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Cardinale, CNI: non bastano le norme, occorre puntare sulla competenza

il miglioramento sismico deve diventare la regola più diffusa dell'intervento sull'esistente

La redazione di Ingenio ha raggiunto l’ing. GIovanni Cardinale, Consigliere del CNI con delega alle normative tecniche e coordinatore della Commissione delle Strutture, per poter avere qualche valutazione post evento sul terremoto che ha colpito il centro Italia.

La prima domanda e un’impressione a caldo vista dagli occhi di chi, in questi ultimi anni, si è battuto per l’aggiornamento delle norme sismiche e il riconoscimento dell’esigenza di fare partire una forte azione di prevenzione.

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Ormai il clichè del "dopo terremoto" è un clichè noto: lamentele, ricerca di responsabili, riduzione del problema ad un problema tecnico con responsabilità solo tecniche.
La realtà è invece complessa come complesse sono tutte le situazioni governate dall'incertezza.
Tutti parlano sempre solo di “sicurezza”. I media, dando corpo alla legittima semplificazione del singolo cittadino, parlano di "sicurezza" come di "qualche cosa che debba essere garantito da qualcuno".
Io credo che le parole chiave sui cui concentrasi, quando si parla di rapporto tra edifici esistenti e sicurezza sismica,  debbano essere:

  • Rischio
  • Prevenzione
  • Miglioramento

Il "rischio" implica processi decisionali complessi che sono di carattere politico, economico, tecnico.
La “prevenzione" implica aspetti sociologici, politici, economici, tecnici. Per esempio, è necessaria una "politica" in grado di comprendere l'importanza di "intervenire in tempo di pace", lontano dai clamori della televisione e dal consenso immediato; prevenire vuol dire investire affinchè un evento sfavorevole produca danni limitati e, soprattutto, non comporti perdite di vite umane, vuol dire lottare contro un nemico che potrebbe anche non materializzarsi mai. Non ci sono inaugurazioni da fare o servizi materiali concreti da dare; si tratta di far comprendere il bene supremo della sicurezza.
Ecco quindi che la prevenzione necessita, prima ancora che di strumenti tecnici, di cultura e conoscenza e di cultura della conoscenza. Non è più sostenibile che ogni costruzione ed ogni infrastruttura, pubblica e privata, non sia "conosciuta" nelle sue prestazioni strutturali e non può essere più sostenibile che la cultura del "progetto delle strutture" non assuma, nel processo edilizio, il ruolo che le spetta quando si opera in zone caratterizzate da rischi elevati. Un progetto è la sintesi di scelte funzionali, estetiche, tecnologiche, strutturali, economiche : la leadership di questa sintesi deve essere affidata a chi ha competenze per valutare ogni scelta in rapporto al suo impatto sulla sicurezza in relazione al livello di rischio esistente.
Infine, il "miglioramento sismico" deve diventare la regola più diffusa dell'intervento sull'esistente; con livelli minimi di prestazioni modulati dalla norme cogenti, sulla tipologia, sulla caratteristica dell'oggetto, sulla conoscenza, sull'economia delle scelte.


Ma è possibile risolvere tutte queste problematiche attraverso un passaggio normativo, così come auspicato in questi giorni da numerosi interlocutori ?

"Pensare che norme complicate e cogenti, di incerta interpretazione soprattutto negli edifici esistenti, siano la garanzia della "sicurezza", vuol dire continuare ad immaginare una realtà in modo teorico e burocratico. “Ci sono questioni irte di difficoltà" diceva il prof. Pozzati che vanno lasciate a chi ha competenza specifica in un quadro di libertà nella responsabilità delle scelte.
È' questa la nuova frontiera di una progettazione che esalta le competenze, mette al centro la responsabilità delle scelte progettuali, volontarie, in un quadro legislativo cogente fatto da poche e chiare prescrizioni di legge, individua nella cultura della sicurezza e della consapevole e condivisa  valutazione del rischio, il faro che deve guidare ogni atto progettuale.
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