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CBAM, la tassa che colpisce le importazioni “sporche”, dal 1° ottobre è una realtà

Dal 1 ottobre 2023, l'Unione Europea ha avviato la fase di prova del CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), che richiede alle nazioni partner di segnalare le emissioni di gas serra legate alle loro esportazioni. I pagamenti entreranno in vigore nel 2026. L'obiettivo è proteggere le imprese europee e spingere altre nazioni a implementare una tassa sul carbonio. Ecco un approfondimento

Che cosa è il CBAM e cosa cambia dal 1° ottobre

Il 1° Ottobre 2023 segna un momento significativo per l'Unione Europea (UE) nella sua lotta contro il cambiamento climatico. In questa data, il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) dell'UE è entrato in una fase di prova, che segna un importante passo avanti nella realizzazione degli obiettivi climatici dell'UE.

Il CBAM è stato adottato l'anno scorso con l'obiettivo di garantire che i beni fabbricati in Europa, soggetti al Sistema di Scambio delle Emissioni dell'UE che stabilisce un prezzo per il carbonio emesso, possano resistere alla concorrenza dei prodotti fabbricati in paesi in cui l'inquinamento non comporta lo stesso costo. La sua implementazione è un pilastro fondamentale della strategia dell'UE per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Dettagli Chiave del CBAM

Il CBAM sarà inizialmente applicato alle importazioni di beni specifici e precursori selezionati, i cui processi produttivi sono intensivi in carbonio e presentano un rischio significativo di "carbon leakage" (fuga di carbonio). Questi beni includono cemento, ferro e acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno. Quando sarà completamente implementato, il CBAM coprirà più del 50% delle emissioni nei settori dell'ETS dell'UE.

Durante la fase di transizione, gli importatori dovranno solo segnalare le emissioni di gas serra incorporate nelle loro importazioni, senza effettuare pagamenti finanziari o adeguamenti. Inoltre, l’Implementing Regulation (Regolamento di Attuazione) sui requisiti di segnalazione e la metodologia offre una certa flessibilità nell’uso dei valori per calcolare le emissioni incorporate nelle importazioni durante la fase di transizione. Le aziende potranno scegliere tra tre modalità di segnalazione fino alla fine del 2024, mentre dal 1° Gennaio 2025 sarà accettato solo il metodo dell’UE.

Una volta che il sistema permanente entrerà in vigore il 1° Gennaio 2026, gli importatori dovranno dichiarare ogni anno la quantità di beni importati nell’UE nell’anno precedente e le relative emissioni di gas serra. Successivamente, dovranno consegnare il numero corrispondente di certificati CBAM. Il prezzo dei certificati sarà calcolato in base al prezzo medio settimanale delle aste delle autorizzazioni dell’UE ETS espresse in €/tonnellata di CO2 emessa. La progressiva eliminazione dell’allocazione gratuita nell’ambito del sistema dell’EU ETS si svolgerà parallelamente all’implementazione del CBAM nel periodo 2026-2034.

Uno strumento per combattere la "Carbon Leakage" e la Compatibilità con l'OMC

Il CBAM dell'UE è progettato per affrontare la "carbon leakage," un fenomeno che si verifica quando le aziende dell'UE spostano la produzione intensiva in carbonio all'estero o quando i prodotti dell'UE vengono sostituiti da importazioni più inquinanti. Questo meccanismo è destinato a garantire che il prezzo del carbonio delle importazioni sia equivalente a quello della produzione interna, evitando di compromettere gli obiettivi climatici dell'UE.

È stato progettato per essere compatibile con le regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e si prevede che incentivando i paesi al di fuori dell'UE a introdurre prezzi del carbonio propri. Questo contribuirà a promuovere tecnologie più pulite a livello globale.

Le Tensioni con i Partner Commerciali

Il CBAM è stato accolto con forti critiche da parte di diversi partner commerciali dell’UE. Paesi come Brasile, Sudafrica e India lo considerano discriminante e hanno accusato l’UE di protezionismo ambientale. Alcuni hanno minacciato di adottare misure di ritorsione, mentre altri hanno chiesto all’Organizzazione Mondiale del Commercio di valutare il meccanismo.

