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Calcestruzzo depotenziato ? definizione utilizzata per “non conoscenza” del problema

Gianluca Pagazzi entra nel perito di uno dei temi periodicamente sollevato dai Media: il problema delle opere non conformi

Il calcestruzzo è un materiale ampiamente utilizzato, si dice il più utilizzato al mondo dopo l'acqua, ma la conoscenza di alcuni suoi aspetti basilari e incredibilmente ancora spesso di livello basso, e di frequente i media generalisti lo "trattano davvero male" incolpandolo di problemi che in genere sono causati da "un altro soggetto". Ho ritenuto utile fare questa breve intervista a un amico, Gianluca Pagazzi, tecnico di grande esperienza, che cortesemente mi ha risposto. Ecco cosa è emerso. 


Calcestruzzo depotenziato ?

Caro Gianluca,

quando oggi un’opera esistente presenta dei problemi strutturali connessi alla qualità del calcestruzzo con cui è stato costruito si usa spesso il termine “calcestruzzo depotenziato”. E’ una frase che ha senso tecnico ? Perchè ho la sensazione che spesso le ragioni stiano a monte, in una prescrizione fin dall’inizio sbagliata dei materiali.

gian-luca-pagazzi.jpgGianluca Pagazzi (GP):  Ciao Andrea, sono anni che ci confrontiamo relativamente a questi argomenti e sembra che tutto regredisca invece di evolvere, ma, come sempre e con la giusta dose di entusiasmo, cerchiamo di dare delle risposte costruttive al “nostro amato mondo del calcestruzzo”.

 … “Calcestruzzo depotenziato” … è un termine che viene spesso abusato dai media, senza nemmeno conoscere il significato di tale definizione: ha molto senso giornalistico e poco senso ingegneristico e normalmente viene utilizzato per indicare calcestruzzi di scarsa qualità, ma la domanda sorge spontanea: tale accoppiata di termini quale delle “caratteristiche” o “caratteristica” del calcestruzzo viene riferita? 

Come ben sappiamo per definire un calcestruzzo, il D.M. 17.01.2018, al paragrafo 11.2.1, recita quanto segue: “La prescrizione del calcestruzzo all’atto del progetto deve essere caratterizzata almeno mediante la classe di resistenza, la classe di consistenza al getto ed il diametro massimo dell’aggregato, nonché la classe di esposizione ambientale, (…)”, più andranno considerate tutte le prescrizioni aggiuntive per l’elemento strutturale che si sta per progettare, realizzare, controllare, compattare e maturare. Quindi, quale delle caratteristiche ha perso potenza?  Definire le specifiche del calcestruzzo è un compito da specialisti e non da tuttologi. La storia di un calcestruzzo deve sempre partire sempre dalla prescrizione in fase di progetto. Quindi, il Progettista studiato e analizzato l’ambiente dove la struttura “opererà” durante la sua vita di servizio, deve formulare le prescrizioni relative alla durabilità, per contrastare il degrado dell’ambiente che la circonda, in funzione della vita nominale e dei carichi a cui sarà sottoposta: le problematiche di durabilità devono essere analizzate prima del calcolo, poiché vincolano la classe di resistenza caratteristica a compressione minima e il copriferro minimo. Per fare ciò, il progettista, analizzato e studiato l’ambiente di servizio, anche con prove e test di laboratorio su acque, terreni o sostanze che entreranno in contatto con il calcestruzzo, dispone di strumenti normativi che lo potranno supportare nella scelta delle caratteriste da prescrivere, che vanno dal D.M. 17.01.2018, la norma UNI EN 206, la norma UNI 11104, l’EUROCODICE 2 e le “Linee Guida per il calcestruzzo strutturale” emesse dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Inoltre, se quanto prescritto in fase di progetto venisse accompagnato da una attenta Direzione Lavori, con raffinati controlli, una corretta posa in opera, adeguate metodologie e tempistiche di maturazione dei getti, completato da un costante monitoraggio e manutenzione delle opere, il calcestruzzo potrà mantenere le caratteristiche per tutta la vita nominale e, probabilmente, eviteremo che improvvisati tecnici e fantascientifici tuttologi che appaiono in televisione, che riempiono le pagine dei giornali e raggiungano la loro massima consacrazione nei social media, sprecassero energie per coniare nuovi termini per definire le prestazioni del calcestruzzo, che già è poco conosciuto dagli addetti ai lavori, figuriamoci da chi non appartiene al mondo delle strutture in calcestruzzo armato.

