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Cessione del credito Superbonus fittizio: anche in buona fede non si può evitare il sequestro

Se un credito Superbonus è stato acquistato in buona fede da un acquirente che l'ha ottenuto con asseverazioni false, di fatto dando vita ad un'agevolazione fittizia e fraudolenta, è impossibile evitare il sequestro del credito stesso, che è un evoluzione del 'bonus' ottenuto in maniera illecita e pertanto non può liberamente circolare.

La buona fede (ed, eventualmente, il possesso di tutta la documentazione che il Decreto Cessioni (11/2023) ha introdotto per tutelare la responsabilità solidale del cessionario) serve ad avitare una condanna penale per concorso nella frode ma non protegge dal sequestro dei crediti da Superbonus indebitamente ottenuti, se il beneficiario originario - cioè che ha ceduto il credito - aveva ottenuto l'agevolazione in maniera illecita, frodando il Fisco.

Il principio affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 3108/2024 dello scorso 24 gennaio, peraltro lo stesso che la Corte aveva espresso anche in altre pronunce, è quello del dissociamento tra la buona fede dell'acquirente e il sequestro dei crediti, che 'corrono' su due linee parallele.

Se è vero che la pronuncia arriva dopo un certo lasso di tempo dall'entrata in vigore, operata appunto con il Decreto Cessioni, delle nuove regole sulla responsabilità solidale dei cessionari dei crediti, va comunque evidenziato che nella sentenza si fa riferimento solo ai commi 4, 5 e 6 dell'art.121 del DL 34/2020 (che regolamenta il processo di cessione dei crediti e sconto in fattura per il Superbonus e gli altri bonus edilizi), e non ai nuovi commi 6-bis, 6-ter e 6-quater, quelli inseriti nel DL Rilancio dal DL Cessioni, anche se, alla fine, il punto in questione non è la responsabilità solidale della banca-cessionaria, ma il carattere fraudolento dei crediti ceduti.

 

Superbonus: le nuove regole della responsabilità solidale del cessionario. Tutti i documenti necessari

Il concorso nella violazione (per dolo o colpa grave) è escluso con riguardo ai cessionari che dimostrano di aver acquisito il credito di imposta e che siano in possesso di alcuni documenti relativi alle opere edilizie dalle quali, poi, è scaturito il credito d'imposta.


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Superbonus ottenuto con false asseverazioni: il tema della sequestrabilità dei crediti del cessionario

Una banca ricorre in Cassazione contro il sequestro preventivo dei crediti da Superbonus, oggetto di S.A.L., di false asseverazioni e fatturazioni al committente, con conseguente riconoscimento di crediti di imposta, monetizzati appunto attraverso la successiva cessione a vari istituti di credito.

La ricorrente - osservano gli ermellini - non contesta la configurabilità dei reati ipotizzati in capo agli attuali indagati (in particolare il capo di imputazione riguardante la truffa aggravata.

L'oggetto del contendere è rappresentato, invece, dalla sequestrabilità dei crediti di imposta ceduti, nella specie del valore di circa 27 milioni di euro, in capo al terzo estraneo al reato, quale cessionario di tali crediti.

Il sequestro impeditivo di cui all'art. 321, comma 1, cod. proc. pen. - precisa la Corte suprema - richiede soltanto la prova di un legame pertinenziale tra la 'res' (che, in questo caso, è rappresentata dalla cessione del credito) ed il reato, ossia un collegamento che comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato è stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa.

 

Crediti provenienti da Superbonus truffa: non esiste una 'depurazione' se si è in buona fede

In particolare, i crediti sequestrati alla ricorrente sono stati a ragione considerati cosa pertinente al reato, risultando infondata la tesi difensiva secondo cui, esercitata l'opzione per la cessione del credito, e dunque rinunciato dal beneficiario l'originario diritto alla detrazione (nella misura del 110% delle spese documentate e rimaste a carico), il credito stesso sorgerebbe - in capo al cessionario - a titolo originario, quindi depurato da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione.

Questa tesi, che intenderebbe il credito ceduto come sempre "garantito" dallo Stato a tutela del cessionario, anche di fronte ad un assoluto difetto di presupposti, è all'evidenza infondata.

Insomma: anche se in buona fede, il cessionario che beneficia di crediti di imposta 'fraudolenti' non può portarli in detrazione proprio perché inesistenti e ottenuti con la truffa dal cedente.

 

Superbonus: il credito acquistato è l'evoluzione di quello ceduto e ottenuto con la frode

La Cassazione lo spiega anche più avanti, osservando che con la cessione del credito (art.121 del DL 34/2020), il beneficiario si spoglia dunque del proprio diritto alla detrazione, che assume la veste - nell'identico contenuto patrimoniale - di un credito suscettibile di circolare nei termini indicati dalla legge, e che viene contestualmente ceduto.

Non si riscontra, dunque, l'estinzione di un diritto alla detrazione (in capo al beneficiario) e la contestuale costituzione ex novo di un credito (in capo al cessionario), come sostenuto dalla ricorrente, né un fenomeno novativo di sorta, ma soltanto l'evoluzione - non la sostituzione - del primo nel secondo, espediente tecnico necessario per consentire quella cessione a terzi ritenuta dal legislatore un fattore ulteriormente incentivante la procedura, e, dunque, uno strumento ancora più utile per la ripresa economica del Paese.

 

Truffa su Bonus Facciate, attenzione: sequestro del cassetto fiscale anche per il cessionario in buona fede

Cassazione: la buona fede dei cessionari non può far sorgere in capo agli stessi un credito inesistente né legittimerebbe la circolazione o la compensazione dei fittizi crediti fiscali, ottenuti tramite un'agevolazione fiscale edilizia viziata da illecito.


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La buona fede non salva dal sequestro dei crediti 'fraudolenti'

La banca ricorrente richiama, nella sua tesi, i commi 4, 5 e 6 dell'art. 121 del Decreto Rilancio, in tema di controlli e sanzioni: il comma 4, in particolare, dispone che "i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto".

La Cassazione è molto chiara sotto questo aspetto: "tali commi non introducono una disciplina derogatoria a quella ordinaria penale con riferimento al sequestro preventivo. Il vincolo impeditivo, infatti, implica soltanto l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede; ne deriva, che non rileva in questa sede l'eventuale responsabilità del terzo cessionario né i presupposti oggettivi o soggettivi di questa per come ricavabili dai commi 4, 5 e 6 in oggetto, occorrendo soltanto verificare piuttosto se la libera disponibilità della res - anche in capo allo stesso terzo - sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all'art. 321, comma 1, cod. proc. pen.".


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