Calcestruzzo del futuro: via le ricette standard, spazio a prestazioni, tecnologia e competenze
Il prof. Giuseppe Carlo Marano invita a superare l'approccio prescrittivo nel mondo del calcestruzzo, puntando su prestazioni, durabilità e nuove competenze. L’innovazione passa anche da figure specializzate e tecnologie come l’intelligenza artificiale.
Nel mondo dell’ingegneria delle costruzioni, il calcestruzzo resta protagonista indiscusso. Ma nel 2025, possiamo ancora accettare che venga trattato con logiche del passato? Ne parliamo con il Professor Giuseppe Carlo Marano, professore e tecnico con una lunga esperienza sul campo, che ci guida in una riflessione profonda sul futuro del settore tra innovazione, sostenibilità e competenze specialistiche.
Andrea Dari:
Nel 2025 ha ancora senso basare la progettazione e la realizzazione delle opere in calcestruzzo sui tradizionali vincoli di dosaggio?
Giuseppe Carlo Marano:
Nel 2025, insistere con un approccio esclusivamente prescrittivo nella progettazione e realizzazione delle opere in calcestruzzo rischia di risultare anacronistico. Lo affermo con l’esperienza diretta di chi ha lavorato nel settore operativo prima di intraprendere la carriera accademica: vincoli rigidi come quelli sui dosaggi minimi di cemento, sui limiti agli aggregati riciclati o sull’uso preciso delle fibre spesso ostacolano l'adozione di soluzioni più sostenibili, efficaci e meglio rispondenti alle reali esigenze delle opere.
Credo fermamente che sia giunto il momento di passare con decisione a un approccio orientato esclusivamente alle prestazioni, dove l'attenzione è focalizzata non tanto sulle quantità e sulla composizione specifica della miscela, quanto piuttosto sulle sue effettive capacità di risposta a requisiti quali resistenza, durabilità, deformabilità e impermeabilità.
Questo cambiamento richiede certamente un salto culturale e tecnico importante, insieme a strumenti di controllo e validazione adeguati e, soprattutto, competenze specializzate.
È proprio per questo che sostengo l’importanza urgente di istituire una figura professionale specifica, quella del "tecnologo del calcestruzzo", riconosciuta e certificata a livello nazionale, che possa fungere da anello di congiunzione tra il laboratorio, il cantiere e la fase di progettazione.
Desidero tuttavia essere chiaro su un punto fondamentale: non possiamo pensare a livelli qualitativi uniformi per tutte le tipologie di opere. È necessario segmentare il mercato della produzione del calcestruzzo in base alla rilevanza strategica e all’importanza delle opere da realizzare. Per opere strategiche e infrastrutture critiche è indispensabile adottare standard qualitativi e prestazionali estremamente elevati, con rigorosi controlli, materiali selezionati e personale altamente qualificato.
Al contrario, per interventi di minore o ridotta importanza, potrebbe essere economicamente sostenibile e accettabile un livello di controllo qualità inferiore, pur garantendo standard minimi di sicurezza.
In sintesi, dobbiamo abbandonare l’idea di sistemi di qualità uniformi e iniziare a differenziare le procedure e i requisiti prestazionali sulla base delle specifiche esigenze e importanza delle opere realizzate. E quindi di avere impianti di produzione “tutti uguali” in quanto uguali non sono.
Personale, strumenti, certificazioni e controlli di laboratorio sono un costo che deve essere sostenuto scientemente non per garantire una generica qualità che viene prescritta, ma per assicurarci delle prestazioni specifiche. E chi è stato sui cantieri sa come non esistono mai soluzioni standard da adottare.
Andrea Dari:
È realistico oggi parlare di prestazioni e durabilità del calcestruzzo con orizzonti temporali di 50 o 100 anni?
Giuseppe Carlo Marano:
È realistico, ma serve rigore. Anzi, mi permetto di dire che serve competenza specifica. Gli strumenti esistono e sono sempre più avanzati: modelli previsionali accurati, metodologie di prova accelerate, tecniche di simulazione e sistemi di monitoraggio sofisticati. Tuttavia, va detto chiaramente che la durabilità del calcestruzzo non si può garantire solamente con prove di laboratorio. È fondamentale un controllo continuo e un ciclo progettazione-produzione-posa in opera-manutenzione coerente e ben coordinato.
Parlare di orizzonti temporali lunghi non è soltanto realistico, ma anche necessario – purché venga compreso che la prestazione non è un valore statico e fisso, bensì un processo da monitorare e governare nel tempo.
Non posso fare a meno di citare quello che, con un richiamo ironico manzoniano, definirei il grande “untore” (nella accezione Manzoniana) delle strutture in calcestruzzo armato: il calcestruzzo armato precompresso (CAP). Oggi, purtroppo, talvolta si fatica persino a nominare il CAP nei contesti tecnici di definizione delle nuove opere, principalmente perché molti problemi di durabilità sono stati effettivamente riscontrati in elementi realizzati con questa tecnologia.
