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Calcestruzzo per pavimentazioni: esigenze, specificità e tecnologie disponibili

Partendo dalla descrizione delle principali peculiarità richieste ai calcestruzzi destinati alla realizzazione di pavimentazioni industriali, l’articolo descrive una serie di Tecnologie oggi disponibili per soddisfare tali richieste e realizzare pavimentazioni performanti, funzionali e durevoli.

Gli aspetti peculiari delle pavimentazioni in calcestruzzo

Nell’ambito del settore delle pavimentazioni in calcestruzzo vi sono aspetti tecnologici che, tutto sommato, non presentano particolari peculiarità rispetto agli altri ambiti edilizi:

  • In generale la classe di resistenza a compressione risulta piuttosto contenuta e, salvo casi specifici e particolari, rimane compresa nel canonico range C25/30 – C40/45, in funzione, generalmente, della classe di esposizione ambientale;
  • La classe di consistenza dipende esclusivamente dalla modalità con cui il materiale dovrà essere posto in opera. Ad esempio viene prescritta una classe di consistenza fluida (S4) o meglio superfluida (S5) nel caso in cui il materiale venga “steso” manualmente mediante staggiatura (Figura 1, a), piuttosto che consistenze molto meno fluide nel caso in cui vengano impiegate specifiche macchine (Figura 1, b);
  • Il diametro massimo dell’aggregato, alla luce dei rilevati valori di copriferro ed interferro presenti in una pavimentazione, è pari generalmente pari al massimo disponibile presso l’impianto di preconfezionamento (tipicamente 32 mm);

 

Consistenza del calcestruzzo in funzione della modalità di posa in opera (Crediti: GA)

  

Vi sono invece altri aspetti che, negli altri ambiti costruttivi risultano generalmente poco attenzionati ma che nella realizzazione delle strutture in questione, risultano estremamente decisivi e, per certi versi, critici:

a) Tempi di presa;
b) Ritiro (plastico ed igrometrico);
c) Resistenza all’usura superficiale;
d) Impermeabilità superficiale;

Si tratta di aspetti strettamente legati sia alla tecnologia del calcestruzzo, ovvero alla sua composizione, che alla qualità della sua posa in opera.

   

Additivi superfluidificanti per pavimentazioni

La modalità realizzativa delle pavimentazioni richiede l’esecuzione di fasi lavorative caratterizzate, ciascuna, da precise tempistiche, che sono indipendenti dalla stagione in cui la pavimentazione viene realizzata. D’altro canto, i tempi di lavorabilità del materiale ed i suoi tempi di presa sono fortemente dipendenti dalla temperatura, e quindi dalla stagione lavorativa. Questi due aspetti, se non conciliati, possono comportare serie conseguenze:

  • Nella stagione fredda la cinetica della reazione di idratazione del cemento risulta rallentata e, conseguentemente, i tempi di presa e di indurimento del materiale si allungano. Questo aspetto, se non gestito, potrebbe impedire alle maestranze di completare le lavorazioni di finitura nell’arco della giornata lavorativa (materiale ancora “deformabile” a fine giornata);
  • Nella stagione calda, viceversa, la cinetica di idratazione del cemento risulta accelerata, con la possibile conseguenza di non dare alle manovalanze il giusto tempo necessario per la corretta stesa e compattazione del materiale.

Il primo problema tecnologico che un calcestruzzo per pavimentazioni da affrontare è quindi quello di poter disporre di tempi di presa ed indurimento che siano “modulabili” ed adattabili alla specifica stagione.
Per rispondere a questa esigenza i Produttori di additivi per calcestruzzo devono “specializzare” le formulazioni degli additivi superfluidificanti dedicati al Settore, creando Linee di Prodotto ben distinte da quelle riservate ad altri settori applicativi.

La linea PRIMIUM FLOOR di General Admixtures contempla, ad esempio, tutta una serie di additivi superfluidificanti per pavimentazione, dotati di Marcatura CE secondo UNI EN 934-2, che si adattano alle diverse temperature applicative ed a tutte le tipologie di cemento disponibili sul Mercato.

