CAM edilizia e LCA, due pilastri della transizione ecologica
I Criteri Minimi Ambientali (CAM) per l'edilizia e l'analisi del ciclo di vita (LCA) sono strumenti fondamentali per promuovere la sostenibilità nel settore delle costruzioni. Questi due strumenti, insieme, supportano una transizione ecologica verso pratiche edilizie più responsabili, efficienti e a basso impatto ambientale, favorendo la creazione di un ambiente costruito più sostenibile.
L’adozione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) rappresenta uno degli strumenti chiave a livello europeo e nazionale per accelerare la transizione ecologica.
Questi criteri definiscono requisiti ambientali volti a ridurre l’impatto degli appalti pubblici, promuovendo soluzioni più sostenibili nei vari settori produttivi.
In particolare, i CAM Edilizia assumono un ruolo strategico, poiché il settore delle costruzioni è tra i principali responsabili delle emissioni di CO₂ e del consumo di risorse naturali, a causa dell’uso intensivo di materiali come cemento e calcestruzzo.
Per rendere l’edilizia più sostenibile, i CAM forniscono linee guida che incentivano l’uso di materiali a basso impatto, il contenimento delle emissioni e l’adozione di pratiche circolari.
In questo contesto, l’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA) si afferma come uno strumento essenziale per misurare e ridurre l’impronta ambientale degli edifici.
All’interno dei CAM Edilizia, il metodo LCA assume un valore premiante, favorendo una progettazione consapevole basata su dati scientifici.
L’integrazione di questi criteri non solo contribuisce alla riduzione dell’impatto ambientale, ma favorisce anche una maggiore innovazione nel settore, orientando il mercato delle costruzioni verso modelli più sostenibili e responsabili.
Un po’ di storia sui CAM
A livello nazionale, i Criteri Minimi Ambientali (CAM) sono stati introdotti nel contesto normativo come parte delle politiche di Green Public Procurement (GPP), ovvero l’inserimento di criteri ambientali negli appalti pubblici, per favorire la sostenibilità e ridurre l’impatto ambientale degli acquisti pubblici. Tali criteri derivano dalla Direttiva 2004/18/CE sugli appalti pubblici, che incoraggiava l’integrazione di criteri ambientali nei bandi di gara.
Successivamente, la Direttiva 2014/24/UE ha rafforzato questo approccio, rendendo più stringente l’adozione di pratiche sostenibili negli appalti pubblici e spingendo gli Stati membri ad attuare misure concrete.
In Italia, il recepimento di queste direttive è avvenuto attraverso il Piano Nazionale d’Azione per il Green Public Procurement (PAN GPP), redatto dal Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (ex Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) con il contributo del Ministero dello Sviluppo Economico in ottemperanza al comma 1126, articolo 1, della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007), adottato per la prima volta nel 2008 e aggiornato nel 2013.
Questo piano definisce la strategia nazionale per promuovere gli acquisti pubblici verdi orientandoli verso l’efficienza energetica e il risparmio nell’uso delle risorse, in particolare la riduzione delle emissioni di CO2, la riduzione dell’uso di sostanze pericolose e della produzione di rifiuti, e stabilisce le linee guida per l’elaborazione e l’aggiornamento dei CAM nei vari settori.
Il PAN GPP identifica undici categorie di prodotti e servizi considerati prioritari sia per l'impatto ambientale che per il volume di spesa.
Per queste categorie vengono definiti i Criteri Ambientali Minimi (CAM), ovvero requisiti ecologici da integrare nelle diverse fasi degli appalti pubblici, con l'obiettivo di rendere le procedure di acquisto più sostenibili.
In linea con gli obiettivi del PAN GPP, i CAM sono stati introdotti nell’ordinamento italiano con l’art. 18 della Legge 221/2015 (detta anche “Collegato Ambientale”). Tuttavia, in questa fase iniziale, la loro applicazione non era obbligatoria, ma solo raccomandata per gli appalti pubblici.
