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Cambio destinazione d'uso da abitazione a locale commerciale con opere: quando basta la SCIA

Il cambio di destinazione d'uso da abitazione ultra popolare a locale commerciale, grazie al Decreto Salva Casa, può essere realizzato con SCIA se le opere edilizie collegate sono soggette a CILA, ad esempio per una semplice redistribuzione degli spazi interni, mentre continua a servire il permesso di costruire per opere più rilevanti, come una ristrutturazione edilizia pesante.

Il cambio di destinazione d'uso rilevante, da abitazione ultra popolare A5 in locale commerciale C1, anche con opere, a determinate condizioni si può fare con la SCIA.

Ciò in virtù delle novità introdotte in materia dal Decreto Salva Casa, che consente i cambi d'uso anche tra categorie non omogenee, con opere, e li permette tramite presentazione di una semplice SCIA qualora le opere collegate siano assentibili con CILA.

Quindi, i cambi di destinazione d'uso rilevanti sono stati rivisti profondamente dal Decreto Salva Casa, che ha modificato l'art.23-ter del Testo Unico Edilizia liberalizzando questo tipo di 'interventi edilizi', anche qualora, per il cambio d'uso, siano necessarie delle opere edilizie.

Un utile ripasso è collegato alla sentenza n.3640/2024 del 10 giugno del Tar Napoli, che evidentemente si riferisce ad un caso 'precedente' all'entrata in vigore del DL Salva Casa, ma che è interessante per ricordare le regole in materia, anche perché se ci sono opere edilizie 'pesanti', assentibili solo con permesso di costruire, anche oggi è obbligatorio richiedere e ottenere il titolo abilitativo 'pieno'.

 

Come richiedere il cambio di destinazione d'uso senza incorrere in sanzioni

Il cambio di destinazione d'uso di un immobile implica un processo rigoroso e regolato da normative specifiche, essenziale per evitare sanzioni per abusi edilizi. Recentemente, una sentenza del TAR Lazio ha evidenziato l'importanza di tali normative nel garantire la legalità e la sicurezza degli interventi edilizi.


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Cambio d'uso da abitazione a locale commerciale con opere: il caso

La sentenza verte sul ricorso contro l'ordinanza di demolizione comunale per

  • variazione della destinazione d’uso effettuata ai soli fini catastali da abitazione ultra popolare A5 in locale commerciale C1, in assenza di titolo abilitativo urbanistico edilizio;
  • diversa distribuzione interna, oltre presenza di un soppalco con relativa scala di accesso;
  • realizzazione di apertura esterna, posta nella zona lavaggio che immette all’area esterna”.

I ricorrenti contestano all’amministrazione di essersi basata unicamente sui dati catastali, senza approfondire gli aspetti urbanistici, e richiamano a sostegno della destinazione d’uso commerciale del locale, la perizia allegata al titolo di proprietà, nella quale si ritiene inidonea la classificazione del locale adibito a ristorante nella categoria A5 come residenziale in ragione delle ridotte dimensioni (15 mq con incorporato locale WC) incompatibili con le condizioni igienico-sanitarie necessarie in un immobile adibito a residenza.

Secondo i ricorrenti, inoltre, con riferimento alla diversa distribuzione interna, sarebbe da escludere l'ordine di demolizione, con applicazione al massimo di sanzione pecuniaria, in quanto gli interventi rientrano nella manutenzione straordinaria

Inoltre, si ricorda di aver presentato CILA di ripristino dello stato dei luoghi con riferimento al soppalco con scala, nonché all’apertura esterna.

 

Valutazione complessiva degli abusi

Il TAR inquadra il caso partendo dal provvedimento di demolizione impugnato, e sottolineando che “gli abusi edilizi non possono formare oggetto di una considerazione atomistica, ma debbono essere apprezzati nel loro complesso onde stabilire se hanno determinato trasformazione urbanistico – edilizia del territorio, incremento di carico urbanistico e se hanno o meno natura di pertinenza… imponendo la previa acquisizione del titolo edilizio e del presupposto atto di assenso dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico".

 

 

Lo stato legittimo

Secondo il TAR, anche la destinazione ad uso commerciale dell'immobile, rivendicata dalle ricorrenti non è assistita da sufficienti elementi di prova.

In merito viene richiamato l'art.9-bis comma 1-bis del Testo Unico Edilizia sullo stato legittimo degli immobili 'vigente ratione temporis', visto che poi è avvenuto un non indifferente cambiamento col Salva Casa.

Infatti, lo stato legittimo è costituito da una serie di documenti e dichiarazioni che attestano che un immobile risulta conforme ai progetti approvati e alle varie norme vigenti. Un immobile nello stato legittimo non presenta abusi edilizi.

Per provare lo stato legittimo, dopo l'avvento del Salva Casa, come approfondito da Nicola Furcolo su Ingenio, è sufficiente presentare uno dei due titoli, tra quello che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e di quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio.

Prima del Salva Casa, invece, come ovviamente evidenziato dal TAR, "lo stato legittimo dell'immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

In pratica, fino al 29 maggio del 2024 (entrata in vigore della prima versione del DL Salva Casa), lo stato legittimo era quello definito da tutti questi documenti:

  1. titolo originario (licenza, concessione o permesso) che ha consentito la realizzazione dell’intero immobile o che ne ha legittimato l’esistenza (titolo in sanatoria);
  2. ogni titolo successivo relativo a interventi su intero immobile (o singola u.i.);
  3. ogni titolo successivo relativo a interventi parziali intero immobile (o singola u.i.).

Se mancava anche uno solo di questi titoli, non si poteva attestare lo stato legittimo.

