Cappotto termico: cosa succede se si violano le distanze dai confini
Il cappotto termico rappresenta uno dei migliori sistemi per l'isolamento energetico dell’involucro edilizio, contribuendo significativamente all'efficienza energetica degli edifici. È fondamentale il rispetto delle normative edilizie, delle distanze dai confini e delle disposizioni urbanistiche locali nella realizzazione degli interventi di installazione del cappotto, come dimostrato dalla recente sentenza del Tar del Lazio n. 17984/2024.
Caratteristiche del cappotto termico per l’isolamento energetico delle pareti
Uno dei migliori sistemi di isolamento termico delle pareti è il cappotto termico, il quale migliora notevolmente l’efficienza energetica di un edificio e, proprio per questo, rientra negli interventi con il diritto di accedere ai bonus relativi all’efficientamento energetico.
Il cappotto termico è costituito da una serie di strati isolanti applicati esternamente agli edifici, garantendo un isolamento completo, termico e acustico.
I pannelli isolanti del cappotto vengono realizzati in materiali termoisolanti come polistirene espanso (EPS), poliuretano, lana di roccia, etc., fissati alle pareti con collanti e tasselli, e in seguito rivestiti con uno strato di intonaco armato con rete in fibra di vetro.
L’utilizzo di tali materiali non è una scelta casuale ma si basa sulle proprietà degli stessi e sulle esigenze del singolo intervento. Più in generale questi materiali possono essere classificati in:
- porosi, quando presentano una struttura interna ricca di piccoli pori che intrappolano l’aria, migliorando le proprietà isolanti;
- cellulari, se presentano una struttura a celle chiuse che impedisce il passaggio di calore, rendendo i materiali anche impermeabili al vapore acqueo, con implicazioni anche nei casi in cui si evidenzino problemi di condensa;
- fibrosi, qualora si presentino con una struttura a fibre che intrappola l’aria, migliorando l’isolamento termico.
Il cappotto termico permette un notevole risparmio energetico, mantenendo alte le temperature interne durante l’inverno e riducendo durante i mesi estivi il flusso calore dall’esterno verso gli ambienti interni. La versatilità e i vantaggi in termini di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, rendono tale soluzione di isolamento molto diffusa sia per quanto concerne alle nuove costruzioni e sia relativamente agli interventi di ristrutturazione.
Lo spessore del cappotto termico esterno varia da un minimo di 6-8 cm a oltre 12 cm, in funzione della zona climatica in cui è collocato l’edificio, inoltre, se applicato a regola d’arte e regolarmente manutenuto, può durare fino a 50 anni.
La scelta della tipologia di cappotto termico è influenzata dalla conoscenza della stratigrafia dell’involucro dell’edificio, infatti, una volta determinata la trasmittanza termica (U) dell’involucro dell’edificio, si può facilmente determinare lo spessore dello strato di cappotto necessario per raggiungere i limiti di trasmittanza previsti nella normativa. In merito a tali limiti superiori è possibile far riferimento alle appendici del DM del 26 giugno 2015, decreto requisiti minimi. Tale decreto reca “applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici”.
A chiarire se l’utilizzo del cappotto possa comportare un abuso edilizio con una violazione delle distanze dai confini a causa dell’ispessimento delle pareti è la sentenza del TAR del Lazio n. 17984/2024.
Abuso edilizio e cappotto termico
Il Tar del Lazio ha recentemente emesso la sentenza n. 17984/2024, riguardante un abuso edilizio e la rilevanza del cappotto termico nel contesto della riqualificazione energetica degli edifici.
La controversia nasce dall’ordinanza del Comune di Nemi, datata 7 luglio 2014, che ordinava la demolizione di opere considerate abusive sulla proprietà del ricorrente. La contestazione riguardava un rivestimento in pietra locale realizzato dal ricorrente, che secondo l'amministrazione avrebbe violato le distanze dai confini e le normative di utilizzo del suolo, modificando significativamente il progetto originale.
Il ricorrente ha argomentato che le modifiche rientravano nelle operazioni di ristrutturazione energetica, essenziali per migliorare l'efficienza degli edifici attraverso l'installazione di sistemi come il cappotto termico. Tuttavia, la sua difesa non è risultata esaustiva per il Tar.
Nella sentenza si sottolinea quanto emerso dal rilievo dei luoghi, ossia le misure inerenti le distanze dai confini oggetto della contestazione da parte del Comune, ma emergono anche le accertate modifiche sostanziali effettuate dai tecnici comunali e che configurano le opere come una "variazione essenziale", soggetta a demolizione.
Con riferimento esplicito al cappotto termico, il ricorrente non è riuscito a dimostrare che il suo intervento fosse conforme alle normative sulla riqualificazione energetica e la corte ha chiarito che l'applicazione del rivestimento ha superato i limiti stabiliti dalla legge regionale, non giustificando quindi le opere sotto il profilo della sostenibilità edilizia.
Questa sentenza del Tar sottolinea la necessità di un'attenta osservanza delle normative tecniche che riguardano la riqualificazione energetica degli edifici. In particolare, pone in risalto l'importanza del cappotto termico non solo come strumento di efficienza energetica, ma anche come elemento da gestire con attenzione all'interno del contesto normativo locale. Infatti, in caso di violazione delle distanze minime dai confini o da altre costruzioni diviene fondamentale verificare che gli spessori del cappotto non siano superiori a quelli strettamente necessari per l’efficientamento energetico.
LA SENTENZA DEL TAR LAZIO È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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