Chiarimenti del MIT su varianti e quinto d'obbligo nei contratti pubblici
Le varianti e il quinto d’obbligo nei contratti pubblici di appalto sono aspetti molto ricorrenti. Recentemente, il MIT ha chiarito la distinzione tra varianti e quinto d’obbligo attraverso il parere n.2918/2024, rispondendo ai dubbi sollevati da un comune riguardo all’allocazione del 3% del valore dei lavori come opzione per modifiche contrattuali.
Varianti e quinto d'obbligo
Molto spesso ci si trova ad affrontare il tema delle varianti e del quinto d’obbligo, ma in che cosa consistono le varianti?
Una variante in corso d’opera è una modifica rilevante al progetto durante la fase esecutiva dell'opera e viene disposta dal direttore dei lavori o dal responsabile unico del procedimento (RUP) quando necessario a seguito di sopraggiunti (e imprevedibili) motivi tecnici, economici o di interesse pubblico.
Inoltre la variante deve essere approvata dalla stazione appaltante e accettata dall'appaltatore. Risulta necessario che la variante venga registrata:
- nel giornale dei lavori;
- nella contabilità relativa all'opera.
Si parla, invece, di quinto d’obbligo quando un contratto d’appalto in corso d’esecuzione viene modificato senza una nuova procedura di affidamento.
L’art. 120 del Dlgs 36/2023 si riferisce al quinto d’opera chiarendo che “fermo quanto previsto dall’articolo 60 per le clausole di revisione dei prezzi, i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti, sempre che, nelle ipotesi previste dalle lettere a) e c), nonostante le modifiche, la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate(….)”.
Recentemente il MIT ha emesso il parere n.2918/2024 chiarendo degli aspetti giuridici in merito alla variante e al quinto d’obbligo.
Chiarimenti giuridici su varianti e quinto d'opera nei contratti pubblici
Al supporto giuridico del MIT, un ricorrente ha sollevato dei dubbi in merito alle varianti e quinto d’opera. Infatti, il comune in questione ha elaborato un progetto esecutivo e, all'interno del quadro economico, ha allocato un importo pari al 3% del valore dei lavori come opzione contrattuale da utilizzare nel caso in cui si renda necessario redigere una variante contrattuale ma questa cifra non è stata prevista, bensì accantonata per eventuali modifiche. Di contro, il valore massimo dell'appalto è stato calcolato sommando i costi dei lavori e il 3%. Inoltre, nel capitolato è stata inserita una clausola che stabilisce che, in caso di modifica contrattuale entro il quinto, l'appaltatore è obbligato a rispettare le condizioni originali del contratto.
Alla problematica sollevata, il comune articola il quesito mediante i seguenti due punti:
- in caso di variante, la tipologia è sempre identificabile nell'art. 120 comma 1 lettera a (opzione contrattuale), oppure è necessario considerare ulteriori casi da valutare singolarmente;
- se la stazione appaltante decidesse di redigere una variante, sarà limitata all'utilizzo esclusivo del 3% preventivato oppure potrà attingere ad altre somme nel quadro economico (ad esempio ribassi d'asta o risparmi sui costi di progettazione) per aumentare quindi la percentuale di variazione.
Nel caso specifico, quindi, la stazione appaltante avrebbe facoltà di esercitare l'opzione nel rispetto dei limiti stabiliti, pari al 3% dell'importo dei lavori.
Riguardo al primo quesito il MIT chiarisce che il riferimento alla modifica contrattuale, entro il quinto, riguarda le varianti in corso d'opera per le quali sembra applicabile l'art. 5 comma 6 dell'Allegato II.14, nonostante il richiamo testuale al comma 9 dell'art. 120 del Codice.
In merito al secondo quesito si chiarisce che qualora la stazione appaltante disponga variazioni in diminuzione, entro il limite del quinto dell’importo del contratto, è tenuta a informare tempestivamente l’esecutore, prima del raggiungimento del quarto quinto dell’importo contrattuale, e all’esecutore non è dovuto alcun indennizzo.
Per quanto riguarda la determinazione del quinto, l'importo dell'appalto è costituito dalla somma risultante dal contratto originario, aumentata degli importi relativi agli atti di sottomissione e agli atti aggiuntivi per varianti già intervenute, oltre all’ammontare degli importi, diversi da quelli risarcitori, eventualmente riconosciuti all'esecutore ai sensi degli artt. 212 e 213 del codice. Quindi le risorse per maggiori importi derivanti dall'approvazione delle varianti in corso devono essere rintracciate nel quadro economico con delle voci di spesa che siano diverse da quelle destinate alle somme accantonate per le modifiche ottenute mediante l'esercizio delle opzioni contrattuali.
IL PARERE DEL MIT È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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