CENSU: Osservazioni sui "Principi in materia di politiche pubbliche territoriali e trasformazione urbana"
"Principi in materia di politiche pubbliche territoriali e trasformazione urbana"
Osservazioni alla proposta di legge "Principi in materia di politiche pubbliche territoriali e trasformazione urbana", formulata dal gruppo di lavoro “Rinnovo urbano” del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Il gruppo di lavoro “Rinnovo urbano” facente capo alla segreteria tecnica del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, ha predisposto e reso pubblica la bozza di disegno di legge riguardante i principi in materia di politiche pubbliche territoriali e trasformazione urbana.
Il titolo primo, composto da 16 articoli, è dedicato ai “principi fondamentali in materia di governo del territorio, proprietà immobiliare e accordi pubblico-privato”. Il titolo secondo, composto da 5 articoli, riguarda le politiche di “rinnovo urbano”, l’edilizia sociale e la delega al Governo, d’intesa con la Conferenza unificata delle Regioni, per la riscrittura del testo unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001) al fine di introdurre ulteriori semplificazioni.
Nel plaudere allo sforzo di produzione della nuova Legge urbanistica nazionale, che finalmente riafferma l’interesse per la materia, dando una possibilità almeno teorica di riallineamento delle diverse leggi regionali all’interno di un preciso telaio normativo, non ci si può esimere da alcune osservazioni circa il metodo ed il contenuto.
Come noto da due anni si sta discutendo del disegno di legge sul contenimento del consumo di suolo, partito da una iniziativa del ministero dell’agricoltura nel luglio 2012 ed ora in discussione alla commissione consiliare della Camera ed è stata recentemente approvata la “Legge Delrio” sulla riforma delle Provincie.
Da più parti si era auspicato che queste iniziative potessero costituire l’avvio del processo di riforma della LUN, ma le tre iniziative sembrano viaggiare (almeno per ora) rigorosamente separate, non solo nella procedura, ma soprattutto nei contenuti. Non si riflette per esempio sulle implicazioni rispetto ai livelli di pianificazione del nuovo ruolo delle provincie e dell’esigenza di definire un piano di area vasta a geometria variabile, fatto anche per aree omogenee costituite da piccoli comuni aggregati.
Scritta in una lingua difficilmente leggibile, in molti punti ovvia e retorica, rischia di divenire un’altra occasione di frequenti contenziosi, anche perché sembra ridotto il livello di interdisciplinarietà che trapela dallo scritto.
Il testo divulgato dal gruppo di lavoro del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, cerca indubbiamente di sciogliere alcuni importanti nodi riguardanti il regime dei suoli: dal ruolo della proprietà privata, alla commerciabilità dei diritti edificatori, alla perequazione, alla fiscalità urbana. Si insinua prudentemente nel quadro dei ruoli e competenze, esclusive e/o concorrenti, tra stato, regioni, province e comuni, ma anche in questo caso sembra ignorare sia la paventata abolizione delle provincie, che la probabile nascita della aggregazioni dei comuni, affidando addirittura alle regioni l’approvazione dei piani intercomunali.
Se può essere interessante chiarire che la regione deve emanare solo uno strumento strategico, la DQT, Direttiva Quadro Territoriale, non si capisce quale sarà il ruolo della pianificazione di area vasta provinciale di fronte al nuovo assetto di questo ente locale.
Sia la normativa statale che quella regionale dovrebbero fornire precisi obblighi ai comuni appartenenti ad aree “omogenee” in merito alla pianificazione urbanistica unitaria, chiarendo una volta per tutte che le realtà di ridotte dimensioni demografiche, che costituiscono la gran parte dei comuni italiani, non possono sopportare un piano in due livelli, quello strategico e quello operativo. Su questo punto da tempo come ingegneri chiediamo una forte semplificazione!
Soprattutto però, il dettato normativo proposto è chiaramente sbilanciato sugli aspetti legati al regime di proprietà e alla fiscalità, risultando debolissimo sui tradizionali contenuti propri dell’urbanistica “fisica”.
Come ingegneri, non possiamo non rimarcare quanto poco o nulla si dica sulle invarianti territoriali, sulla valutazione ambientale dei piani, sul paesaggio, sulle aree extraurbane, insomma sulle scelte veramente strategiche: il consumo di suolo (come già detto) e i relativi target, i temi urgenti del dissesto idrogeologico di fronte alla vulnerabilità e fragilità del territorio, della tutela del paesaggio e della co-pianificazione, della compatibilità ambientale dei piani nelle aree sismiche, dell’apporto recente delle conoscenze in campo informatico applicate al territorio che potrebbero portare a grandi risparmi di tempo e ad una maggiore trasparenza e flessibilità degli strumenti urbanistici.
Non sembra trovare eco nel testo la diffusa critica alla complessità e farraginosità dell’apparato pianificatorio urbanistico, riproponendo il doppio livello del piano comunale, senza distinzione tra le grandi città ed i piccolissimi comuni.
Alcuni intenti peraltro sono importanti e condivisibili: si parla di rigenerazione, accogliendo implicitamente una delle richieste da noi avanzate “l’approvazione delle operazioni di rinnovo funzionale e rigenerazione urbana comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere e l’urgenza ed indifferibilità dei lavori”. Si fornisce un importante chiarimento sulla fiscalità immobiliare, dettato da una grande attenzione al regime della proprietà privata; si danno i contorni della perequazione e della trasferibilità dei diritti edificatori, senza però tener conto delle difficoltà che l’applicazione di tali principi ha riscontrato nelle regioni dove sono stati previsti dalle norme regionali.
È importante anche il chiarimento sugli oneri dovuti dalle trasformazioni ed il riferimento al metodo del plus valore, come avviene in altri paese europei, ma non sono altrettanto chiari i contorni per il calcolo degli oneri di urbanizzazione rispetto alle reali esigenze della rigenerazione urbana: in alcuni casi il 30% del plus valore può essere eccessivo, soprattutto nel caso di recuperi con bonifica delle aree.
La definizione poi di zone urbanistiche di nuovo “omogenee” quando viene meno l’omogeneità per lasciare spazio alla mixité, pare un altro contenuto anacronistico, smentito dalla totale liberalizzazione del cambio di destinazione d’uso in caso di non necessarietà di reperire ulteriori dotazioni di servizi.
Sarà veramente questa l’occasione per la totale riscrittura della LUN, la mai abrogata L. 1150/42? Come si gestirà un complesso transitorio, in cui si somma la riforma degli Enti locali? E quale spazio potranno avere gli ingegneri, con il loro sapere specifico e la loro esperienza aperta sempre al dialogo, nel costruire un testo che sia veramente migliorativo e abbia come sfondo l’intento di risolvere i problemi reali dell’urbanistica in questo Paese?