Calcestruzzi rinforzati con fibre di PET
Sperimentazioni sull’impiego delle fibre di PET provenienti dalla raccolta differenziata nella produzione di conglomerati
CALCESTRUZZI E SOSTENIBILITÀ
La riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, il contenimento del consumo di risorse naturali, il riciclaggio dei rifiuti sono oggi riconosciuti come obiettivi fondamentali per tutti i settori produttivi. Per quello delle costruzioni e dunque anche per la produzione di calcestruzzi, il cui consumo a livello mondiale è secondo soltanto a quello dell’acqua [43], una maggior sostenibilità non può prescindere dal progettare e realizzare opere che siano durevoli. Eppure attualmente circa un terzo della produzione di calcestruzzi è destinata alla riparazione e sostituzione di strutture esistenti (non di rado di recente costruzione)[23].
Il quadro normativo europeo è fortemente orientato all’impiego di materiali da costruzione che rispondano alle esigenze di durabilità, sostenibilità e compatibilità ambientale. Per rendere più sostenibile la produzione dei calcestruzzi è quindi necessario adoperare materiali e tecnologie che consentano di ridurre il consumo di risorse, la produzione di rifiuti e le emissioni di sostanze inquinanti e gas serra in atmosfera [41]. In quest’ottica molte ricerche e applicazioni riguardano sia i cementi sia gli aggregati.
La produzione di una tonnellata di cemento Portland comporta un consumo energetico considerevole, che in relazione alla tipologia di processo adottata può essere contenuta fra 2.900 e 3.300 MJ/t di clinker [2, 45]. La riduzione dei consumi energetici è stata possibile grazie all’introduzione negli ultimi decenni [30] di diverse innovazioni nel processo produttivo, che consentono anche di contenere le emissioni di CO2 in atmosfera: modificando le tecniche di macinazione del clinker (che assorbe circa due terzi del fabbisogno di energia elettrica della produzione di cemento), adoperando combustibili alternativi o adottando tecniche di cattura e stoccaggio del biossido di carbonio (CCS, Carbone Capture and Storage).
Per ridurre ulteriormente l’emissione di biossido di carbonio specifica di una tonnellata di clinker è opportuno: rendere più efficiente l’uso del cemento attraverso una corretta progettazione dei conglomerati (da questo punto di vista rivestono un ruolo importante gli additivi superfluidificanti) [1, 5, 20]; accrescere l’impiego di cementi speciali ottenuti da clinker alternativi al Portland (cementi belitici e cementi a base di solfoalluminati di calcio); soprattutto sostituire parte del clinker con aggiunte minerali e incrementare l’utilizzo dei cementi di miscela (nel 2010 per la frazione di clinker presente nel cemento, o clinker factor, CF, è stato stimato un valore medio mondiale di 0,77 contro lo 0,85 del 2003) [30].
L’impiego di aggiunte minerali consente di riciclare rifiuti altrimenti destinate a discarica, riduce il calore d’idratazione del cemento, migliora la microstruttura del calcestruzzo e ne accresce la resistenza chimica nei confronti di molti agenti aggressivi. La cenere volante, in particolare, è indicata da alcuni autori [20] come il futuro principale sostituto del clinker, dal momento che la sua considerevole produzione, stimata in cinquecento milioni di tonnellate nel 2006 [43], la rende una risorsa di ampia disponibilità.
Gli aggregati costituiscono in genere il 70-80% del volume del calcestruzzo, pertanto il contenimento del loro utilizzo ridurrebbe in modo considerevole non solo le attività estrattive ma anche il volume dei rifiuti da demolizione.
Molti studi e applicazioni riguardano l’impiego di aggregati derivanti dal riciclo di calcestruzzi dismessi [1, 4, 23, 44]. Inoltre negli ultimi due decenni si sono moltiplicate le ricerche su aggregati artificiali ricavati da rifiuti solidi di vario tipo; alcuni sono ottenuti dal riciclo di rifiuti di vetro, da materiali di scarto delle acciaierie, dalle scorie (opportunamente vagliate e private di sostanze nocive) del processo di termovalorizzazione dei rifiuti solidi urbani. La maggior parte degli studi riguarda l’utilizzo di rifiuti plastici come la gomma di pneumatici e i rifiuti di poliuretano espanso, ma anche del densificato poliolefinico, adoperati principalmente nella produzione di massetti alleggeriti.
