Calcestruzzo senza cemento? La rivoluzionaria (e incredibile) scoperta che nasce dall'omeopatia
Un nuovo calcestruzzo senza cemento, sviluppato all’Università Teknika di Tulash, potrebbe rivoluzionare l’edilizia sostenibile. Il materiale sfrutta un trattamento elettrolitico della sabbia silicea per attivare una “memoria legante” che si riattiva in fase di miscelazione. I test su un edificio pilota di cinque piani mostrano risultati promettenti, con elevate resistenze e un abbattimento notevole delle emissioni.
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Un recente articolo apparso su Cement and Concrete Research, firmato dal dott. Siyue Yú ha messo in subbuglio l’intero settore dell’edilizia.
Secondo lo studio, un gruppo di ricercatori dell’Università Teknika di Tulash, in Kazakistan, coordinati dal professor Robert Marynarz, avrebbe finalmente trovato il modo di realizzare un calcestruzzo completamente privo di cemento.

Cemento omeopatico
L’aspetto più sorprendente? La tecnologia si baserebbe su un principio di tipo omeopatico. Ecco, in sintesi, come funziona:
1. Ammollo dell’inerte fine
Si prende sabbia silicea, preferibilmente di grana fine, e la si lascia a mollo insieme a pozzolana e a una speciale miscela di elettroliti per 24 ore. Questa fase iniziale servirebbe a “impregnare” il materiale di una sorta di “memoria legante”.
2. Essiccazione con aria ionizzata
Terminato l’ammollo, la sabbia viene asciugata con un flusso di aria ionizzata. Questo processo è studiato per preservare e “fissare” nella sabbia gli ioni attivi, così che mantengano intatte le loro caratteristiche “di memoria”.
3. Attivazione in fase di miscelazione
Al momento di confezionare il calcestruzzo, la sabbia precedentemente trattata viene combinata con acqua contenente una serie di additivi (segreti) che riattivano gli elettroliti. La “memoria legante” si risveglia, e il materiale comincia ad addensarsi e a indurirsi con un meccanismo che, secondo i ricercatori, ricalca esattamente la funzione del cemento (ma senza contenerlo!).
I vantaggi? Secondo quanto riportato dal gruppo di ricerca:
• Riduzione fino al 73% di emissioni di CO₂
Non essendo più necessario il clinker, le emissioni tipiche del ciclo di produzione del cemento vengono drasticamente tagliate.
• Prestazioni meccaniche affidabili
Nei primi 120 minuti il calcestruzzo sembra rimanere piuttosto “fresco” (consistenza fluida), per poi sviluppare resistenze in modo molto rapido. In laboratorio e nel primo cantiere pilota (un edificio di 5 piani, già realizzato e sottoposto a condizioni climatiche estremamente aggressive) si sono raggiunte resistenze a compressione di 45 N/mm² a 28 giorni.
• Possibilità di utilizzo industriale
Negli ultimi dodici mesi, il team ha testato la fattibilità di una produzione su larga scala, con risultati estremamente promettenti.
Attualmente, la ricerca è sponsorizzata dal noto produttore di cemento russo “AprelRyba”, interessato a promuovere tecnologie di avanguardia. Pare che l’impiego di ceneri volanti e pozzolana nel trattamento preliminare incrementi ulteriormente le prestazioni, rendendo ancora più superflua la presenza di cemento e clinker.
Verso la svolta epocale?
Se i test in “scala reale” confermeranno i dati di laboratorio, questa innovazione potrebbe portare a risultati strabilianti nel campo delle costruzioni, con la prospettiva concreta di sostituire in breve tempo l’intera industria del cemento tradizionale.

…e adesso la verità: è un Pesce d’Aprile!
E' il primo di aprile e tutto quello che avete letto fin qui è un Pesce d’Aprile scritto per far sorridere, ma anche per far riflettere.
In effetti, esistono davvero ricerche che puntano a ridurre o a sostituire il cemento come legante nelle costruzioni, ma spesso si tratta di tecnologie molto avveniristiche, che prevedono per esempio l'uso di resti di granchi marini, fondi di caffè, alghe marine ... o legate a sottoprodotti industriali (loppe, ceneri, aggiunte minerali) sempre più difficili da reperire in quantità e che quindi portano alla situazione paradossale che per fare un cemento sostenibile occorra utilizzare una loppa che arriva dal Giappone o dalla Thailandia !!!
Stiamo parlando di un problema molto serio: ci sono oggi aziende che per produrre il cemento in modo più sostenibile stanno investendo decine e centinaia di milioni di euro, con un sforzo in termini di scelte di processo e commerciali che rischia di metterne a rischio anche il futuro industriale. Al tempo stesso, le stesse nazioni che impongono questi miglioramenti green alle proprie industrie, non creano alcuna barriera per quei leganti che arrivano sui loro territori senza avere subito i costi di questi investimenti, e il rischio di far svanire l'effetto benefico dell'innovazione e tanti posti di lavoro locali è quanto mai concreto.
Non basta quindi agire sull'industria ma occorre anche muoversi per la regolamentazione del mercato.
E da un punto di vista tecnico progettuale lo sforzo più concreto e realistico dovrebbe orientandosi verso:
- L’impiego di cementi di qualità, ad alte prestazioni, capaci di ridurre l’impronta di CO₂ grazie a un rendimento meccanico superiore. Questo in particolare per le infrastrutture e quelle opere che richiedono prestazioni finali di un certo tipo.
- Un’ottimizzazione progettuale che consenta di ridurre le sezioni strutturali e migliorare la durabilità, abbattendo di riflesso i consumi di materiale. Puntare quindi su LCA.
- Una maggiore industrializzazione del settore del calcestruzzo, che punti alla qualità e alla capacità di produrre calcestruzzi evoluti, sostenibili e performanti. Quindi meno impianti produttivi ma più avanzati in termini di controllo del processo e organizzazione.
Per ora, quindi, il “calcestruzzo senza cemento” resta una provocazione ironica, ma anche uno spunto di riflessione. In un settore in cui la parola d’ordine deve essere “praticità”, è più realistico concentrare gli sforzi su tecnologie e processi già sperimentati, puntando a ridurre l’impatto ambientale e migliorare la qualità del prodotto tenendo conto della necessità di regolamentare i mercati e guardare alla sostenibilità dell'opera e non del singolo prodotto.
L’innovazione vera nasce dallo sviluppo di soluzioni concrete, capaci di incrementare prestazioni e sostenibilità, più che dall’inseguire visioni ancora lontane dalla realtà.

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