L'obbligatorietà dei CAM è stata poi sancita con l’art. 34 recante “Criteri di sostenibilità energetica e ambientale” del D.Lgs. 50/2016 “Codice degli appalti” (modificato dal D.Lgs 56/2017), che ne hanno reso obbligatoria l’applicazione da parte di tutte le stazioni appaltanti nelle procedure di gara, distinguendo l’Italia come uno dei primi Paesi europei a introdurre un requisito così stringente.
Il Decreto Ministeriale 24 maggio 2016 ha poi stabilito specificamente i CAM per diversi settori, tra cui l’edilizia, promuovendo l’uso di materiali riciclati, l’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni.
Questo dettato normativo è stato confermato anche nell’ultimo Codice, con l’articolo 57 comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, che prevede l’obbligo di applicazione, per l’intero valore dell’importo della gara, delle “specifiche tecniche” e delle “clausole contrattuali”, contenute nei Criteri Ambientali Minimi (CAM).
Che cosa sono i CAM?
CAM
I Criteri Ambientali Minimi (CAM) sono “i requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo di acquisto, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della disponibilità di mercato” [ ].
Sono detti “minimi” perché rappresentano il livello di requisiti ambientali obbligatorio che deve essere rispettato negli appalti pubblici, senza escludere la possibilità di adottare criteri più ambiziosi.
L’idea alla base dei CAM è quella di fissare una soglia di sostenibilità che garantisca una riduzione dell’impatto ambientale, ma lasciando comunque spazio per soluzioni ancora più ecologiche e innovative da parte delle imprese. In questo modo, le pubbliche amministrazioni possono incentivare pratiche più sostenibili senza imporre vincoli eccessivamente stringenti che potrebbero limitare la concorrenza o la fattibilità economica delle gare d’appalto.
La loro applicazione sistematica ed omogenea consente di diffondere le tecnologie ambientali e i prodotti ambientalmente preferibili e produce un effetto leva sul mercato, inducendo gli operatori economici meno virtuosi a investire in innovazione e buone pratiche per rispondere alle richieste della pubblica amministrazione in tema di acquisti sostenibili.
In Italia, l’efficacia dei CAM è stata assicurata dal Codice dei contratti, che ne ha stabilito l’obbligo di applicazione in forza dell’art. 34 del D.lgs. 50/2016, prevedendo che le stazioni appaltanti debbano integrare le “specifiche tecniche”, ovvero i requisiti ambientali richiesti per i beni, servizi o lavori oggetto dell’appalto, e le “clausole contrattuali”, che vincolano l’appaltatore al rispetto di determinati criteri di sostenibilità nella fase di esecuzione del contratto, nella documentazione progettuale e di gara per gli appalti pubblici, nell’ottica di contribuire al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione.
Tali obblighi sono stati confermati e rafforzati dall’articolo 57, comma 2, del D.Lgs. 36/2023 (nuovo Codice degli Appalti), che prevede l’obbligo di applicazione, per l’intero valore dell’importo della gara, delle “specifiche tecniche” e delle “clausole contrattuali”, contenute nei criteri ambientali minimi (CAM).
Lo stesso comma prevede che si debba tener conto dei CAM anche per la definizione dei “criteri di aggiudicazione dell’appalto” di cui all’art. 108, commi 4 e 5, del Codice.
Questo obbligo garantisce che la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali dei beni e servizi acquistati dalla pubblica amministrazione, ma anche in quello di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, “circolari”, e nell’aumento del numero di occupati nei diversi settori delle filiere più sostenibili.
In tal senso, i CAM vengono periodicamente definiti e aggiornati dal Ministero dell’Ambiente, per adeguarli ai nuovi standard normativi e agli obiettivi ambientali nazionali ed europei, con particolare attenzione all’efficienza energetica, alla riduzione delle emissioni e all’uso di materiali sostenibili.
Lo scorso 6 febbraio 2025, come previsto dal tema 7 del cronoprogramma di attuazione della Strategia nazionale per l’economia circolare, è stato firmato il decreto direttoriale che stabilisce la programmazione delle attività volte alla definizione o aggiornamento dei criteri ambientali minimi per l’anno 2025.