Dal 30 maggio scorso, per attestare lo stato legittimo, quindi, non servono più tutti i documenti di cui ai punti 1, 2 e 3, ma 1 oppure 2 e 3:

  1. titolo originario che ha consentito la realizzazione dell’intero immobile o che ne ha legittimato l’esistenza (titolo in sanatoria); oppure:
  2. ogni titolo successivo relativo a interventi su intero immobile (o singola u.i.); e:
  3. ogni titolo successivo relativo a interventi parziali intero immobile (o singola u.i.).

 

Cambio destinazione d'uso "di fatto" e stato legittimo: il collegamento

Il TAR evidenzia che, nel titolo di proprietà del 2015 si riconosce espressamente la destinazione catastale “ad uso abitativo” limitandosi genericamente lo stesso a riferire di una destinazione “di fatto” a locale commerciale, senza fornire alcun principio di prova circa il momento in cui si sia realizzata tale destinazione d’uso “di fatto.

La norma del TU Edilizia appena richiamata (art.9-bis comma 1-bis) specifica che per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio lo stato legittimo è quello desumibile dalle “informazioni catastali di primo impianto.

In assenza di elementi di prova certi, le informazioni catastali assumono un valore presuntivo, in quanto non smentite se non da una destinazione “di fatto” riconosciuta solo in epoca recente.

 

Cambio di destinazione d'uso rilevante: la ristrutturazione edilizia pesante richiede il permesso di costruire

Ne deriva che, come segnalato dal comune e confermato dal TAR, “avendo comportato modifica di destinazione d'uso urbanisticamente rilevante nel centro storico (da residenziale a commerciale), oltre modifica dei prospetti con alterazione delle originarie bucature ed opere strutturali (soppalco) prive di deposito sismico”, gli interventio edilizi di cui trattasi sono stati definiti di ristrutturazione edilizia "del tipo pesante" di cui all'art. 10 c. 1 lett. c) del DPR 380/01, eseguiti in assenza di titolo edilizio (PdC ovvero SCIA alternativa al PdC).

 

Cambio destinazione d'uso e Salva Casa: le nuove regole

Il DL 69/2024 ha 'liberalizzato' i cambi di destinazione d'uso rilevanti, senza opere o con opere leggere.

Infatti, in virtù delle modifiche apportate all'art.23-ter del Testo Unico Edilizia:

  • il mutamento della destinazione d'uso di un immobile o di una singola unità immobiliare si considera senza opere se non comporta l'esecuzione di opere edilizie o se le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi di cui all'articolo 6 del Testo Unico Edilizia;
  • è sempre possibile il cambio di destinazione d’uso, anche con opere, della singola unità immobiliare all’interno della stessa categoria funzionale, nel rispetto delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni;

  • è sempre possibile il cambio di destinazione d’uso, anche con opere, tra categorie funzionali diverse (ad eccezione di quella rurale (categoria d)), di una singola unità immobiliare ubicata in immobili ricompresi nelle zone A), B) e C) previste dall’art. 2 del D.M. 1444/1968;
  • il mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse è sempre consentito, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, inclusa la finalizzazione del mutamento alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile;
  • resta fermo, nei limiti di quanto stabilito dalla legislazione regionale, laddove previsto, il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria;

  • viene prevista una specifica disciplina per il cambio di destinazione d’uso delle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate. Il testo definitivo prevede infatti che il cambio di destinazione d’uso (non solo per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra ma anche per quelle seminterrate) è disciplinato dalla legislazione regionale che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni di cui ai commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies si applicano anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate.

 

TUE AGGIORNATO AL SALVA CASA

 

Cambio di destinazione d'uso: quando basta la SCIA

Arriviamo, quindi, alle regole finali sul tipo di permesso necessario per i cambi di destinazione d'uso.

E' possibile, in virtù delle nuove regole del Salva Casa, procedere anche con la SCIA per tutti i cambi di destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale, e tra categorie funzionali diverse (esempio, da residenziale a commerciale, o viceversa, con esclusione della categoria rurale), anche con opere, se per assentirle è necessaria la CILA, mentre resta l'obbligo del permesso di costruire se gli interventi edilizi contestuali al cambio d'uso lo prevedono.

Più nello specifico, il DL 69/2024 dispone che il mutamento di destinazione d'uso è soggetto al rilascio dei seguenti titoli:

  • a) nelle ipotesi di cui comma 1, primo periodo, alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di cui all'art. 19 della L. 241/1990;
  • b) nei restanti casi, al titolo richiesto per l'esecuzione delle opere necessarie al mutamento di destinazione d'uso, fermo restando che, per i mutamenti accompagnati dalla esecuzione di opere riconducibili all'articolo 6-bis (ossia gli interventi subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata), si procede ai sensi della lettera a), quindi tramite SCIA.

Ovviamente, bisogna sempre considerare cosa dispongono i regolamenti comunali in materia, visto che il Salva Casa prevede la possibilità da parte dei comuni di prevedere regole diverse in materia.

 

La redistribuzione degli spazi interni si fa con la CILA

Nel nostro caso, gli interventi sono stati inquadrati come ristrutturazione edilizia pesante, pertanto anche 'oggi' sarebbe necessario il permesso di costruire per effettuare questo cambio di destinazione d'uso, ma se, ad esempio, gli interventi si limitano a una mera ridistribuzione degli spazi interni, assentibile, per le regole del Testo Unico Edilizia, con la CILA, ecco che per il cambio d'uso scatterebbe la possibilità di procedere con una semplice SCIA.


LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO DOPO AVER EFFETTUATO L'ACCESSO AL PORTALE

Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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