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Classificazione energetica degli edifici: ma sono tutti in Classe A?

Tutti gli edifici in classe A garantiscono lo stesso risparmio energetico e lo stesso comfort abitativo? Essere in classe A è una garanzia o una convenzione? C’è differenza fra una classe A4 italiana e una classe A CasaClima? Una casa passiva è meglio o peggio di una classe A italiana? Scopriamolo in questo articolo realizzato con la collaborazione di Matteo Rondoni (già Agenzia CasaClima) e Francesco Nesi (Zephir, certificatore Passivhaus).

Considerazioni sul metodo di classificazione

Nel 2011 Legambiente pubblicò un dossier molto interessante e decisamente arguto e ficcante. Si chiamava “Tutti in classe A” ed era uno studio che prendeva in esame cento edifici di recente costruzione che si fregiavano, per la legge italiana, di essere in classe A, cioè la classe energetica migliore che doveva quindi garantire sia un basso fabbisogno energetico, sia un alto comfort abitativo. L’indagine si basava su uno studio svolto con l’uso di termocamera (strumento che riesce a risalire alle temperature di un oggetto interpretando le emissioni ai raggi infrarossi che registra) che rilevava le temperature esterne degli edifici nella stagione fredda. Il metro di giudizio della qualità energetica dell’edificio è chiaramente legato alla temperatura della superficie esterna del paramento murario: tanto più questa è omogeneamente fredda tanto più l’edificio risulta energeticamente valido, poiché un buon isolamento termico deve garantire che il calore interno non fuoriesca all’esterno.

Dei cento edifici “in classe A” investigati ottantanove risultarono carenti o molto carenti in termini di comfort abitativo e di efficienza energetica in quanto i termogrammi rilevavano pareti esterne calde in molti punti e la presenza di ponti termici non corretti. Pertanto, su questi edifici veniva posta in bella evidenza la targhetta “bocciato”. Gli undici edifici “promossi” erano quasi tutti situati nell’Alto Adige. Il perché era ben spiegato nel dossier: in Alto Adige era obbligatorio costruire nel rispetto del protocollo CasaClima, un protocollo che garantiva, e garantisce, tuttora un’alta qualità costruttiva. Purtroppo, anche la classe energetica di CasaClima riporta la dicitura “classe A”. Da questa coincidenza di denominazione sono nati negli anni tanti equivoci problematici perché il cittadino, al momento dell’acquisto di una casa, era portato a considerare uguali le performance energetiche di tutti gli edifici che si fregiavano di essere, appunto, in “classe A”.

La distinzione per classi identificate da una lettera era stata mutuata dalla classificazione già nota ed apprezzata delle lampadine e degli elettrodomestici. Una lampadina o una lavatrice in classe A era la garanzia di un maggior risparmio energetico nell’uso rispetto ad una in classe B.

Per comprendere ed apprezzare le differenze fra le classi energetiche degli edifici è necessario fare un po' di chiarezza.

Prenderemo in considerazione le tre modalità di classificazione energetica più diffuse ed utilizzate in Italia:

  1. quella definita dalla normativa italiana (obbligatoria con le sue declinazioni regionali);
  2. quella relativa al protocollo di qualità CasaClima (obbligatorio in Alto Adige, volontario nel resto d’Italia);
  3. quella del protocollo Passivhaus - Casa passiva (volontario in tutta Italia).


Il fabbisogno energetico

Con questo articolo vorrei chiarire la differenza che passa fra le varie classi energetiche in modo semplice, anche se non banale, senza addentrarmi in troppi tecnicismi che potrebbero creare confusione o noia nei lettori e nei non addetti ai lavori.

Pertanto, cercherò di utilizzare una terminologia semplice e comprensibile a tutti o, perlomeno, a molti. Adotterò un’altra semplificazione: parlerò solamente del fabbisogno energetico per il riscaldamento invernale essendo poi duale, seppur con qualche differenza, il tema del raffrescamento estivo. Ma ritengo che il tema del riscaldamento invernale sia di più immediata comprensione.

