diluire la concentrazione degli inquinanti.

Per raggiungere tale obiettivo, è ormai impensabile ipotizzare l’impiego di impianti a tutt’aria, troppo rumorosi e “pericolosi”, oltre ad essere particolarmente energivori in un periodo in cui non è più neppure ipotizzabile puntare sul ricircolo dell’aria interna. Certamente, l’impiego di recuperatori di calore sull’aria di espulsione aiuta non poco a ridurre le dispersioni per ventilazione, ma questa tecnologia può analogamente essere impiegata con successo anche con sistemi di ventilazione meccanica controllata abbinati a sistemi idronici.

I sistemi radianti sono il sistema di climatizzazione migliore per gli stabilimenti industriali, con le differenze legate alla loro differente tipologia. Ci sono infatti sistemi radianti ad alta temperatura, impiegati per la sola fase calda, e utilizzati con fluidi con temperatura elevata (molto superiore ai tradizionali 60-65°C degli impianti civili). Questi impianti richiedono normalmente ridotti spazi, e devono essere collocati in punti in cui sia scongiurato il contatto diretto con le persone. Ci sono poi i sistemi radianti a bassa temperature (normalmente a pavimento), impiegabili sia per la fase calda che per la fase fredda, e alimentati da fluido termovettore a bassa temperatura (max 40-42°C in caldo), con possibilità di impiego in abbinamento a sistemi di generazione particolarmente efficienti quali sono le pompe di calore.

Il pavimento radiante è il mezzo più efficace ed energeticamente più valido per climatizzare magazzini e capannoni con grandi altezze poiché la diffusione per irraggiamento permette di garantire il comfort richiesto ad altezza d’uomo. Nel settore industriale si ottengono poi risultati eccezionali in termini di consumi energetici, con risparmi che possono arrivare anche al 50% rispetto ad un impianto ad aria. L’uniformità delle temperature assicura una sensazione di benessere e consente di mantenere l’impianto a una temperatura di gestione molto bassa. Il sistema radiante a pavimento per edifici industriali viene integrato a scomparsa nella struttura in modo da offrire la massima libertà di distribuzione e utilizzo degli spazi. Il sistema a bassa temperatura si adatta all'utilizzo di fonti di energia rinnovabile ed è estremamente efficiente dal punto di vista energetico. Ciò consente di ridurre i costi operativi durante tutta la vita dell'impianto. L’impianto radiante a pavimento è peraltro ideale per qualsiasi tipo di attività industriale: non ha nessuna controindicazione per questioni antincendio, poichè non ci sono componenti infiammabili e nessun macchinario od organo ad alta temperatura. Se impiegato anche in fase di raffrescamento, deve essere abbinato necessariamente ad un sistema di deumidificazione integrabile nella VMC, al fine di scongiurare il rischio di condensa superficiale qualora vi siano alti valori di U.R.


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I pavimenti radianti negli edifici industriali: bassi consumi energetici e clima ideale per lavorare

Il sistema radiante a pavimento si presta particolarmente a essere installato negli edifici industriali, come spiegato da Roberto Torreggiani di Giacomini, il calore viene diffuso per irraggiamento e consente di riscaldare ad altezza d’uomo, i consumi energetici sono drasticamente ridotti e i materiali altamente resistenti alla compressione assicurano la possibilita di installare il sistema in ambienti con applicazioni gravose.

>>> Tutti i vantaggi


 

La fabbrica del futuro

Simbolo della Rivoluzione Industriale e dell’Italia del boom economico, la fabbrica è un luogo che, nel tempo, ha mutato profondamente il proprio aspetto. Dai luoghi lugubri e malsani dei romanzi di Dickens, si è passati a stabilimenti modello dove il benessere dei lavoratori e la loro sicurezza globale, devono essere garantiti, pur con tutti i rischi e i distinguo connessi alle specifiche esigenze lavorative. La pandemia mondiale ha, anche in questo caso, obbligato a riflettere su quali siano le migliori tecnologie possibili per la climatizzazione di questi ambienti, inquadrabili come “severi” a differenza degli altri luoghi di lavoro, come gli ambienti per uffici, definiti “moderati”.

Anche in questo caso, i sistemi radianti a bassa temperatura, e in particolare i pavimenti radianti, hanno dimostrato la loro grande utilità ed efficienza, garantendo al contempo comfort, riduzione dei consumi, flessibilità e riduzione dei movimenti di polveri ed inquinanti all’interno degli spazi confinati.

Unico grande rammarico: in Italia sono sempre meno le occasioni di riqualificazione energetica dei luoghi produttivi, o di realizzazione di nuovi stabilimenti. Ma questa è una situazione che ha poco a che fare con gli impianti, ed è invece collegata ad una crisi economica globale che, la tendenza “anti-imprenditoriale” tipicamente italiota, ha contribuito ad acuire.

Possiamo quindi parlare di “fabbriche del futuro”, ma senza la certezza che vi sia un futuro per le fabbriche.

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