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Cambio della destinazione del sottotetto con realizzazione di finestre: si può fare o no? E le distanze?

In una recente sentenza, il Consiglio di Stato fornisce chiarimenti sul cambio di destinazione d’uso di un locale. E' sempre fattibile o può avere delle conseguenze da un punto di vista tecnico e e in termini di abitabilità?

Nella recente e interessante sentenza 6458/2021 del 24 settembre, il Consiglio di Stato fornisce chiarimenti sul cambio di destinazione d’uso di un locale.

E' sempre fattibile o può avere delle conseguenze da un punto di vista tecnico e e in termini di abitabilità?


Il caso del sottotetto 'modificato'

Il Tar Calabria aveva dichiarato inammissibile il ricorso dell'appellante (per comodità, lo chiameremo signor X) - proprietario di un appartamento situato al terzo piano di un fabbricato confinante con il lato Nord dell’immobile del signor Y - per l’annullamento del permesso di costruire in sanatoria rilasciato dal comune al signor Y nonché dell’articolo 9.1 del regolamento edilizio e urbanistico del comune e della DIA presentata dallo stesso signor Y.

L’appellante (X), quindi, è proprietario di un appartamento situato al terzo piano di un fabbricato confinante con il lato Nord dell’immobile di un altro individuo (Y), sul quale sono state effettuate le opere contestate.

Si tratta, in particolare, del cambio della destinazione del sottotetto con realizzazione di finestre e di una apertura all’altezza del sottotetto sul lato nord dell’edificio che si configurerebbe come una veduta illegittima posta ad una distanza inferiore a quella di legge stabilita dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968 rispetto alle pareti finestrate e alle finestre dell’altro appartamento (X).

Con il permesso di costruire impugnato sarebbe stato sanato il cambio di destinazione d’uso del sottotetto con conseguenti effetti di carattere volumetrico, urbanistico e statico.

 

Le distanze e il sottotetto: i motivi del ricorso

Sulle distanze, l’appellante sottolinea che la violazione non riguarderebbe il regolamento edilizio comunale (che non consente la deroga alla distanza intercorrente tra pareti finestrate), ma l’art.9 del decreto ministeriale n. 1444 che salvaguarda imprescindibili esigenze igienico-sanitarie.

La sentenza impugnata sarebbe quindi illegittima dove afferma che l’appellante non avrebbe interesse in materia in quanto le finestre sono prospicienti ad altra proprietà.

Non solo. Per quanto riguarda il sottotetto, viene contestato invece che non si sia prodotto attraverso le nuove aperture, le tramezzature interne e le abilitazioni per gli impianti un cambio di destinazione d’uso rispetto alla concessione del 2001 per la quale il locale avrebbe dovuto svolgere la funzione di mero ripostiglio composto di un unico vano illuminato da lucernari e di un terrazzino accessibile con un infisso minimale.

Esso deve essere quindi, ad avviso dell’appellante, computato nel volume complessivo dell’immobile non caratterizzandosi come locale tecnico; ciò vale anche per il seminterrato che dovrebbe essere considerato come un vero e proprio piano essendo peraltro irrilevante a questo fine che sia stato oggetto di un pregresso condono.

Ne conseguirebbe un notevole eccesso rispetto alla volumetria massima.

Cambio della destinazione del sottotetto con realizzazione di finestre: si può fare o no? E le distanze?

L'interesse del ricorso

In primis, Palazzo Spada affronta la questione dell'interesse del signor X a ricorrere, precisando che si deve escludere l’interesse dell’appellante ad opporsi alla realizzazione di aperture su pareti non prospicienti la sua proprietà (trattandosi eventualmente di abusi inidonei a incidere sull’equilibrio urbanistico), mentre vi è interesse:

  • per l’apertura sulla parete Nord e la indubbia sussistenza della vicinitas è legittimante a ricorrere contro provvedimenti che possono incidere sulla volumetria e sulla staticità dello stabile confinante;
  • contro l’asserito cambio di destinazione in quanto la trasformazione in abitazione del sottotetto è in grado di determinare un pregiudizio per l’appellante dal punto di vista della diversa utilizzazione che ne deriverebbe del terrazzino e della porta-finestra prospicienti la sua proprietà.

 

Modifiche del sottotetto e abusi edilizi

Il Consiglio di Stato precisa che il provvedimento del Comune impugnato in primo grado ha accolto un’istanza presentata dal signor Y per ottenere la “sanatoria di finestre di un sottotetto praticabile”.

Per l'appellante tuttavia gli elaborati progettuali allegati all’istanza (che rappresentano la realizzazione di tramezzature interne al sottotetto ed altri lavori) e la relazione tecnica (nelle parti relative ai serramenti, agli impianti e alle finiture) sarebbero indicativi di un cambio di destinazione d’uso del sottotetto da locale di sgombero praticabile a mansarda abitabile, cambio di destinazione che sarebbe stato quindi assentito dal Comune con il provvedimento impugnato.

Da ciò conseguirebbero effetti sulla volumetria e sui carichi statici, oltre che sulla violazione delle distanze.

Sul punto - continua Palazzo Spada - la relazione di verificazione afferma che le caratteristiche del sottotetto, avuto riguardo alle altezze riscontrate, induce a definire lo stesso come “praticabile” ma non abitabile e che sulla base di quanto disposto dall’art. 8 del regolamento edilizio la sua superficie, in quanto non residenziale, non è computata nella superfice edificabile (SUL). Dovrebbero pertanto escludersi effetti sulla volumetria complessiva.

La relazione di verificazione esclude quindi che il sottotetto possa configurarsi giuridicamente come un’abitazione e che il Comune possa assentire tale trasformazione.

Al riguardo appaiono tuttavia convincenti le argomentazioni dell’appellante relative agli effetti prodotti dalle opere oggetto di contestazione: la suddivisione interna, la realizzazione di un numero elevato di finestre, di due balconi, di impianti e finiture di tipo residenziale inducono a ritenere che “di fatto” si sia prodotta una diversa utilizzabilità del sottotetto rispetto alla sua destinazione come mero “locale di sgombero”.

In definitiva, le opere realizzate non appaiono coerenti con la legittima destinazione del sottotetto e il Comune non avrebbe dovuto assentirle con il provvedimento impugnato che, pertanto, deve essere annullato.

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