Partiamo con il dire cos’è il fabbisogno energetico di un edificio: è l’energia che bisogna fornirgli per mantenere la temperatura interna costante a 20°C durante la stagione del riscaldamento. Noi sappiamo bene che d’inverno la nostra casa tende a raffreddarsi, cioè a perdere calore, e sappiamo bene che ogni tanto la caldaia si accende per riportare la temperatura ai 20°C che abbiamo impostato sul termostato. Possiamo indicare con Qh questa energia necessaria e dire che

Qh = (Qt + Qv) – η (Qi + Qs)

che semplifichiamo ulteriormente in

Qh = (Qt + Qv) - (Qi + Qs)


dove Qt (perdita per trasmissione) è la perdita di calore attraverso i muri esterni e attraverso le finestre, quando sono chiuse; Qv (perdita per ventilazione) è la perdita di calore dovuta all’apertura delle finestre per il necessario ricambio d’aria (esce il calore interno ed entra l’aria fredda esterna). E queste sono le perdite, cioè il calore perso che fa abbassare la temperatura interna. Fortunatamente abbiamo anche degli apporti, cioè energia che entra e che alza la temperatura interna. Un apporto è dato dal la nostra presenza (siamo dei termosifoni ambulanti a 36°C), e dal calore prodotto dai nostri elettrodomestici, la chiamiamo Qi cioè apporti interni.

Infine, abbiamo la centrale termica per eccellenza cioè il Sole che ci fornisce energia attraverso le finestre e che indichiamo con Qs, cioè apporti solari.

Dalla formula scritta sopra possiamo dire che il fabbisogno di energia Qh è uguale alla differenza fra le perdite Qt + Qv e gli apporti Qi + Qs.

Quindi Qh è l’energia che chiediamo alla nostra caldaia o, meglio, al nostro generatore di calore. Sì perché anche i generatori di calori sono fra loro diversi e sfruttano o l’energia da fonte non rinnovabile (metano, gas, petrolio) che indichiamo con Qh,nr o l’energia ricavata da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico…) che indichiamo con Qh,r o entrambe.

Possiamo allora riscrivere la nostra formuletta in questo modo:

(Qt + Qv) - (Qi + Qs) = Qh,nr + Qh,r

e dire che la parte a sinistra dell’uguale rappresenta l’involucro, o meglio l’efficienza dell’involucro, cioè la qualità progettuale e costruttiva propria dell’edificio, mentre la parte a destra dell’uguale rappresenta l’impianto che abbiamo installato e che può alimentarsi con energia fossile (caldaia tradizionale) o rinnovabile (pompa di calore elettrica collegata ai pannelli fotovoltaici) o con entrambi (caldaia ibrida).

Proviamo a cogliere il significato più profondo nascosto in questa formula: in Europa dal 2010 con la direttiva n. 31 (in Italia dal 2015 con i DM 26/06/2015) siamo entrati nell’era nZEB cioè dell’edificio ad energia quasi zero, così definito: edificio ad altissima prestazione energetica. Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili.
Traduciamo questa definizione utilizzando la nostra formula: fabbisogno energetico quasi nullo significa che Qh è quasi zero; quindi, possiamo scrivere

(Qt + Qv) - (Qi + Qs) ≈ 0

o anche

(Qt + Qv) ≈ (Qi + Qs)

e cioè: se le perdite sono così basse da essere quasi uguali agli apporti (che sono normalmente bassi) allora succede anche che

Qh,nr + Qh,r = 0

che significa che non abbiamo più bisogno di energia “da caldaia” per scaldare la casa!

O, meglio, che l’energia richiesta è talmente bassa (vicina allo zero) che non ho più bisogno di installare un impianto (costoso) con molta potenza ma posso scaldare la casa con un impianto semplice, ad esempio una stufetta o addirittura con un phon o con qualche candela come nelle Passivhaus!

Possiamo allora definire (Qt + Qv) ≈ (Qi + Qs) la formula del buon costruire, cioè la formula della classe A, in cui la qualità è data, principalmente, da un corretto orientamento solare, da un efficiente isolamento termico, da finestre performanti, da una buona tenuta all’aria, dall’assenza di ponti termici, dall’installazione di una VMC a recupero di calore e, poi, da un impianto alimentato solo da fonti rinnovabili.

