Canapa e Calce, dal risparmio energetico all’equilibrio del microbiota ambientale
Nel contesto della ristrutturazione di edifici storici e della ricerca di soluzioni sostenibili per l'efficienza energetica, è ormai emersa in tutta Italia l'importanza di materiali tradizionali come la canapa e la calce. L'integrazione di queste materie prime preserva e valorizza il patrimonio architettonico. Inoltre, per quanto riguarda il "nuovo", è garanzia di benessere abitativo, nel pieno rispetto dell'ambiente.
Biocomposito calce e canapa: caratteristiche e vanatggi
La canapa, con le sue eccezionali proprietà di isolamento termico e acustico, si integra con la calce,
creando un biocomposito capace di regolare l'umidità interna e dalla grande traspirabilità.
Questi materiali, oltre a garantire un'alta efficienza energetica e una riduzione dei consumi, promuovono il benessere degli occupanti attraverso la creazione di un habitat equilibrato e confortevole, sottolineando l'importanza di un approccio consapevole alla ristrutturazione che tenga conto sia della salute degli abitanti sia della protezione dell'ambiente.
Grotte di Ellora, India: esempio delle potenzialità del connubio calce e canapa
Uno degli esempi più lampanti della durabilità e potenzialità del connubio tra calce e canapa è sicuramente rappresentato dalle Grotte di Ellora, in India.
Realizzate tra il V e il X secolo d.C, le Grotte di Ellora sono scavate direttamente nella roccia della montagna, realizzate in unico blocco e in diverse ambienti. Arricchito con forme architettoniche e statue, si tratta di un sito religioso di estrema importanza storica, artistica e sociale, tanto da essere stato riconosciuto
Patrimonio dell'Umanità
da parte dell'UNESCO nel 1983.
Questo sito archeologico è stato soggetto di studi da parte di Rajdeo Singh, ex chimico archeologico sovrintendente del dipartimento scientifico del Servizio Archeologico dell'India (regione occidentale), e da M. M. Sardesai, che insegna botanica all'Università Dr Babasaheb Ambedkar Marathwada.
Questi esperti hanno verificato come la cannabis sativa è stata usata fin dall'antichità, combinata a calce e argilla.
Proprio l'uso di questa miscela ha permesso agli affreschi e alle statue d’argilla presenti nelle grotte di Ellora, di sopravvivere all'azione corrosiva del tempo, della condensa e dell'ossidazione.
Fenomeno di carbonatazione della calce
Il fenomeno è permesso dall'utilizzo di calce aerea, ottenuta dalla cottura del calcare, pietra che normalmente non subisce marcescenza. Una volta cotto, il calcare diventa ossido di calcio, liberando anidride carbonica. A seguito dello spegnimento della calce con l'acqua si ottiene idrossido di calcio, che dopo un anno può essere chiamato grassello di calce.
Una volta miscelato e applicato sul muro, con l'evaporazione dell'acqua, il grassello di calce riacquisisce anidride carbonica, tornando alla sua composizione originale (CaCo3). Questo fenomeno si chiama carbonatazione e non avendo elementi chimici ossidabili rende praticamente eterno il materiale.
In addizione con la canapa, questo fenomeno permette alla calce di mineralizzare anche questa rendendola immarcescibile e ignifuga.
Biocomposito calce e canapa si comporta come regolatore igrometrico
Nella particolare situazione delle grotte di Ellora, un ambiente ad elevato tasso di umidità, il biocomposito si è comportato da regolatore igrometrico, grazie alla grande capacità traspirante della calce aerea (molto porosa a differenza delle malte idrauliche), abbinata alla capacità igroscopica di canapa e argilla cruda.
Quindi se in un edificio nuovo o antico, utilizziamo biocompositi in canapa e calce otterremo un ambiente igrometricamente equilibrato e privo di condense che possano favorire uno squilibrio microrganico , come ampiamente dimostrato a Ellora Caves e in letteratura dalle oltre 40 ricerche scientifiche completate e pubblicate dalle meglio università Europee , e riscontrato in tutti gli edifici realizzati o ristrutturati in Francia, Inghilterra, Svezia, Svizzera Italia (dal Trentino alla Sicilia) e in altri paesi.