Tra le attività previste, anche la prosecuzione delle istruttorie per l’aggiornamento dei criteri ambientali minimi vigenti del:
- servizio di progettazione ed esecuzione lavori per interventi edilizi di cui al decreto del Ministro della transizione ecologica 23 giugno 2022 (CAM Edilizia);
- servizio di progettazione ed esecuzione dei lavori di costruzione, manutenzione e adeguamento delle infrastrutture stradali di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica 5 agosto 2024 (CAM strade), entrati in vigore a dicembre 2024.
Oltre alla valorizzazione della qualità ambientale e al rispetto dei criteri sociali, l’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi risponde anche all’esigenza della Pubblica amministrazione di razionalizzare i propri consumi, ottimizzando la spesa in un’ottica di medio-lungo periodo. Queste disposizioni mirano a promuovere pratiche di acquisto pubblico più sostenibili, incentivando l'adozione di soluzioni a basso impatto ambientale e favorendo l'innovazione ecologica nel settore pubblico.
QUALCHE ANTICIPAZIONE...
Novità dei CAM 2025 per il settore edilizio: un passo avanti verso la sostenibilità
I Criteri Minimi Ambientali (CAM) stanno diventando sempre più cruciali per promuovere la sostenibilità nel settore edilizio e negli appalti pubblici. Con l’entrata in vigore del CAM strade nel dicembre 2024 e le modifiche previste per il Decreto CAM 2025, il panorama normativo si rafforza, imponendo requisiti più severi per la progettazione e la gestione ambientale delle costruzioni. Tra le novità previste, il nuovo decreto stabilirà controlli più rigidi sulla qualità dell’aria indoor (emissioni di VOC, composti organici volatili), l’obbligo di tracciabilità e certificazione ambientale per i materiali da costruzione, integrazione con il principio DNSH (Do No Significant Harm, uno dei pilastri del Green Deal europeo) e premialità negli appalti pubblici per l’adozione di certificazioni come LEED e BREEAM, etc. Inoltre, il 2025 vedrà l’integrazione dei CAM con il BIM (Building Information Modeling), migliorando la trasparenza e la tracciabilità delle informazioni sulle prestazioni ambientali degli edifici.
LCA, Life Cycle Assessment: che cos’è?
L’analisi LCA è uno strumento essenziale per valutare e ridurre l’impatto ambientale di un prodotto, un processo o un servizio, contribuendo alla transizione verso un’economia più sostenibile e circolare.
Questo metodo scientifico esamina l’intero ciclo di vita di un prodotto, dalla fase di produzione, distribuzione, utilizzo fino alla dismissione e smaltimento, offrendo una visione completa degli effetti ambientali lungo tutte le fasi del processo.
Al termine della valutazione, l’impatto ambientale viene espresso attraverso diverse categorie di impatto, che rappresentano le conseguenze generate nei vari comparti ambientali.
Una delle più rilevanti è il Global Warming Potential (100 years), che misura il contributo al cambiamento climatico in termini di emissioni di CO₂ equivalente derivanti dal consumo di energia e materiali lungo il ciclo di vita.
Una volta stabiliti i confini del sistema, ovvero l’ambito dell’analisi, l’LCA permette di misurare l’impatto ambientale dei vari processi produttivi coinvolti. Questo approccio consente di identificare le fasi più critiche in termini di impatto e di valutare in modo oggettivo e scientifico le performance ambientali di un ciclo produttivo.
In tal senso, l’analisi LCA può essere condotta con diversi approcci:
- dalla culla al cancello (“cradle to gate”): considera il ciclo di vita del prodotto fino alla sua uscita dallo stabilimento di produzione, includendo l’estrazione delle materie prime e i processi di lavorazione;
- dalla culla alla tomba (“cradle to grave”): estende l’analisi fino alla fase di smaltimento, valutando l’impatto complessivo del prodotto dalla nascita fino alla sua fine;
- dalla culla alla culla (“cradle to cradle”): introduce il concetto di economia circolare, in cui i materiali, anziché essere smaltiti, vengono reinseriti in nuovi cicli produttivi, eliminando la produzione di rifiuti e favorendo il riutilizzo continuo delle risorse.
L’obiettivo finale è gestire in modo efficace gli impatti rilevati, adottando strategie per ridurli e, quando possibile, compensarli, contribuendo così a una maggiore sostenibilità dell’intero processo produttivo.