Partiamo ora da questo importante concetto per analizzare cosa significa essere in classe A secondo i tre paradigmi analizzati: la normativa italiana, il protocollo CasaClima e il protocollo Passivhaus.


Le classi energetiche della normativa italiana

Il metodo di classificazione

Per la vigente normativa italiana (DM 26/06/2015) la classe energetica dell’edificio è determinata sulla base del fabbisogno di energia non rinnovabile dell’edificio Qh,nr, per mezzo del confronto con una scala di classi prefissate, ognuna delle quali rappresenta un intervallo di prestazione energetica definito.

La classe energetica è contrassegnata da un indicatore alfabetico in cui la lettera G rappresenta la classe caratterizzata dall’indice di prestazione più elevato (maggiori consumi energetici), mentre la lettera A rappresenta la classe con il miglior indice di prestazione (minori consumi energetici). Un indicatore numerico, affiancato alla lettera A, identifica i livelli di prestazione energetica in ordine crescente a partire da 1 (rappresentante del più basso livello di prestazione energetica della classe A) fino a 4. Pertanto la classe A4 è la top-class italiana.

La scala delle classi è definita a partire dal valore dell’indice Qh,nr,standard di un edificio detto “edificio di riferimento” che è sostanzialmente l’avatar del nostro edificio ma dotato di elementi edilizi (murature esterne e serramenti) e impianti, standardizzati, di “buona” qualità (ma non eccelsa) Tale valore Qh,nr,standard è posto quale limite di separazione tra le classi A1 e B.

Ai fini della determinazione della classe energetica dell’edificio (che sarà poi riportata nella carta d’identità dell’edificio detta APE (Attestato di Prestazione Energetica), si procede come segue

  1. si determina il valore di Qh,nr, standard, per l'edificio di riferimento;
  2.  si calcola il valore di Qh,nr per il nostro immobile;
  3.  si confrontano i valori di Qh.nr con la tabella 2 predisposta in base ai valori di Qh,nr,standard e si individua la classe energetica dell’edificio.


Considerazioni sul metodo di classificazione

Abbiamo visto che la normativa italiana prende come parametro di riferimento per la classificazione il valore di Qt,nr

(Qt + Qv) - (Qi + Qs) = Qh,nr + Qh,r

cioè la parte impianto della nostra formula. Non importa quanta energia richieda il mio edificio (cioè non conta la qualità dell’involucro), conta solo che questa energia provenga da fonte rinnovabile.

È da subito evidente che l’indicazione di una classe in realtà non mi dice quanto consuma la mia casa. Non è l’indicazione che mi dà, invece, la classe della lampadina riportata sulla confezione. Mi dice solo che è più o meno performante rispetto ad un edificio avatar di riferimento che ha tutti i difetti del mio edificio.

Mi spiego: se nel mio edificio metto grandi finestre sulla facciata nord (quindi grande dispersione termica e pochi apporti solari), gli stessi problemi li avrà anche l’edificio di riferimento, oppure se nel mio edificio sbaglio l’orientamento rispetto al sole sarà sbagliato anche quello dell’edificio di riferimento, oppure i ponti termici presenti nel mio edificio non verranno corretti nell’edificio di riferimento. Potrebbe diventare una lotta “fra poveri”, se mi passate il paragone, dove il meno povero viene considerato ricco. Non mi significa niente sapere che la mia casa è migliore di una casa analoga di qualità media.
La classe A italiana non applica la formula del buon costruire perché non prevede, primariamente, un involucro efficiente ma si conforma alla sola parte di un impianto che usi poca energia non rinnovabile.

E qui nasce un altro problema. Facciamo infatti un esempio tirato al limite: un edificio progettato e costruito malissimo (diciamo una casa con i muri di carta sottile) che viene collegato ad un numero sterminato di pannelli fotovoltaici che coprono il 100% del fabbisogno energetico, per la normativa italiana, sarebbe una casa in classe A4!