Microbiota e Microbioma: quale contributo possono offrire i microrganismi in edilizia?
Quando dobbiamo occuparci della realizzazione di un ambiente al meglio, troppo spesso ignoriamo infatti il mondo dei microrganismi, composto da batteri, funghi, virus, alghe e lieviti.
È importante distinguere il microbiota, ovvero il totale numero di microorganismi che colonizza un determinato ambiente, dal microbioma, la totalità del patrimonio genetico posseduto dal microbiota.
Distinguiamo il microbiota residente di un luogo, dal microbiota trasferito dall'esterno.
Ogni ambiente è quindi soggetto ad esposoma, ovvero viene condizionato da ciò che avviene all'esterno, essendo un ambiente di tipo dinamico. Quando parliamo di ambiente, possiamo riferirci a vari contesti in cui vivono i microrganismi: ad esempio, all'interno del nostro corpo, oppure nella stanza in cui dormiamo, su un muro, su un mobile, nella nostra casa, e così via. Quando il microbiota è in squilibrio, alcuni batteri potenzialmente patogeni possono proliferare oltre il normale, rendendo l'ambiente ostile alla nostra salute.
La Sindrome da edificio malato, riconosciuta dall'OMS nel 1994, in cui uno dei “sintomi” più evidenti negli edifici risulta proprio la grande quantità di muffa creata da involucri "k-way" che favoriscono lo squilibrio igrometrico.
Si tratta di una particolare situazione in cui coloro che si trovano ad occupare edifici che presentano condizioni ambientali insalubri sviluppano problemi di salute come emicrania, asma, problematiche alle vie respiratori e nei bambini, che appaiono in relazione con il tempo passato al loro interno e che non si possono attribuire a preesistenti malattie.
Il batterio responsabile delle muffe è l'aspergyllus, presente in natura e addirittura nel corpo umano. Questo quando si riproduce in grandi quantità, ad esempio in ambienti con il 90% di umidità relativa e con temperature inferiori ai 15 °C, genera un disequilibrio patogeno.
Per riequilibrare l'ambiente ecco quindi che dobbiamo intervenire sul microbioma e microbiota dello stesso.
Come abbiamo potuto vedere nel caso di Ellora's Cave, la calce dolomitica viene da secoli utilizzata come antimuffa e antibatterico.
Ma la calce da sola non basta, perché a causa del suo Ph basico tende a sterminare tutti batteri, lasciando un vuoto, che genera la ricontaminazione quasi immediata dello stesso.
Questo problema si verifica ad esempio anche nelle sale operatorie, dove con l'utilizzo di alcool per la disinfezione azzera tutti i batteri e li fa quindi rigenerare sempre più forti, in quanto ‘’adattogeni’’.
La scienza illumina : sanificare non significa solo disinfettare
Molto interessanti sul tema sono gli studi della Dottoressa Elisabetta Caselli, ricercatrice e professoressa presso l'Università degli studi di Ferrara, che da più di dodici anni si occupa di trovare una risposta al problema che abbiamo indicato sopra.
Lo
studio multicentrico
denominato SAN-ICA
e coordinato dal Laboratorio Interdipartimentale CIAS dell'Università di Ferrara, ha visto coinvolta in prima linea anche la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, oltre al Consorzio Futuro in Ricerca di Ferrara, alle Università di Udine, Pavia, Messina e all'Università Bocconi e alle Aziende USL di Ferrara, Feltre e Tolmezzo. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale "Plos One" nel 2018.
