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Calcestruzzo, Felitti: "La EN 206 va semplificata, dando maggiori responsabilità ai produttori"

Il nostro Direttore ed Editore Andrea Dari ha intervistato l'esperto di calcestruzzo Matteo Felitti, che si è espresso sulla progettazione e prescrizione del materiale, toccando anche i temi di sostenibilità e norme tecniche.

Fondamentale la corretta messa in opera del calcestruzzo e la giusta maturazione dei getti

Andrea Dari

Alla luce delle nuove tecnologie, all’uso dei cementi di miscela così come di prodotti speciali, a tuo parere si dovrebbe superare la prescrizione del rapporto acqua/cemento per andare nella direzione di una richiesta prestazionale, per esempio sui limiti della penetrazione cloruri e penetrazione acqua?

Matteo Felitti:

Caro Andrea, diciamolo una volta per tutte: i Progettisti, Direttori lavori ed imprese di costruzione, devono richiedere (ognuno per le proprie competenze), al Tecnologo del Calcestruzzo (Figura professionale ancora poco conosciuta e raramente presente nelle centrali di betonaggio e negli stabilimenti di prefabbricazione), le prestazioni della miscela. Il rapporto a/c, secondo il mio modesto parere, rimane ancora un riferimento (un ordine di grandezza) per il Tecnologo in fase di mix-design, anche per onorare la memoria di Duff A. Abrams (a tal proposito si veda: Design of Concrete Mixtures del 1919, pagina 3).

Progettare miscele prestazionali (in termini di resistenze meccaniche ed in termini di durabilità), infatti, significa mantenere basso tale rapporto, contestualmente ad una elevata lavorabilità in assenza di segregazione (verificabile sulla tavola a scosse a partire dalla classe di consistenza S4, vedi UNI EN 12350-5).

Fondamentale, inoltre, è la corretta messa in opera del calcestruzzo e la giusta maturazione dei getti (vedi Linee guida per la messa in opera del calcestruzzo strutturale – capitoli 6 e 7). Con tali premesse, la richiesta di una bassa permeabilità all’acqua – ad esempio – diventa un obiettivo facilmente raggiungibile.

Il Tecnologo del calcestruzzo in fase di studio di miscele prestazionali.

Andrea Dari:

Nella prescrizione del calcestruzzo dovrebbe essere eliminata la parte di prescrizione a favore di una maggiore esplicitazione delle indicazioni prestazionali lasciando al fornitore di calcestruzzo la libertà di individuare il mix design più corretto per soddisfare le esigenze del progetto e dell’impresa?

Matteo Felitti:

Per quanto mi riguarda, le norme devono dare indicazioni “generali”, una sorta di orientamento per il Progettista – con il supporto del Tecnologo del Calcestruzzo - e non scendere nei “dettagli” del mix-design. Come dicevo nella risposta precedente, le prestazioni devono assolutamente rappresentare gli obiettivi da raggiungere in fase di prequalifica. Inoltre, concordo pienamente con il collega Sergio Vivaldi sulla non necessità di rifare le qualifiche in caso di minime variazioni delle curve granulometriche (le quali ci sono sempre!!!) e piccole modifiche nel dosaggio degli additivi.

Il Tecnologo del calcestruzzo in fase di verifica dei parametri di progetto in centrale di betonaggio.

Andrea Dari:

Oggi la norma UNI EN 206 sulla durabilità è più focalizzata sul calcestruzzo all’interno dello specifico ambiente che all’opera nello specifico ambiente. Qual è la tua valutazione, ovvero, è corretta questa impostazione, oppure la norma dovrebbe essere meno prescrittiva e più limitata alle prestazioni oppure dovrebbe scendere in maggiori dettagli prescrittivi per ogni soluzione?

Matteo Felitti:

La norma dovrebbe essere meno prescrittiva! Lasciare ampio spazio al produttore di calcestruzzo di progettare e testare una miscela coerente con gli obiettivi prestazionali!

Sia nella UNI EN 206 che nella UNI 11104 contesto fortemente la prescrizione sul dosaggio minimo di cemento in funzione della classe di esposizione. Tale prescrizione è incompatibile con gli obiettivi green e inconciliabile con i calcestruzzi per getti massivi, dove si tende a minimizzare il dosaggio di cemento per contenere i delta termici.

Analisi accoppiata temo-meccanica in opere massive in calcestruzzo (LUSAS).

Andrea Dari:

L’impatto sulla sostenibilità del calcestruzzo dovrebbe essere considerata a partire dall’impronta di CO2 del calcestruzzo stesso o considerando il ciclo di vita completo dell’opera?

Matteo Felitti:

Sarebbe interessante considerare l’impatto sulla sostenibilità considerando l’intero ciclo di vita dell’opera (inteso dalla realizzazione, alla fine della sua vita utile), ma credo che, almeno in Italia, ancora non si è raggiunta la preparazione e la sensibilità culturale su tali temi. C’è ancora molto da fare

Andrea Dari:

Ritieni corretto classificare la sostenibilità di un calcestruzzo in base al suo contenuto di cemento (tenendo conto del suo EPD) e degli aggregati di riciclo o ritieni che sia un’indicazione non corretta perché può spingere committenti e progettisti a compiere scelte pregiudiziali che non tengono conto degli aspetti collegati all’opera completa?

Matteo Felitti:

Come già detto precedentemente, la sostenibilità andrebbe classificata relativamente all’intero processo che comprende la realizzazione e la sua vita utile. Non credo abbia significato parlare di sostenibilità relativamente al solo materiale da costruzione.

Andrea Dari:

Ritieni che alla luce dell’evoluzione tecnica del calcestruzzo sia necessario impostare un nuovo modo di presentare il calcestruzzo oppure è corretto mantenere un’impostazione allineata alla EN 206 come oggi?

Matteo Felitti:

In linea generale credo che la UNI EN 206: 2021 sia un punto di riferimento per i professionisti del settore. Ripeto, non condivido in toto il prospetto F.1 alla pagina 71 in quanto lo ritengo superato se si pensa alle prestazioni come obiettivo da raggiungere.

Andrea Dari:

La norma EN 206 andrebbe semplificata riducendo le prescrizioni su componenti e calcestruzzo, puntando su una maggiore responsabilizzazione del produttore e fornitore, oppure aggiornata alle nuove soluzioni aumentando il livello di dettaglio prescrittivo?

Matteo Felitti:

Andrei nella direzione della semplificazione della norma allo stretto necessario dando delle indicazioni generali agli addetti ai lavori. Contestualmente punterei alla responsabilizzazione dei produttori affinché possano avere la capacità di confezionare calcestruzzi prestazionali a minimo impatto ambientale, resistenti, lavorabili, durabili e che raggiungono tutti i requisiti prestazionali dettati dal Progettista.

Credo però che ci sia ancora molto da fare in termini di acquisizione di una Cultura del calcestruzzo, in quanto, ancora oggi, si trovano impianti – seppur dotati di regolare FPC – totalmente inadeguati a confezionare calcestruzzi prestazionali. Inoltre, generalmente, il personale risulta non formato sugli aspetti base della produzione del calcestruzzo.
Ritengo, infine, fondamentale coinvolgere i costruttori in questo “processo formativo” in quanto una corretta messa in opera, insieme ad una appropriata stagionatura dei getti sia indispensabile alla realizzazione di opere durevoli.

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