La qualità costruttiva

Per la classificazione in una classe A (A1-A4) la normativa italiana non richiede soluzioni di qualità costruttiva per l’involucro. In particolare non prevede la correzione dei ponti termici (se non per evitare la formazione di muffa) né uno studio approfondito dei nodi critici dell’edificio, non prevede la formazione della tenuta all’aria e quindi del Blower Door test (test di tenuta all’aria), non richiede uno studio bioclimatico per ottimizzare l’orientamento dell’edificio in rapporto al sole e ai venti dominanti, non richiede che siano verificati i parametri del comfort abitativo invernale quali l’assenza di asimmetria radiativa, della stratificazione verticale delle temperature, l’assenza del lago freddo per evitare il freddo ai piedi, l’assenza di spifferi o dei moti convettivi di aria rilevanti (sono i parametri del comfort ai sensi della ISO 7730/ASRHAE 55), non richiede la verifica del comfort estivo.


La verifica del progetto

La normativa italiana prevede un deposito del progetto che, però, non viene pre-certificato cioè analizzato nei suoi parametri qualitativi.


Le verifiche di cantiere

La normativa italiana non prevede verifiche e sopralluoghi nelle fasi di cantiere; pertanto, non garantisce che le indicazioni progettuali vengano realmente eseguite od eseguite nel modo corretto. Non è previsto un certificatore terzo per cui le soluzioni prese in cantiere (e sono molte, purtroppo) non devono essere verificate o giustificate a nessuno.


La classificazione Casaclima

Il metodo di classificazione

L’Agenzia CasaClima è un ufficio pubblico della Provincia di Bolzano che nel 2002 ha ideato, con Norbert Lantschner, un protocollo di qualità diventato obbligatorio in Alto Adige. Questo protocollo si è poi diffuso, in maniera volontaria, in tutta Italia ed assicura un’alta qualità costruttiva ed abitativa.

Il protocollo inizialmente prendeva in considerazione come parametro il solo parametro efficienza dell’involucro Qh, poi è subentrato un secondo parametro, l’efficienza complessiva involucro+impianti Qh,nr, in quanto responsabile dell’emissione in atmosfera dei gas clima-alteranti quali la CO2.

Attraverso il programma di calcolo Pro CasaClima viene calcolato il valore di Qh il cui valore viene inserito nella tabella di classificazione che determina la classe dell’involucro:

 


Tanto più è basso il fabbisogno energetico Qh, più la casa si avvicina all’edificio ad energia zero.

Con il medesimo software viene poi calcolato il valore dell’efficienza Qt,nr espresso in [kgCo2 eqv/mq.anno] e confrontato con i valori di questa tabella (ricordo che per semplicità considero il solo fabbisogno di riscaldamento invernale):

 


La classe assegnata all’edificio è quella che risulta peggiore tra le classi relative ai due parametri.
Utilizzando la nostra formula possiamo sintetizzare così il protocollo CasaClima:

  • l’attenzione progettuale è dapprima posta a rendere minimo il fabbisogno energetico Qh dell’involucro, minimizzando le perdite Qt e Qv (grazie a una coibentazione efficace, ad un rapporto S/V ottimizzato, all’ottima tenuta all’aria e all’eventuale installazione della VMC) e massimizzando gli apporti solari Qs (progettazione bioclimatica, corretto orientamento solare, appropriata vetrazione)
    (Qt + Qv) - (Qi + Qs) = Qh
  • si passa poi, dopo!, alla progettazione di un impianto termico che produca l’energia necessaria al fabbisogno utilizzando preferibilmente fonti energetiche rinnovabili:
    Qh = Qh,nr + Qh,r


Considerazioni sul metodo di classificazione

La classificazione CasaClima è nata per incentivare gli abitanti dell’Alto Adige a costruire edifici molto efficienti in termini energetici per elevare la qualità costruttiva ed abitativa e per la salvaguardia dell’ambiente montano. Per rendere riconoscibile lo sforzo “economico-sociale” fatto dai cittadini viene rilasciata (assieme al Certificato) una targhetta da apporre all’ingresso dell’edificio su cui è riportata l’indicazione della classe raggiunta.