Per correttezza di informazione, però dubito che chi abusa di tale termine faccia riferimento a quanto riportato nelle “Linee guida per la valutazione delle caratteristiche del calcestruzzo in opera”, emesse dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel Settembre 2017, e presente nei paragrafi che seguono:  

  • “1.2 Finalità” - E’ necessario chiarire, prima di passare ai contenuti del documento, che gli ambiti di applicazione e quindi le finalità delle presenti Linee Guida fanno riferimento a due diverse fattispecie:

a) il caso in cui, con riferimento al Capitolo 11 delle vigenti Norme tecniche per le costruzioni, sia necessario verificare l’idoneità di un calcestruzzo messo in opera in relazione ai requisiti richiesti alla struttura, ovvero alla resistenza caratteristica prevista in progetto. In tale fattispecie l’obbiettivo è quindi solo quello di verificare l’accettabilità del calcestruzzo messo in opera controllando che la resistenza caratteristica strutturale in opera sia non inferiore ad una percentuale prestabilita della resistenza caratteristica potenziale prevista in progetto (attualmente, tale percentuale, come nel seguito precisato, è pari a 0,85 Rck). Per questo caso, si fa riferimento al successivo paragrafo 3.2. (…); 

  • “1.3 Glossario” - Si ritiene opportuno riportare, nel seguito, un glossario contenente la terminologia che verrà utilizzata nel presente documento, e che si auspica possa costituire un riferimento per tutti i tecnici i quali, a diverso titolo, si trovano ad operare nel campo delle prove distruttive e non.

L’utilizzo di una terminologia comune, infatti, può migliorare sensibilmente lo scambio di informazioni ed il dialogo fra diverse parti, in una materia abbastanza controversa e complessa.

Rc  - Valore della resistenza misurata mediante prova di compressione su un cubetto prelevato all’atto del getto, confezionato secondo le indicazioni della UNI EN 12390 e maturato in condizioni standard (resistenza potenziale cubica);

fc  - Valore della resistenza misurata mediante prova di compressione su un cilindro standard (d=15 cm; h=30 cm) prelevato all’atto del getto e maturato in condizioni standard (resistenza potenziale cilindrica) (…); 

  • “3.2 Stima della resistenza meccanica in situ mediante carotaggi, al fine di verificare l’accettabilità del calcestruzzo messo in opera” - La resistenza determinata con i provini estratti per carotaggio Ris (che nel seguito si definisce resistenza strutturale) è generalmente inferiore a quella della resistenza determinata con i provini preparati nel corso della messa in opera del calcestruzzo, costipati e maturati in condizioni standard, Rc (che nel seguito si definisce resistenza potenziale e che rappresenta il limite superiore di quella specifica fornitura). Fra i fattori che determinano tale differenza si possono citare, in termini di resistenza strutturale: le modalità di posa in opera e di compattazione, la maturazione (curing) e l’effetto del prelievo della carota. Il valore di compressione di una carota, infatti, è intuitivamente più debole del valore ottenuto dal suo equivalente provino (cilindrico o cubico, confezionato secondo UNI EN 12390-2) in quanto la superficie di carico della carota contiene frazioni di aggregato “tagliato” non interamente reagenti alla sollecitazione di carico e che contribuiscono, “per adesione”, alla capacità di resistenza della carota e quindi in misura ridotta rispetto a quella di aggregati perfettamente inglobati nell’equivalente campione cilindrico. (…) e quindi il termine depotenziato sarebbe sempre verificato, poiché la resistenza in opera, come riportato precedentemente, è “generalmente inferiore a quella della resistenza determinata con i provini preparati nel corso della messa in opera del calcestruzzo, costipati e maturati in condizioni standard, Rc (…)”;

ma, tali argomenti, sarebbero troppo raffinati e oggetto di pochi cultori della materia.