“Nel complesso questo studio contribuisce a sottolineare il ruolo della rimodulazione del microbiota ambientale nella sanificazione delle strutture sanitarie - ha dichiarato il prof. Sante Mazzacane, coordinatore del gruppo di studio SAN-ICA e docente dell'Università di Ferrara - introducendo la possibilità di un approccio ecologico di elevata efficacia nelle strategie di Infection Control and Prevention, contribuendo alla riduzione delle infezioni ospedaliere e dei costi a esse associate".
Uso dei probiotici per la sanificazione degli ambienti
“L'impiego dei probiotici per la sanificazione è già utilizzato da alcuni anni in alcune strutture sanitarie” spiega il dott. Filippo Berloco, Responsabile UOS Servizio radioprotezione e igiene ospedaliera, UOC Igiene ospedaliera, Direzione Sanitaria, Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS - Università Cattolica.
“Lo studio SAN-ICA, cui la Fondazione ha aderito insieme ad altre strutture sanitarie italiane, ha rappresentato la prima ricerca multicentrica condotta su larga scala per verificare l'efficacia di un protocollo di sanificazione in termini di riduzione delle infezioni ospedaliere. Negli ultimi anni si sono notevolmente diffusi i germi patogeni resistenti a uno o più antibiotici. La loro presenza in ospedale desta particolare apprensione, perché può portare a pericolose e anche letali infezioni nei pazienti ricoverati".
Le infezioni correlate all'assistenza (ICA) rappresentano un problema globale che coinvolge fino al 15% dei pazienti ospedalizzati nel mondo. In Europa 3,2 milioni di pazienti acquisiscono un'ICA ogni anno, 37 mila muoiono come diretta conseguenza di tali infezioni.
Studi condotti in ospedali italiani mostrano un'incidenza delle ICA del 5-10% con un tasso di mortalità fino al 20-30%. I sistemi oggi in uso per sanificare i reparti ospedalieri sono sempre meno efficaci, perché questi germi stanno imparando a resistere anche ai tradizionali disinfettanti.
“Lo studio ha evidenziato significativi vantaggi in termini di riduzione delle infezioni ospedaliere, oltre che della carica microbica presente sulle superfici, con particolare riguardo ai germi resistenti agli antibiotici. Inoltre l'effetto perdura anche a distanza di diverse ore dall'intervento, a differenza di quanto accade quando si impiegano prodotti chimici come i disinfettanti a base di cloro” conclude Berloco.
Tutte le tipologie di infezioni sono diminuite e, parallelamente alla significativa riduzione delle ICA (l'incidenza delle stesse è passata dal 4,8% al 2,3% con un calo di oltre il 50%), si è osservata una drastica diminuzione della carica microbica patogena ambientale (in media del 83%).
Per gli operatori addetti alle pulizie l'utilizzo dei probiotici (della famigli bacillus, presenti anche nel corpo umano) non comporta l'applicazione di sistemi molto diversi da quelli abituali: si impiegano infatti panni pre-impregnati con una soluzione contenente i microrganismi non patogeni (anziché il disinfettante a base di ipoclorito di sodio o di altri principi attivi) per la sanificazione dei pavimenti, e formulazioni spray per gli arredi e le superfici verticali. Oltretutto, l'utilizzo di questi microrganismi rappresenta una soluzione economica ed ecologica.
Ulteriori studi sono stati effettuati sia nella lotta contro il SARS-CoV-2, che, con la collaborazione dell'ATM milanese nel 2022, nella la sanificazione delle metropolitane.
“Durante la pandemia di Covid-19 la sanificazione chimica è stata una misura importante per prevenire la diffusione del virus, ma è stato dimostrato che l'uso prolungato di agenti chimici ha effetti negativi sull’ambiente e sull’uomo, selezionando inoltre specie patogene farmaco-resistenti” spiega Elisabetta Caselli.
Della stessa opinione è anche Walter Ricciardi, Ordinario di Igiene e Medicina Preventiva all'Università Cattolica del Sacro cuore, che ha sottolineato come combattendo i germi con altri germi non si alimenta la proliferazione di batteri resistenti, a differenza dei disinfettanti chimici, che hanno effetti collaterali di impatto ambientale.