Essi consentono di progettare e realizzare calcestruzzi capaci di fornire prestazioni costanti indipendentemente dalla stagionalità. Quando si parla di “prestazioni” si intendono, in generale:

  • Lavorabilità;
  • Mantenimento della lavorabilità nel tempo necessario a trasportare il calcestruzzo dall’impianto di preconfezionamento in cantiere;
  • Capacità di ridurre adeguatamente la richiesta di acqua in maniera da garantire lo specifico rapporto a/c necessario (per esigenze strutturali e di durabilità);

A titolo di esempio, gli additivi PRIMIUM FLOOR 110 e PRIMIUM FLOOR 290 si riferiscono a due formulazioni acriliche, concepite rispettivamente per climi invernali ed estivi.

Entrambe consentono di:

  • Ridurre, in maniera modulare (funzione del dosaggio impiegato) l’acqua di impasto;
  • Abbassare, conseguentemente, il rapporto a/c della miscela, con conseguenti benefici in termini di resistenze meccaniche, durabilità e (molto importante) di ritiro;
  • Ottimizzare i contenuti di cemento, riducendo ulteriormente il ritiro igrometrico del calcestruzzo grazie all’incremento del rapporto aggregato/cemento;
  • Migliorare la coesione degli impasti, favorendone uniformità e facilità di posa.

La differenza tra i due, per quanto detto, è che la prima tipologia di additivo (PRIMIUM FLOOR 110) persegue questi obiettivi velocizzando, nel contempo, la cinetica di reazione del cemento, in modo da accorciare i tempi di presa durante il clima freddo.

Il secondo (PRIMIUM FLOOR 290), al contrario, esplicherà le sue funzioni rallentando, nel contempo, l’idratazione del cemento, in modo da garantire alle maestranze il tempo necessario per il completamento di tutte le fasi operative.
L’impiego di additivi fluidificanti/riduttori di acqua di questo tipo rappresenta poi un primo contribuito alla gestione di un aspetto che, per il calcestruzzo destinato alle pavimentazioni industriali, è sempre protagonista: il fenomeno della contrazione da ritiro, con particolare riferimento a quello igrometrico.

È noto infatti che la specifica geometria delle pavimentazioni da un lato esalta il fenomeno del ritiro (plastico ed igrometrico) a causa della elevata superficie esposta all’aria e dall’altro, il loro elevato grado di vincolo, dovuto ad un esteso e continuo contatto con il terreno, ne impedisce la libera contrazione. La sussistenza contemporanea di queste due condizioni crea i presupposti di quella che è la principale (e più temuta) criticità che si associa alla realizzazione delle pavimentazioni in calcestruzzo: la potenziale comparsa di cavillature/fessurazioni da ritiro plastico o da ritiro igrometrico impedito.

  

Ritiro del calcestruzzo: soluzioni tecnologiche per la sua gestione

   

Ritiro plastico

Subito dopo la posa in opera del calcestruzzo, una eccessiva evaporazione di acqua dal materiale alimenta il fenomeno del ritiro plastico che, se non prevenuto, porta alla formazione di cavillature estese (Figura 2, a) che, oltre a penalizzare fortemente la durabilità della struttura, ne compromettono l’estetica.
Operativamente, l’ovvia soluzione che si può attuare per evitare il problema è quello di ridurre il tasso di evaporazione di acqua dal materiale verso l’ambiente (valori di velocità di evaporazione superiori a circa 1 kg/m2·h possono comportare fessurazioni plastiche).

 

(a) Fessure da ritiro plastico – (b) applicazione di un Curing Compound – (c) Fibre polipropileniche (Crediti: GA)

 

Una semplice copertura delle lastre con teli impermeabili o una loro bagnatura continuata (mediante acqua nebulizzata) durante i primi giorni dal getto è sufficiente a gestire il potenziale problema. Una valida alternativa (Figura 2, b) alle soluzioni ora proposte è quella dell’applicazione di membrane anti-evaporanti consistenti in un agente stagionate (curing-compound) che, nebulizzato sulla superficie della pavimentazione, forma un sottile film protettivo che, di fatto, si comporta come un telo impermeabile che blocca l’evaporazione dell’acqua.

Le principali tipologie di Prodotto disponibili si distinguono in stagionanti a base acqua (CURING W) e stagionanti a base solvente (CURING S). Si segnala inoltre, che un valido aiuto nel contrastare lo sviluppo di cavillature plastiche possa arrivare dall’inserimento nel calcestruzzo di piccoli quantitativi di fibre in polipropilene (Figura 1, c), quali le FIBERCOLL MICRA di General Admixtures (Figura 2, c).

 

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