IL RICICLAGGIO DEL PET NELLA PRODUZIONE DI CALCESTRUZZI
Dati statistici
Secondo i dati pubblicati da PlasticsEurope [28], la produzione mondiale di materiali plastici è cresciuta nel 2011 rispetto al 2010 del 3,7 % (10 milioni di tonnellate), raggiungendo circa 280 milioni di tonnellate nel 2011. Un quinto di questa produzione è concentrato in Europa (Unione Europea, Svizzera, Norvegia), dove la domanda di materiali plastici riguarda principalmente il settore degli imballaggi (39,4%), seguito da quello delle costruzioni (20,5%). I sei materiali plastici più diffusi sul mercato sono il polietilene, il polipropilene, il polivinilcloruro, il polistirene, il polietilentereftalato e il poliuretano. Questi coprono insieme circa l’80% dell’intera domanda europea di materiali plastici, il 6,5% della quale è costituita da PET. Secondo le associazioni PETCORE (PET Containers Recycling Europe) ed EuPR (European Plastics Recyclers) [26, 27] nel 2011 in Europa sono state raccolte per avviarle al riciclo più di 1,59 milioni di tonnellate di PET, il 9,4% in più del 2010, con una raccolta pari al 51% delle bottiglie immesse sul mercato. Del PET riciclato dalle bottiglie il 50% è stato adoperato per nuovi imballaggi, il 39% per produrre fibre per imbottiture, tessuti e non tessuti. Nel “Rapporto sulla Gestione 2012” [3] il COREPLA indica per l’Italia l’immissione al consumo di 2.052 kton d’imballaggi, quantità leggermente inferiore rispetto al 2011 (2.071 kton), ma comunque molto rilevante. Di queste 2.052 Kton il 22,1% è costituito da imballaggi (prevalentemente rigidi) in PET. Nell’ambito del consumo domestico (1.321 delle 2.053 kton) il 23,4 % è costituito da contenitori per liquidi.
La produzione d’imballaggi in PET contribuisce in modo considerevole ad aggravare il problema delle discariche, soprattutto in scarsità o assenza di una raccolta differenziata dei rifiuti; il problema appare ancora più grave se si pensa alle centinaia di anni necessarie perché l’ambiente smaltisca tali imballaggi. In quest’ottica s’inseriscono le ricerche condotte sul riciclaggio del polietilentereftalato nell’industria del calcestruzzo, in forma di aggregato leggero strutturale e non strutturale (l’invenzione di S. Lo Presti dell’aggregato leggero di PET, coperta da brevetto internazionale [15], è stata insignita nel 2007 della medaglia di bronzo al 35ème Salon International des Inventions des Techniques et Produits Nouveux di Ginevra) [11, 12, 17, 18, 21, 22] e di fibre di rinforzo per calcestruzzi [8, 19, 29, 31].
Stato dell’arte della ricerca
Le ricerche sui calcestruzzi rinforzati con fibre di PET riciclato [8, 19, 29, 31], avviate da S. Lo Presti nel 2001 e sfociate nel 2003 in un brevetto nazionale [14], sono state condotte su fibre di varie caratteristiche geometriche, ottenute sia filando prodotti di riciclo del PET [19], sia dal semplice taglio di bottiglie di PET usate [29, 31]. In base ai risultati conseguiti la ricerca è stata indirizzata su questa seconda strada, che favorisce anche una maggior sostenibilità della produzione, essendo le fibre ottenute direttamente dalle bottiglie, senza passaggi intermedi oltre alla pulitura e al taglio; in questo filone di ricerca s’inseriscono anche i recenti studi di Pereira de Oliveira et al. (2011) [25]; J.-H.J. Kim et al. (2008) [9], S.B. Kim et al. (2010) [10] e Won J.-P. et al. (2010) [42] adoperano fibre tagliate da nastri ottenuti dal riciclaggio di bottiglie di PET. Alcuni studi sono stati condotti su fibre ottenute per estrusione da granuli (pellets) di PET ricavati dal trattamento delle bottiglie (Ochi et al., 2007) [24] o per estrusione di ritagli (flakes) di bottiglie (Fraternali et al., 2011) [6]. Nella letteratura scientifica la maggior parte delle ricerche sull’impiego del polietilentereftalato nella produzione di calcestruzzi riguarda il riciclaggio del PET nella produzione di calcestruzzi polimerici.
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