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Salvaguardia del territorio, sostenibilità e certificazioni professionali: il futuro del settore calcestruzzo

Nell'intervista al Presidente ATECAP, Giuseppe Ruggiu, emerge l'importanza della resilienza territoriale contro i cambiamenti climatici e la necessità di sostenibilità nel settore del calcestruzzo. Evidenziata la mancanza di normative chiare sul tema, oltre ad un focus sulla possibile evoluzione del settore verso la neutralità carbonica nel 2050. Inoltre si propone la qualificazione delle figure professionali, con una particolare attenzione per quella di direttore dei lavori.

Calcestruzzo e sostenibilità: mancano indicazioni chiare, ATECAP sta discutendo come poter colmare tale vuoto

Andrea Dari:
I cambiamenti climatici non sono più una minaccia per il futuro ma purtroppo una triste realtà quotidiana. Alluvioni, grandinate, tempeste, incendi, calori e temperature altissime, ecc. In tale contesto il tema della resilienza di territori, infrastrutture, edifici diventa fondamentale. Quale è il contributo che può dare la filiera del calcestruzzo per rendere più pronti a resistere a questo cambiamento e quale l’impegno dell’Associazione?

Giuseppe Ruggiu:

Il territorio italiano è caratterizzato da un’elevata esposizione al rischio idrogeologico oltre a quello sismico. È un dato di fatto, per questo il tema è di fondamentale importanza, per gli inevitabili impatti che produce sulla popolazione, sugli edifici, sulle infrastrutture delle linee di comunicazione ed in cascata sull’apparato economico e produttivo.
Credo, però, che i cambiamenti climatici non siano i veri responsabili
, piuttosto lo è un consumo di suolo avvenuto con una carente o assente pianificazione territoriale che ha consentito, impropriamente, di costruire insediamenti abitativi, commerciali e infrastrutture laddove queste non avrebbero dovuto essere realizzate.

Il calcestruzzo, ben impiegato, per la sua versatilità e la sua disponibilità, è il miglior alleato dei progettisti, dei pianificatori urbanistici e del territorio, degli ingegneri stradali, di tutti coloro coinvolti negli interventi a protezione del territorio per realizzare opere di prevenzione e salvaguardia, correttamente pianificate con strumenti efficaci che tengano conto della specificità delle aree d’intervento.
L’impegno dell’Associazione non può che essere quello di ribadire in ogni modo l’urgenza di varare un serio piano di prevenzione per la messa in sicurezza del territorio che vada oltre la logica emergenziale a cui siamo, purtroppo, abituati.

Giuseppe Ruggiu - Presidente ATECAP

Andrea Dari:
Oltre al problema del quotidiano vi è quello del futuro. Questi cambiamenti climatici devono essere fermati anche mediante l’adozione di prassi sempre più sostenibili. Quali sono gli impegni della filiera su questo fronte e quali le azioni che sta portando avanti l’Associazione?

Giuseppe Ruggiu:

Oggi, anche a livello normativo, è assente una indicazione chiara sui profili di sostenibilità dei calcestruzzi. Stiamo dibattendo in Associazione su come colmare tale mancanza, sia in termini di prodotti costitutivi che di performance, così da permettere al progettista la scelta del prodotto più appropriato per una singola struttura o progetto e quindi la selezione del fornitore di calcestruzzo.
Questo perché, come ben sai, il settore attribuisce un ruolo chiave alla progettazione e conseguentemente alla corretta prescrizione del prodotto, che deve tenere conto delle condizioni ambientali di utilizzo e del tipo di applicazione.

L’idea che stiamo cercando di portare avanti è quella di intendere anche la sostenibilità ambientale un requisito prestazionale fissato in fase di progetto.
Già oggi i progettisti richiedono ai produttori di calcestruzzo l’impatto ambientale di uno specifico calcestruzzo ai fini del calcolo LCA dell’opera da realizzare e in assenza precisi orientamenti vengono presi a riferimento valori medi disponibili in banche dati internazionali che sono, però, spesso imputati a prodotti generici e non rappresentativi della specifica circostanza.

Andrea Dari:
Più resilienza, più sostenibilità: due sfide che si portano dietro cambiamenti organizzativi e tecnologici, che possono fare da traino per un’evoluzione del settore. Quale settore avremo nel 2050 quando sarà obbligatoria la neutralità carbonica e tanto si prevede sarà cambiato?