Gli Stati Uniti, che non hanno una tassa nazionale sul carbonio, cercano un’esenzione dal CBAM, mentre l’Australia ha espresso preoccupazione per l’impatto sulla crescita globale. Nel Regno Unito, i produttori devono affrontare il problema dei costi più bassi nel sistema di scambio delle emissioni rispetto all’UE, che potrebbe comportare oneri finanziari significativi.

Si teme che i paesi più poveri possano subire danni a causa del CBAM, e alcuni esperti ritengono che l’UE dovrebbe fare di più per aiutare questi paesi a far fronte alle nuove sfide.

Preoccupazioni Interne ed Effetti Economici

Oltre alle tensioni con i partner commerciali, il CBAM ha suscitato preoccupazioni anche all’interno dell’UE. Le imprese e le associazioni commerciali temono di perdere quote di mercato se i paesi come Cina e India adottano misure di ritorsione.

Inoltre, alcuni ritengono che il meccanismo potrebbe essere vulnerabile all’elusione da parte delle imprese non-UE, se le sanzioni e il monitoraggio non saranno sufficientemente rigorosi.

Ci sono anche preoccupazioni per gli importatori dell’UE, che potrebbero dover affrontare costi più elevati e una crescente burocrazia nell’adempimento delle nuove normative.

Conclusioni

1° Ottobre 2023: questa data segna un importante passo nella lotta al cambiamento climatico da parte dell’UE, ma anche l’inizio di negoziati con i partner commerciali per mitigare le tensioni e affrontare le sfide dell’attuazione di questa ambiziosa politica.

Mancano ancora dei passaggi. C’è anche la preoccupazione che alcuni dei paesi più poveri del mondo saranno danneggiati dal CBAM. Sappiamo che le imprese ucraine, tuttavia, saranno esentate a causa della guerra.

Certo, il CBAM rappresenta un importante strumento nell'arsenale dell'UE per combattere il cambiamento climatico, ma non è esente da considerazioni economiche e politiche importanti.

In un momento di crescenti tensioni inflative, come quello che stiamo vivendo, il CBAM potrebbe di fatto contribuire ad aumentare queste pressioni economiche.

La ragione principale di questa preoccupazione riguarda l'aumento dei costi per le imprese e, di conseguenza, il possibile aumento dei prezzi dei prodotti. Con il CBAM che richiede l'identificazione e la dichiarazione delle emissioni di gas serra associate ai prodotti importati, le imprese potrebbero trovarsi ad affrontare costi aggiuntivi per adeguarsi ai requisiti normativi. Questi costi potrebbero poi essere trasferiti ai consumatori attraverso aumenti dei prezzi dei beni importati.

Tuttavia, è importante notare che il CBAM è stato progettato per essere graduale e prevedibile nella sua implementazione, con la fase di pagamento che entrerà in vigore solo nel 2026. Questo dovrebbe dare alle imprese il tempo di adeguarsi gradualmente alle nuove normative e minimizzare l'impatto immediato sui prezzi.

Allo stesso tempo, è essenziale considerare alternative politiche che possano facilitare la produzione di beni "verdi" all'interno dell'UE. Negli Stati Uniti, il presidente Biden ha adottato politiche verdi che sostengono attivamente l'industria delle energie rinnovabili e la produzione sostenibile. Queste politiche mirano a stimolare la crescita economica attraverso investimenti in tecnologie "verdi" e infrastrutture sostenibili, creando posti di lavoro e riducendo le emissioni.

L'UE potrebbe valutare politiche simili per sostenere l'industria "verde" europea, riducendo così la dipendenza dai prodotti importati ad alta intensità di carbonio. Queste politiche potrebbero comprendere incentivi fiscali, investimenti nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie "verdi" e supporto finanziario per le imprese che adottano pratiche sostenibili.

In sintesi, sebbene il CBAM possa avere implicazioni sull'inflazione, è fondamentale trovare un equilibrio tra la protezione dell'ambiente e la gestione delle pressioni economiche. Esplorare politiche che promuovano l'industria "verde" interna potrebbe essere una strategia complementare per l'UE mentre cerca di raggiungere i suoi obiettivi climatici.

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