L’analisi LCA è spesso impiegata per confrontare alternative di prodotti o servizi sulla base di criteri ambientali, aiutando a individuare soluzioni più sostenibili. Viene inoltre utilizzata per sviluppare strategie aziendali orientate alla sostenibilità, ottimizzare le filiere produttive e adempiere agli obblighi di reporting ambientale.
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LCA e le 4 fasi dell'analisi del ciclo di vita
L'analisi del ciclo vita è uno strumento che valuta l'impatto ambientale di un prodotto durante tutta la sua vita. Le fasi sono 4: Si parte dalle definizione dell'obiettivo e del campo di applicazione, poi l'analisi dell'inventario, valutazione dell'impatto e interpretazione.
Questa metodologia si basa su standard internazionali e segue principi e linee guida definiti dalle normative ISO 14040 e ISO 14044, garantendo un approccio rigoroso e uniforme nella valutazione dell’impatto ambientale.
A livello europeo l’importanza strategica dell’adozione della metodologia LCA come strumento di base e scientificamente adatto all’identificazione di aspetti ambientali significativi è espressa chiaramente all’interno del Libro Verde COM 2001/68/CE e della COM 2003/302/CE sulla Politica Integrata dei Prodotti, ed è indirettamente suggerita anche all’interno dei Regolamenti Europei EMAS (Reg. 1221/2009) ed Ecolabel (Reg. 61/2010).
Un esempio concreto dell’applicazione dell’LCA è rappresentato dalle Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (EPD), che forniscono informazioni trasparenti e verificabili sulle prestazioni ambientali dei materiali e dei processi produttivi.
CAM Edilizia e LCA, un approccio basato sul ciclo di vita
I CAM sono obbligatori per i nuovi edifici e gli interventi su quelli esistenti della Pubblica Amministrazione, applicabili da tutte le stazioni appaltanti.
Riguardano le diverse fasi del processo di acquisto, con l'obiettivo di identificare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio più sostenibile lungo tutto il ciclo di vita, dal materiale all'uso e smaltimento.
Ogni CAM si riferisce a una categoria merceologica specifica, ma segue una struttura comune che include il riferimento a normative ambientali, le indicazioni per le procedure delle gare d'appalto e l’approccio da seguire per la definizione di ciascun criterio ambientale minimo.
Il Decreto Ministeriale n. 256/2022, ha introdotto importanti aggiornamenti ai Criteri Ambientali Minimi (CAM) per l’edilizia, con l’obiettivo di rendere il settore delle costruzioni più sostenibile e allineato agli obiettivi di transizione ecologica. Le novità introdotte puntano a ridurre l’impatto ambientale degli edifici, migliorando l’efficienza nell’uso delle risorse e promuovendo soluzioni costruttive innovative e a basso impatto.
Recependo le più recenti indicazioni e comunicazioni delle commissioni europee sull’analisi del ciclo di vita, una delle innovazioni rilevanti è l’adozione dell’approccio LCA (Life Cycle Assessment), quale strumento più efficace per la misura della sostenibilità dell'edificio.
Questo metodo permette di valutare l’impatto ambientale di un edificio lungo tutto il suo ciclo di vita, dalla produzione dei materiali alla costruzione, dall’utilizzo fino alla dismissione e al recupero e consente di scegliere soluzioni più sostenibili sin dalle prime fasi del progetto, riducendo il consumo di risorse e le emissioni di CO₂.
Tra i criteri per l’affidamento del servizio di progettazione di interventi edilizi, il decreto considera anche “progetti con impiego di materiali e tecnologie da costruzione a basso impatto ambientale lungo il ciclo di vita, verificati tramite applicazione di metodologie Life Cycle Assessment (LCA), ed eventualmente anche di Life Cycle Costing (LCC), in conformità alle norme UNI EN ISO 15804 (prodotti edilizi) e UNI EN ISO 15978 (edifici) nel settore dell’edilizia e dei materiali edili, per la comparazione di soluzioni progettuali alternative”.
A supporto di questa valutazione, il decreto incentiva l’uso delle Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (EPD), strumenti che certificano l’impatto ambientale dei materiali da costruzione in modo trasparente e misurabile.
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