Giuseppe Ruggiu:

Nel 2050, quando la neutralità carbonica diventerà obbligatoria in molti paesi, ci si aspetta che il settore del calcestruzzo subisca significativi cambiamenti organizzativi e tecnologici al fine di diventare più resiliente e sostenibile. Non sono in grado di sapere se emergeranno nuovi costituenti a basso impatto ambientale. Sicuramente dovremo imparare a impiegare in maniera estesa i materiali riciclati: l’uso di aggregati riciclati diventerà la norma, riducendo la dipendenza da risorse vergini e la produzione di rifiuti.

Dovremo, poi, fare i conti con una progettazione in cui edifici e infrastrutture saranno pensati per massimizzare l'efficienza energetica e l’uso responsabile del calcestruzzo. Mi riferisco a materiali strutturali leggeri, design ottimizzati ed avere a che fare con prodotti ad alta resistenza.
Infine, credo che le norme di sostenibilità e le certificazioni ambientali saranno più stringenti e ampiamente applicate, proprio per incoraggiare l’adozione di pratiche sostenibili in tutto il settore.

Andrea Dari
L’applicazione obbligatoria della certificazione FPC sembra aver fallito il suo ruolo visto la presenza sul mercato di tanti impianti ancora senza automazioni, senza controllo del calcestruzzo, senza dispositivi ambientali. Quali le soluzioni, riformare la normativa, oppure appoggiarsi a un sistema volontario? Cosa propone l’associazione?

Giuseppe Ruggiu:

Sfortunatamente, ritengo che il sistema abbia deluso a causa di normative che stabiliscono standard di “qualità” molto bassi per agevolare la certificazione nel settore e il rispetto delle norme tecniche. Non credo che la soluzione possa essere un sistema volontario, poiché produrre con elevati standard di qualità richiederebbe significativi investimenti in formazione, personale, attrezzature e macchinari che andrebbero poi riconosciuti dal mercato.

Prendendo a riferimento la compagine dell’Associazione, noto che il sistema produttivo è abbastanza avanzato e allineato con le ultime tecnologie, ma ciò che rimane indietro sono i processi a monte della produzione e quelli che seguono. Mi riferisco alla corretta prescrizione del calcestruzzo e alla consegna in cantiere, ai controlli, al getto in opera, alla realizzazione dei provini.
Si dovrebbe puntare a potenziare la qualificazione delle imprese, del personale, dei progettisti e dei direttori dei lavori, poiché spesso trascurano il controllo del calcestruzzo in cantiere.

Andrea Dari:
Molti settori stanno certificando tramite norme UNI e patentini le proprie figure professionali. Ne parleremo anche al SAIE di Bari. Cosa ne pensa, questo settore dovrebbe qualificare le figure che vi operano?

Giuseppe Ruggiu:

La certificazione delle figure professionali nel settore del calcestruzzo è un’idea valida e importante, che può portare a diversi vantaggi sia per i professionisti che per il comparto nel suo complesso. Quest’anno, tra l’altro, cade il decennale della legge che nel 2013 si era posta l’ambizioso obiettivo di disciplinare le libere professioni non organizzate in Albi, Ordini o Collegi. La qualificazione delle figure professionali è un tema sempre attuale, UNI in questi dieci anni ha pubblicato più di centoventi documenti tecnico-normativi al riguardo.

Credo, però, che nel settore l’esigenza più importante sia attestare una competenza non tanto sul lato produzione, quanto sul lato cantiere e direzione lavori.
Il direttore dei lavori anche se non può essere considerato l’esecutore materiale dell'opera deve fare di tutto affinché essa sia eseguita correttamente. Ciò presuppone una conoscenza approfondita su materiali, tecnologie, procedure di controllo ecc. ecc., conoscenza che, come in ogni altro ambito, ha bisogno di costante aggiornamento.

Quantomeno difficile, direi. Ecco che allora è fondamentale certificare figure che coadiuvano la direzione lavori, penso ai tecnici che effettuano i controlli da parte dei laboratori ufficiali e/o autorizzati. Un provino fatto male è la base più frequente dei contenziosi tra committenti, imprese e produttori.

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