Certificato di stabilità? prima o poi sarà necessario valutare lo stato di sicurezza degli immobili
Lo stato del patrimonio immobiliare italiano è vetusto. Lo abbiamo anche scritto nel Manifesto che l’Associazione ISI ha lanciato nel 2013: sono 7 milioni le costruzioni realizzate prima del 1971, quindi non in linea con la normativa sismica (ex. L.64/1974). A questo patrimonio immobiliare, pari al 60% del costruito, si aggiungono circa 2 milioni di strutture realizzate tra il 1972 e il 1981, circa 1,3 milioni di strutture realizzate tra il 1982 e il 1991 e circa 800 mila edifici tra il 1992 e il 2001, comunque antecedente alla nuova zonizzazione sismica attuata a partire dal 2003 e alle Norme Tecniche sulle Costruzioni emanate nel 2008.
E analoga è la situazione per quanto riguarda le strutture ad uso produttivo: su 326 mila fabbricati esistenti i due quinti sono realizzati tra il 1971 e il 1990. Ben 95 mila capannoni sono in aree ad alto rischio sismico.
E nel Manifesto avevamo apertamente dichiarato:
• La necessità di arrivare ad un Documento/Attestato che individui la prestazione (o grado di vulnerabilità, o grado di resilienza) sismica;
• Che tale Documento/Attestato conduca alla definizione di una Classe di appartenenza ad una scala di vulnerabilità sismica;
ISI ha poi curato la Segreteria Tecnica della Commissione coordinata dall'Ing. Baratono con cui si preparò la prima versione delle Linee Guida per la Classificazione sismica.
Dopo queste premesse non possiamo quindi che giudicare favorevolmente l’iniziativa del Ministro Delrio di rendere obbligatoria la presentazione di una certificazione relativa allo stato di salute strutturale dell’edificio, al momento del passaggio di proprietà analogamente a quanto già avviene in ambito energetico. Non possiamo ogni volta accusare il governo di attendere di non avere fatto i controlli se non dotiamo il Paese di uno strumento preventivo efficace. Una scelta di questo tipo potrà portare anche alla necessità di rinnovare il patrimonio immobiliare o attuare delle azioni di rinforzo strutturale, ma l’ingegneria italiana, nel suo complesso considerando professionisti e tecnologie, ha gli strumenti per poter dare oggi una risposta a qualsiasi esigenza.
Ci auguriamo quindi come Associazione di Ingegneria Sismica Italiana che il Ministro possa portare avanti questo progetto e non resti una semplice dichiarazione post incidente.
Ing. Luca Ferrari,
Presidente Associazione ISI