Tuttavia, il problema non risiede nella tecnologia stessa, che considero elegante, efficace ed economica, anzi direi quasi "geniale" quando ben impiegata da progettisti esperti. La questione reale risiede nelle “mancanze” e negli errori commessi in fase di posa in opera, che compromettono le prestazioni e, spesso, impediscono un adeguato controllo e manutenzione durante la vita utile dell’opera.
Pertanto, a mio avviso, il punto cruciale non è tanto il “quanto” (50 o 100 anni), ma piuttosto il “come” garantire effettivamente questa longevità attraverso competenze, qualità di esecuzione e un rigoroso controllo durante tutta la vita operativa della struttura.
Andrea Dari:
Dal punto di vista normativo, qual è oggi la direzione intrapresa da Model Code e Eurocodici?
Giuseppe Carlo Marano:
La direzione c’è, e va verso un graduale superamento dell’approccio prescrittivo, a favore di una progettazione prestazionale. Il Model Code 2020 rappresenta un punto di svolta in questo senso, introducendo criteri di durabilità e sostenibilità valutabili sulla base della prestazione attesa e non di semplici vincoli quantitativi.
Anche gli Eurocodici, nella loro revisione, si stanno muovendo in questa direzione, pur mantenendo ancora elementi prescrittivi per garantire una transizione graduale.
Il futuro sarà prestazionale, ma serve preparazione e consapevolezza lungo tutta la filiera. In breve, , riprendendo un must dei motociclisti boomer come me, sono tre le cose necessarie per la sicurezza del calcestruzzo: controlli di qualità accurati, prescrizioni delle miscele adeguate e cultura del calcestruzzo sempre!.
Andrea Dari:
Siamo in una fase di revisione delle NTC. Quali dovrebbero essere i principi guida di questa revisione?
Giuseppe Carlo Marano:
Le nuove NTC dovrebbero avere il coraggio di abbracciare un paradigma prestazionale, mantenendo però dei requisiti minimi laddove l’esperienza ha mostrato che certe soglie non possono essere ignorate (penso a contesti ambientali aggressivi o opere strategiche).
Fondamentale sarà definire chiaramente le responsabilità lungo la filiera: chi assegna i requisiti di prestazione? Chi li verifica? Chi li certifica in opera? Anche qui torna il tema del tecnologo del calcestruzzo, che potrebbe diventare un nodo chiave per garantire qualità e tracciabilità.Non è un lavorio da fare dietro la scrivania, ma è per colleghi che abbiano maturato una sufficiente esperineza sul campo, cantiere e centrali di betonaggio.
Andrea Dari:
Non ritieni sia giunto il momento anche in Italia di puntare di più su calcestruzzi ad alte prestazioni?
Giuseppe Carlo Marano:
Assolutamente sì. E non solo per grandi opere o progetti speciali. Oggi abbiamo bisogno di calcestruzzi “intelligenti”, capaci di rispondere a più requisiti contemporaneamente: resistenza meccanica, durabilità, basso impatto ambientale, facilità di pompaggio o finitura.
Le alte prestazioni non significano necessariamente costi maggiori, anzi: un calcestruzzo ben progettato e controllato può ridurre i costi di manutenzione e aumentare la vita utile dell’opera. Ma serve un cambio di mentalità.
Andrea Dari:
Perché la filiera del cemento dovrebbe sposare la filosofia delle alte prestazioni?
Giuseppe Carlo Marano:
Perché il mondo è cambiato. L’economia circolare, la riduzione delle emissioni e la durabilità richiesta dalle committenze pubbliche e private impongono un salto di qualità. Tutta la filiera – dai produttori di cemento agli impianti di betonaggio, dai progettisti ai direttori dei lavori – deve iniziare a ragionare per obiettivi di prestazione, non per consuetudini o per "ricette standard".
Chi saprà adattarsi, investire in qualità, ricerca e formazione, avrà un vantaggio competitivo reale. Gli altri, temo, rimarranno indietro. E in questo scenario non posso non considerare l’efficace impiego dell’intelligenza artificiale. Oggi queste tecnologie offrono un nuovo paradigma per tutta la filiera del calcestruzzo: dalla prescrizione al mix design, dalla produzione alla posa in opera, fino al controllo e alla manutenzione. Tutte queste fasi, attualmente spesso scollegate, possono essere integrate grazie alle tecnologie AI che permettono di gestire in modo ottimale immagini, criteri progettuali, analisi e caratteristiche operative.
L’AI potrebbe abbattere drasticamente la variabilità (il “sigma” di produzione) grazie a reti neurali avanzate in grado di apprendere e considerare fattori attualmente trascurati dalle ricette rigide: temperatura ambientale, tempi di consegna, umidità, precipitazioni, condizioni degli inerti, caratteristiche delle betoniere e altro ancora. In breve, un vero e proprio "superdosatore umano smart" – una soluzione che, francamente, sarebbe preziosissima per il settore. E chi è stato nel settore della produzione del calcestruzzo sa quanto possono essere rari…..

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