Quindi, si può dedurre che, “calcestruzzo depotenziato”, è una definizione utilizzata da molti per “non conoscenza” e “moda”, ignorando completamente la tecnologia del calcestruzzo stesso. 

 

gianluca-pagazzi-pavimentazione-industriale-700.jpg 

Aggiunta d'acqua al calcestruzzo: di chi è la colpa ? 

Sicuramente l’aggiunta di acqua in autobetoniera è uno dei “tumori” del settore. Ma dopo tutti questi anni in cui si è parlato dell’importanza del rapporto acqua cemento ha ancora senso parlare di “incoscienza” e mancata conoscenza del problema o piuttosto è più corretto parlare di noncuranza dovuta all’assenza di controlli ?

(GP):  È il “tumore per eccellenza” del calcestruzzo, accompagnato dalla mancanza di maturazione dei getti, purtroppo, è “brutto da dire”, ma non interessa niente a nessuno: chi prescrive, non si capisce il perché, vuole far risparmiare il cliente (privato o stazione appaltante) prescrivendo classi di consistenza meno performanti e quindi meno costose, la maggior parte delle imprese tende a rinunciare alle classi di consistenza “più brillanti” per risparmiare, i controlli in cantiere “sono latitanti”, anzi è latitante il soggetto che dovrebbe farli, vedi alla voce Direttore Lavori, le maestranze cercano di semplificarsi la vita e le fatiche alterando la miscela, massacrando il rapporto acqua/cemento, compromettendo durabilità e resistenza meccanica. Dall’esperienza di cantiere, si è potuto constatare, che nella maggior parte dei casi, l’errore fondamentale viene fatto in sede di progetto e Direzione Lavori, poiché molti tecnici, non conoscono le complessità della messa in opera e compattazione del calcestruzzo,  guardano solo alla voce “costo”, innescando una reazione a catena, che comprometterà per sempre le prestazioni e la durabilità della struttura che stanno per realizzare.

 

Se si aggiunge acqua è perchè si vogliono calcestruzzi più lavorabili. Ma se si fornissero calcestruzzo minimo in classe S4 il problema permarrebbe ? E come può essere che nel 2020, a oltre 50 anni dalla nascita del settore del calcestruzzo preconfezionato, ancora si producano e consegnino calcestruzzi in S2 e S3 ?

(GP): Sono nato il 15 dicembre 1967, ho incominciato per gioco a circa 7 anni, per gioco, ad occuparmi di calcestruzzo e non ho mai capito perché si prescrivevano e si prescrivono calcestruzzi in classe di consistenza S4 o S3, salvo pochissimi casi con “specifiche particolarità”, modalità e relative attrezzatura di messa in opera. Per quanto mi riguarda, prescrivo sempre calcestruzzi con classi di consistenza S5 o F5 o F6, salvo, come riportato precedentemente, per rari casi singolari. I motivi di tali scelte, sono per facilitare la messa in opera del calcestruzzo, facilitare la compattazione, migliorare il risultato finale del getto ed evitare di “indurre in tentazione” le maestranze con pericolose richieste di alterazione della miscela con l’aggiunta di acqua in betoniera.

 

Produzione del Calcestruzzo e mescolatore 

La crisi ha ridotto l’uso dei cosiddetti trasportatori aziendali, facendo ulteriormente esplodere la scelta dei padroncini. In un sistema quindi in cui il trasporto è affidato a terzi, non si dovrebbe arrivare a una maggiore garanzia della qualità del calcestruzzo obbligando l’uso del mescolatore in impianto ? Quali vantaggi si otterrebbero ? In Europa cosa succede ?

