Caratterizzazione dinamica di solai in laterocemento rinforzati con cappa collaborante in HPFRC COMPOSITE M130
L’incremento della rigidezza di solai rinforzati con cappa in HPFRC evidenziato attraverso la variazione della loro frequenza propria di vibrazione a seguito dell’intervento.
Rinforzo di solai esistenti con cappa collaborante estradossale
Il rinforzo di solai esistenti mediante la realizzazione di una cappa collaborante estradossale è una tecnica conosciuta ed utilizzata da diverso tempo.
Essa può interessare sia i solai in laterocemento, nei quali la soletta strutturale originaria può essere di spessore insufficiente o addirittura mancante, sia i solai con struttura portante in legno o acciaio, nei quali normalmente tale elemento è assente.
In tutti i casi, questa tecnica di intervento consente di migliorare sensibilmente le prestazioni degli orizzontamenti, sia in termini di resistenza che di rigidezza (quest’ultima, intesa sia “nel piano” che “fuori dal piano”).
Inoltre, nell’ambito delle strutture in muratura portante, la possibilità di inserire una adeguata armatura di collegamento tra la nuova soletta e le murature perimetrali, costituisce l’occasione di realizzare o migliorare l’auspicato “comportamento scatolare”, fondamentale per questa tipologia strutturale ai fini di una adeguata risposta alle sollecitazioni sismiche.
Novità è rappresentata dai microcalcestruzzi fibrorinforzati
Oggi il carattere di novità per questa tecnica è rappresentato dal materiale. La disponibilità di microcalcestruzzi fibrorinforzati ad elevata duttilità e prestazioni (HPFRC – High Performance Fiber Reinforced Concrete), tipo il COMPOSITE M130, consente infatti di ottimizzare lo spessore della soletta integrativa, di valutare la possibilità di eliminare la tradizionale armatura metallica (costituita normalmente da reti elettrosaldate) e di ottimizzare/eliminare i connettori (nel caso dei solai in c.a.).
COMPOSITE M130 è un materiale premiscelato a base cementizia (Marcature CE secondo UNI EN 1504-3 e UNI EN 1504-6) rinforzato con fibre in acciaio e certificato, come calcestruzzo fibrorinforzato, con specifico C.V.T. (par. 11.1 delle NTC 2018). Nel seguente Prospetto 1 si riportano le principali caratteristiche tecniche del materiale.
Esempio di intervento di consolidamento con rinforzo dei solai esistenti
In occasione di uno specifico intervento di consolidamento di una struttura in muratura è stato previsto il rinforzo dei solai esistenti mediante la tecnica ora richiamata, utilizzando proprio l’HPFRC COMPOSITE M130.
Nella prima parte dell’articolo vengono dettagliatamente descritte tutte le fasi lavorative dell’intervento eseguito. Nella seconda invece, si riportano i primi risultati di una campagna sperimentale volta a caratterizzare dinamicamente i solai in oggetto, prima e dopo il rinforzo.
Fasi operative dell'intervento di rinforzo dei solai
In Figura 1 si riporta uno stralcio dello schema planimetrico dell’edificio, con la direzione di orditura dei due solai (A e B) ed uno schema della loro sezione resistente. Dopo la rimozione del pacchetto “non strutturale” i solai evidenziavano una soletta collaborante originaria di spessore esiguo (massimo 2 cm circa).
La scelta di realizzare, con il microcalcestruzzo fibrorinforzato COMPOSITE M130, una cappa collaborante in aderenza a quella già esistente, è derivata dalla volontà di incrementare la rigidezza e la capacità portante degli orizzontamenti e di migliorare il loro grado di connessione alle murature portanti perimetrali.
Proprio per questo, la prima fase dell’intervento è consistita nell’inghisaggio di opportune armature di collegamento alle murature portanti, sia perimetrali che di spina (Figura 2).
Successivamente si è proceduto con la preparazione del sottofondo mediante idroscarifica con acqua in pressione (Figura 3). Grazie a questa operazione è stato possibile rimuovere, dalla superficie del supporto, il calcestruzzo poco consistente e facile al distacco, preservando e non danneggiando la parte integra della soletta esistente (per questa sua caratteristica, l’idroscarifica è considerata una tecnica “selettiva”). Nel contempo è stata conseguita la scabrezza superficiale necessaria a favorire la corretta adesione del COMPOSITE M130 (scabrezza media di circa 5 mm).
Mediante teli di polietilene si è proceduto quindi a chiudere temporaneamente le aperture le quali, al momento dei lavori, risultavano sprovviste di infissi (Figura 4). Questo semplice accorgimento ha consentito di creare un ambiente di lavoro ottimale per la corretta stagionatura umida del materiale posto in opera.
Da un lato, infatti, è stata scongiurata la nascita di correnti d’aria che potevano favorire una eccessiva evaporazione di acqua dal microcalcestruzzo fresco, con conseguente rischio di formazione di cavillature, e dall’altro è stato realizzato un “microclima” umido estremamente benefico per la corretta stagionatura del materiale, soprattutto nei primi giorni dopo il getto.
Operazione fondamentale per la corretta riuscita dell’intervento è stata quella della saturazione del supporto, eseguita prima dell’applicazione del microcalcestruzzo (Figura 5) per evitare che il supporto “secco” assorbisse acqua dall’impasto fresco, penalizzandone non solo le prestazioni fisiche e meccaniche ma, soprattutto, la corretta e completa adesione alla struttura esistente. Prima di ogni applicazione il supporto è stato quindi portato in condizione “satura a superficie asciutta” (s.s.a.), rimuovendo, dopo un abbondante getto di acqua pulita, tutta l’acqua libera in eccesso presente sulla superficie.
Contestualmente alla saturazione del supporto è stata avviata la preparazione del materiale in cantiere (Figura 6). La miscelazione delle tre componenti (polvere, liquido e fibre metalliche) è avvenuta mediante una betoniera ad asse verticale che, rispetto alle classiche betoniere, favorisce una miscelazione più efficace e veloce. I rapporti di miscelazione delle tre componenti sono stati desunti dalla scheda tecnica e dal “manuale di preparazione” del Prodotto.
Dopo il necessario tempo di miscelazione, il materiale è stato trasportato presso il punto di stesa mediante carriole, dove è stato riversato direttamente a terra e steso nel rispetto dello spessore applicativo previsto (2,5 cm).
Il risultato finale dell’intervento, subito dopo il completamento dei getti, è visibile in Figura 8.
Caratterizzazione dinamica dei solai prima e dopo l'intervento
I solai, come tutte le strutture, sono caratterizzati da una serie di “frequenze proprie di vibrazione” cui sono associate specifiche “forme modali”.
In generale lo scopo delle indagini di tipo dinamico su una generica struttura è quello di determinare sperimentalmente il valore di tali frequenze e, nelle prove più articolate, anche le relative forme modali.
Nel caso dei solai ci si può riferire in maniera approssimata alle forme modali di una semplice trave opportunamente vincolata. A titolo di esempio in Figura 9 si riportano le prime tre forme modali di una trave appoggiata (a sinistra) e doppiamente incastrata (a destra).
Queste schematizzazioni “estreme” spesso vengono utilizzate per modellare in maniera speditiva (ed approssimata) un solaio.
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Scopri il valore dei risultati ottenuti dall'indagine di caratterizzazione dinamica dei solai ante e post intervento.
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