Come abbiamo visto, quando si sterilizza un campo, si genera un vuoto, che genera la ricontaminazione quasi immediata dello stesso, inoltre gli stessi disinfettanti possono selezionare agenti patogeni resistenti ai disinfettanti stessi a agli antibiotici.
La Dottoressa nella sue ricerche ci mostra come i batteri probiotici possano essere in grado di competere con i microorganismi patogeni nel campo della sanificazione.
“Dai dati che abbiamo raccolto in questi anni, il sistema si è dimostrato in grado di abbattere in modo stabile la presenza di tutti i patogeni considerati sulle superfici ospedaliere. Infatti, da entrambi gli studi effettuati dai nostri laboratori è emerso un calo netto e stabile di tali patogeni per l’intera durata della sperimentazione rispetto alla sanificazione convenzionale”
Gli studi mostrano che i microrganismi consentono un abbattimento degli agenti patogeni di circa 80% in più rispetto a un sistema di sanificazione tradizionale e nessuna selezioni di ceppi resistenti.
Possiamo quindi dire che piuttosto che azzerare completamente tutti i batteri, si possano inibire quelli potenzialmente patogeni, con altri utili che possano equilibrare l’ambiente al meglio ed evitare la ricontaminazione e la colonizzazione dei patogeni secondo il meccanismo dell’antagonismo competitivo.
Personalmente, credo molto nell'importanza di creare un ambiente salubre e sano. La casa in cui abitiamo è un po' la nostra terza pelle ed è necessario quindi prendersene cura, proprio come facciamo con il nostro corpo e con i nostri vestiti.
Biocompositi a base di calce e canapa con probiotici
È proprio per questo che, insieme al composito di canapa e calce, che porta tutti i vantaggi che abbiamo riassunto inizialmente, abbiamo scelto di inserire un mix di probiotici nella fase di asciugatura del muro.
Oltre ad accelerare il processo di indurimento e asciugatura della calce ripristineranno il microbiota ambientale in un equilibrio perfetto.
A tal proposito riporto l’esperienza siciliana dell’architetto Anna Franca Iannello: "Ho avuto modo di testare il biocomposto a base di calce, canapulo e microrganismi rigenerativi in numerosi cantieri ed è una soluzione unica per risolvere le problematiche di umidità sia di risalita dalle murature che ambiente."
In particolar modo, vorrei riportare l'esperienza di un casale di campagna ad Enna in muratura che al piano
terra soffriva di problematiche di umidità di risalita dove l'applicazione di questo materiale si è mostrato
risolutivo.
In questo caso, l' umidità presente nelle murature risaliva fino a 60/70 cm di altezza provocando continuo distacco di intonaco e pittura oltre che la formazione di muffe che rendevano insalubre l'aria.
È stato applicato un biocomposito a base di calce e canapa, dopo avere scrostato pittura e intonaco ammalorato, come boiserie ad un'altezza dal pavimento di 90 cm. A due anni dalla posa in opera non si sono più verificati episodi di muffa o distacco dell'intonaco dalla parete.
Inoltre, questi biocompositi contribuiscono a gestire l'umidità ambiente migliorando il comfort termoigrometrico, sia nella stagione estiva che in quella invernale.
Altro aspetto non meno importante é la sicurezza in fase cantieristica poiché questi biocompositi naturali creano sin dalla posa un ambiente sano, ovvero privo di esalazioni nocive per un ambiente salubre già in fase di posa in opera.
Oltre a questi esempi, oggi possiamo osservare lo stesso fenomeno anche nelle sale sotterranee del Museo Casa Don Bosco di Torino dei frati salesiani, in particolare, nella sala delle Madonne (opere d’arte che provengono da tutto il mondo) ristrutturata qualche anno fa con un biocomposito in canapa e calce dall’arch. Sergio Sabbadini, ed in ormai innumerevoli edifici ristrutturati o costruiti in tutta la penisola.
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