(GP): Per prima cosa dipendenti o trasportatori esterni non si dividono in “buoni o cattivi”, sono gli uomini, la loro formazione/conoscenza e la loro coscienza che fanno la differenza. 

Per quanto riguarda la garanzia di qualità del calcestruzzo, il sottoscritto, per tutta la vita “vota” per l’obbligatorietà del pre-mescolatore in impianto, i vantaggi sarebbero tutti per la qualità del calcestruzzo e relativa sicurezza delle opere. In Europa, mi risulta, che sia in uso in tutti i paesi, salvo pochissimi i casi dove non viene utilizzato, ma si deve puntare a raggiungere i migliori e non livellarci verso il basso.

 

Senza la presenza di un mescolatore è possibile garantire - solo attraverso le sonde dell’umidità e l’automazione - il rapporto acqua/cemento finale di un calcestruzzo ?

(GP):  No, non è possibile. 

 

Spesso si è parlato dell’importanza all’uso del mescolatore in generale, senza entrare nel merito della tipologia di mescolatore adatto per una produzione di calcestruzzo preconfezionato. Un mescolatore quindi vale l’altro ?

(GP): No, ne esistono di vari tipi, caratteristiche e performance. Il discorso è troppo complesso per spiegarlo in poche righe. Penso che si deva puntare a pre-mescolatori che mi garantiscano la classe di consistenza con la “giusta” tolleranza e lavorare per la nascita e lo sviluppo di normative specifiche di settore.

 

Certificazione FPC del calcestruzzo

L’obbligo della certificazione FPC è stata ottenuta da tutti gli impianti esistenti senza però portare a un aumento né di prove sul calcestruzzo né di assunzione di tecnici di centrale. Come valuti questa situazione ? Abbiamo ottenuto una certificazione di carta ?

(GP): Per la prima domanda, prendendo in prestito dei termini dall’atletica leggera e riferendomi al “salto in alto”,  sono convinto che “l’asticella deve essere alzata di molti centimetri”. 

In questo momento siamo nella stessa situazione della qualificazioni alla fase finale delle Olimpiadi, dove l’asticella è posizionata a 1.00 m … quanti atleti/e supererebbero tale minimo di qualificazione? Forse 5.000.000.000 di atleti su tutta la Terra … ma se posizionassimo a 2.30 m? …. salterebbero in 16, forse, o anche meno … Ora l’asticella è posta a 90 cm … e qualcuno passa anche sotto, … ma qui sono costretto a fermarmi con ulteriori commenti e riflessioni. 

Seconda domanda: purtroppo si.

 

Prescrizione del calcestruzzo

Una ultima domanda. L’evoluzione tecnologica nel calcestruzzo oggi ha portato alla possibilità di formulare calcestruzzi con caratteristiche e prestazioni un tempo non immaginabili. Ha ancora senso che le norme attuali prevedano la prescrizione di parametri quali il dosaggio minimo di cemento, il rapporto acqua/cemento, … Non si dovrebbe puntare a una nuova evoluzione delle norme in cui ci si concentri di più sull’obbligo di prescrizioni progettuali più moderne, oltre alla Rck e consistenza, quali ad esempio il ritiro, la resistenza alla penetrazione all’acqua, la tenacità e il modulo elastico ...

(GP): Si devono abbandonare le composizioni e prescrivere solo le prestazioni, cioè si deve prescrivere ciò che è misurabile e verificabile allo stato fresco o indurito, specificando per ogni prestazione la norma di riferimento per la verifica della prestazione stessa. La composizione non è misurabile: una volta impastato, il calcestruzzo, non è più possibile ricavare, con precisione, 

le quantità iniziali degli ingredienti che lo costituiscono. Quindi, prescrivere composizioni, oltre a non essere tecnicamente e tecnologicamente corretto, non è nemmeno verificabile in cantiere: basta kg/m3 e avanti con prestazioni!!!

