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Cambio destinazione d'uso da deposito a camera da letto: serve il permesso di costruire

Il mutamento della destinazione d’uso tra categorie funzionali ontologicamente diverse, con mutamento della destinazione d’uso di un locale da non residenziale a residenziale, necessita del permesso di costruire ex art. 10, comma 1, lett. c), del Testo Unico Edilizia

Quando si può applicare la regola del 2% di tolleranza costruttiva ex art.34-bis del Testo Unico Edilizia? E quale titolo abilitativo serve per passare da deposito a camera da letto, con cambio di destinazione d'uso?

Ne 'tratta' la sentenza 4608/2024 del 7 marzo del Tar Lazio, inerente la demolizione di opere abusive eseguite nell’immobile di proprietà, così descritte: “1. modifica dell’intercapedine al piano seminterrato sia nelle dimensioni della sagoma che nelle altezze. Inoltre la stessa risulta rifinita e funzionale al pari di un locale tecnico e tamponata con muratura e 2 infissi a quota del giardino sul lato ovest; 2. ampliamento di circa mq 5,00 in adiacenza con l’intercapedine di un vano deposito al seminterrato e cambio di destinazione d’uso dello stesso da non residenziale a residenziale realizzando di fatto una stanza da letto.

 

Il cambio di destinazione d'uso e i calcoli sulle tolleranze costruttive

In sede di sopralluogo, si è appurato che una delle pareti confinante con l’intercapedine è stata “avanzata” per un tratto, così da realizzare una “nicchia” all’interno della medesima intercapedine, ampliando le dimensioni del locale; la stanza risulta rifinita e dotata di mobilio di varia tipologia, tipico di una camera di letto (letto, comodini, ecc.).

Con riferimento all’ampliamento l’impianto difensivo di parte si fonda sull’assunto che la maggiore superficie indicata in ordinanza è erronea, in quanto la stessa misurerebbe 0.66*3,50 mt = 2.31 mq.

In ogni caso, quand’anche fosse di 5 mq, sarebbe comunque inferiore al coefficiente del 2% previsto dalla disposizione in materia di “tolleranze costruttive” di cui all'art. 34-bis comma 1 del dpr 380/2001 (“Il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo”), determinato secondo il seguente calcolo: mq. 352,68 (corrispondente al totale delle superfici lorde) * 2% (coefficiente di tolleranza) = mq. 7.06.

 

Quando si applica la regola delle tolleranze costruttive

Secondo il Tar Lazio, il riferimento alla disposizione in tema di “tolleranze costruttive” non è pertinente: l'art. 34-bis, infatti, si applica unicamente alle lievi difformità dai parametri previsti dal titolo edilizio che si realizzano al momento della edificazione del fabbricato, e dunque in fase costruttiva, tali da comportare uno scostamento tra quanto assentito e quanto di fatto realizzato che, proprio per le sue dimensioni contenute, denota una sostanziale assenza di pregiudizio all’interesse pubblico urbanistico (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 ottobre 2022, n. 8709).

Viceversa, la disposizione non può trovare applicazione per gli interventi realizzati successivamente all’edificazione, atteso che tale interpretazione finirebbe, sostanzialmente, per svilire la portata dell’intero impianto normativo di cui al dpr 380/2001, il quale comunque richiede di premunirsi di un titolo edilizio, diverso a seconda della tipologia di lavori da eseguire e indipendentemente da quale sia la portata dell’intervento da porre in essere sul preesistente fabbricato (e fatta ovviamente eccezione per le attività realizzabili in “edilizia libera”).

Nel caso di specie, la parte non ha addotto alcun elemento probatorio atto a dimostrare che la diversa conformazione del vano collocato al piano seminterrato (e, conseguentemente, del muro interno che delimita l’intercapedine perimetrale) “risalga” ai lavori di costruzione dell’immobile, piuttosto che ad interventi “postumi”.

Del resto, essendo stato il fabbricato oggetto di diversi titoli edilizi conseguiti negli anni (di cui l’ultimo rilasciato anche di recente), la parte avrebbe ben potuto attestare, al momento della relativa richiesta, la diversa conformazione del seminterrato tramite tecnico abilitato, ai sensi del comma 3 dello stesso art. 34-bis (“Le tolleranze esecutive di cui ai commi 1 e 2 realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell'attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali”).

 

Cambio di destinazione d'uso da sottotetto e garage ad abitazione: serve il permesso di costruire

Il mutamento d'uso da sottotetto e garage ad abitazione configura un cambio urbanisticamente rilevante (in quanto avvenuto tra categorie non omogenee), come tale soggetto al previo rilascio di un permesso di costruire, avendo determinato un aggravio del carico urbanistico.


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Il cambio di destinazione d'uso è lampante: serve il permesso di costruire per passare da deposito a camera da letto

Quanto al mutamento della destinazione d'uso del medesimo vano, avente un'originaria destinazione non residenziale, innanzitutto si osserva che l’assunto di parte secondo cui “l’ambiente in questione è utilizzato come mero ricovero di oggetti e attrezzature inutilizzati al primo piano”, constando “la semplice presenza di una rete proveniente dal primo piano (a destinazione residenziale) appoggiata verticalmente al muro e priva di materasso”, è chiaramente sconfessato dalle risultanze del sopralluogo e dalla relativa documentazione fotografica a corredo, da cui risulta in maniera evidente che la stanza è stata ammobiliata e attrezzata come camera da letto.

In altri termini, è comprovato che, al momento della contestazione, tale ambiente aveva una destinazione residenziale.

Tutto ciò - sottolineano i giudici - è 'trattato' dall'art.23-ter del dpr 380/2001, secondo cui “Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale” (comma 1), con la precisazione che “Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito” (cfr. comma 3, ultimo periodo).

Del resto, la giurisprudenza ha più volte ribadito che il mutamento della destinazione d’uso tra categorie funzionali ontologicamente diverse, con mutamento della destinazione d’uso di un locale da non residenziale a residenziale, necessita del permesso di costruire ex art. 10, comma 1, lett. c), del Testo Unico Edilizia, ed è perciò suscettibile di misure ripristinatorie, comportando un aggravio del carico urbanistico.

 

Cambio destinazione d'uso tra deposito e abitazione senza opere: è abuso edilizio senza permesso di costruire

Il mutamento della destinazione d'uso tra categorie funzionali ontologicamente diverse, anche senza opere edilizie, ove realizzato senza permesso di costruire, è sanzionabile con la misura ripristinatoria.


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La regola vale anche per il cambio d'uso funzionale, cioè senza opere

Ciò vale anche se si tratti di cambio d’uso solo “funzionale”, ossia eseguito senza effettuazione di opere edilizie, come espressamente previsto dal citato art. 23-ter (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 25 luglio 2023, n. 7294), sicché non ha pregio l’assunto di parte secondo cui sarebbe “pacificamente non rilevante” il “mero "uso" di fatto”.


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Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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