Si poneva però un problema di equità territoriale: l’Alto Adige è un territorio che racchiude zone climatiche molto diverse fra loro. Bolzano in estate è una delle città più calde d’Italia e Dobbiaco in inverno una delle più fredde. Pertanto, una stessa identica casa costruita a Bolzano o a Dobbiaco avrebbe avuto due riconoscimenti diversi dato il clima (e quindi i consumi) diversi. Si adottò pertanto questa convenzione: l’efficienza dell’involucro Qh viene calcolata con i dati climatici del capoluogo di provincia, mentre l’efficienza complessiva (involucro e impianti) Qh,nr viene calcolata riferita al comune in cui è ubicato l’edificio. Sul certificato viene comunque riportato anche il valore dell’efficienza dell’involucro con i dati climatici del Comune di ubicazione. Chiaramente solo in poche province italiane le differenze climatiche fra il capoluogo e la restante area sono così elevate.

La classe CasaClima rappresenta quindi effettivamente un parametro numerico riscontrabile e misurabile dell’efficienza energetica dell’edificio.

L’attenzione posta primariamente sull’efficienza dell’involucro rende residuale l’energia richiesta all’impianto ed essendo tale energia richiesta molto bassa (proprio perché l’involucro è molto performante) è più facile fare ricorso esclusivamente alle fonti rinnovabili.
Il protocollo CasaClima applica nella forma migliore la nostra formula del buon costruire.


La qualità costruttiva

Il protocollo CasaClima richiede un’alta efficienza dell’involucro per ottenere un alto comfort abitativo. Per ottenere un’alta efficienza dell’involucro il protocollo richiede una progettazione raffinata nella quale siano presi in considerazione, anche in scala esecutiva, tutti i nodi problematici dell’edificio.

Tutti i ponti termici devono essere evidenziati e risolti, in quanto la presenza anche di un solo ponte termico non risolto (ovvero un ponte termico che causa una temperatura superficiale interna non inferiore ai 17°C) non permette il rilascio del Certificato e della targhetta; deve essere progettata la tenuta all’aria ed evidenziata sui disegni esecutivi di cantiere e verificata con un Blower Door test in cantiere; devono essere applicati i dettami della progettazione bioclimatica per sfruttare appieno l’orientamento solare, i venti dominanti e le protezioni solari. Per diminuire le perdite per ventilazione il protocollo CasaClima consiglia l’uso della VMC con recupero di calore.

Il protocollo richiede che siano verificati i parametri del comfort abitativo invernale quali l’assenza di asimmetria radiativa, della stratificazione verticale delle temperature, l’assenza del lago freddo per evitare il freddo ai piedi, l’assenza di spifferi o dei moti convettivi di aria rilevanti (sono i parametri del comfort ai sensi della ISO 7730/ASRHAE 55), e la verifica del comfort estivo. Il programma di calcolo e i grafici che si ottengono danno precise indicazioni in merito al comfort sia invernale (metodo Fanger) che estivo (metodo adattivo).


La verifica del progetto

L’iter di rilascio della certificazione prevede una prima fase di pre-certificazione nella quale il progetto viene esaminato in ogni singolo aspetto con particolare riguardo ai particolari esecutivi e di cantiere e all’indicazione di tutti i materiali che saranno utilizzati.

Una volta approvata la pre-certificazione viene rilasciato un logo da utilizzare in cantiere. A questo punto, e solo a questo punto, possono essere iniziati i lavori.


Le verifiche di cantiere

L’Agenzia CasaClima nomina poi un certificatore che sarà quindi assolutamente “terzo” nel procedimento, perché non scelto né retribuito dal committente o dal progettista o dall’impresa. Il certificatore esegue almeno due sopralluoghi in cantiere durante le fasi salienti (alla posa del cappotto e al Blower Door test, di solito) mentre il progettista invia periodicamente report aggiornati sulle fasi di lavorazione in cantiere.

Al termine del cantiere l’Agenzia e il certificatore verificano che sia stato rispettato in toto il progetto approvato e l’Agenzia rilascia allora il Certificato e la targhetta.

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Nel pdf si trova l'approfondimento della terza modalità di classificazione energetica utilizzata in Italia (protocollo Passivhaus/Casa Passiva).

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