Inoltre, come già abbondantemente riportato nella risposta alla a prima domanda, il D.M. 17.01.2018, al paragrafo 11.2.1, recita quanto segue: “La prescrizione del calcestruzzo all’atto del progetto deve essere caratterizzata almeno mediante la classe di resistenza, la classe di consistenza al getto ed il diametro massimo dell’aggregato, nonché la classe di esposizione ambientale, (…)”, in aggiunta a tutto ciò andranno considerate tutte le prescrizioni aggiuntive per l’elemento strutturale che si sta per progettare, realizzare, controllare, compattare e maturare.

Personalmente, aggiungerei sempre una prestazione a tutte le prescrizioni di calcestruzzo: “la profondità della penetrazione dell’acqua in pressione nel calcestruzzo indurito”, misurata con  norma UNI EN 12390-8.

Tale prestazione, non sarebbe utile solo per verificare se un calcestruzzo potrà essere idoneo per la realizzazione strutture a tenuta idraulica, ma mi fornisce, in diretta, un valido riferimento per capire la “resistenza o non resistenza” alla penetrazione di agenti aggressivi. Per esercizio, consiglierei a tutti, di effettuare la prova su tre calcestruzzi con resistenza caratteristica a compressione C25/30, C32/40 e C35/45 … si avranno delle piacevoli sorprese e potrebbe essere molto utile per capire con quale sensibilità ingegneristica l’uso di un calcestruzzo C25/30, nelle sue classi di esposizione “regine” XC1 e XC2, possa essere inserito in oltre il 60% delle prescrizioni di capitolato e conseguentemente coprire oltre il 60% della produzione di calcestruzzo in Italia … che, a mio parere, è “puro delirio e follia ingegneristica”.

A questo punto bisogna fare molta attenzione ad una cosa, sempre per completezza di informazione, che gli esperti e i professionisti della tecnologia del calcestruzzo, agiranno sempre con la composizione per ottenere determinate prestazioni e il “RE” di tutti i parametri rimane sempre il “rapporto acqua/cemento. Tale rapporto, sarà sempre il punto di riferimento della tecnologia del calcestruzzo e “abbassarlo” l’obiettivo di una vita di ricerca e lavoro. Diminuire il rapporto acqua/cemento, vuol dire aumentare le prestazioni e la durabilità delle strutture, ma tale compito spetta al tecnologo del calcestruzzo, non alla Stazione Appaltante e/o al Progettista e/o al Direttore lavori e/o all’Impresa esecutrice e va sempre ricordato quanto segue:  “per ottenere prestazioni costanti si dovranno sempre avere ricette variabili”, anche se alcune Stazioni Appaltanti e Direzioni Lavori, più o meno blasonate, si ostinano a pretendere la “consegna obbligatoria” dei mix-design e, non contenti di ciò, la pretesa di “bloccare” anche le ricette negli impianti, mi ripeto: “puro delirio e follia ingegneristica”. 

Prima di concludere, … del ritiro vogliamo parlare? Quante volte viene prescritto? Con quale norma e/o prova di riferimento? Può essere una prescrizione trascurabile? Di che tipologia di ritiro si desidera parlare? In quale momento storico della vita di un calcestruzzo? Anche questa “non conoscenza” porta sempre a spiacevoli discussioni in cantiere, della serie “… ci sono delle fessure … è colpa del tuo materiale …”, scordando tutte le altre figure in gioco partendo dal Progettista, passando per la Direzione lavori, l’Impresa, … l’assenza di maturazione, il caldo, il vento, ecc. ecc. e qui devo volutamente fermarmi per non annoiarvi con altri ragionamenti che meriterebbero il giusto spazio per approfondire degnamente questi aspetti

Ringraziando Andrea per avermi coinvolto in questo piacevole scambio di idee nel campo delle strutture in c.a., ringraziando chi ha dedicato tempo e attenzione a questo mio intervento, desidero salutarvi con una frase che ho formulato dopo lunghi anni di battaglie in cantiere: 

Ci sono solo due certezze nella vita: la morte e la fessurazione del calcestruzzo … noi dobbiamo lavorare per mitigare e guidare la seconda” … un carissimo saluto a tutti Gianluca.

  


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