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Brevi Pensieri di Inizio Anno sulla Digitalizzazione nel Settore tra Etica e Finanza

Riflessioni di inizio 2023 del prof. Ciribini dedicate al tema della digitalizzazione, con una conclusione da ricordare

Se si dovesse formulare, riguardo ai processi di digitalizzazione del settore della costruzione e dell’immobiliare, un augurio per un approfondimento per l’anno che è appena sorto, questo dovrebbe riguardare la relazione che intercorre tra di essi e i due ambiti dell’Etica e della Finanza.

In realtà, in termini di maturità digitale, si tratterebbe di riconoscere come, sia pure a fronte di una diffusione della cultura del dato che è contraddistinta da molte, persino contrastanti, velocità, sta affiorando in modo embrionale la consapevolezza che l’universo in continua dilatazione dei metodi e delle soluzioni tecnologiche stia entrando nella sfera, da un lato, delle grandi implicazioni etiche che già colpiscono altri settori economici e, da un altro canto, della loro interiorizzazione nelle logiche dei processi finanziari all’origine degli investimenti, a loro volta permeati dalle nuove istanze valoriali delle scelte sostenibili e degli impatti sociali.

Di conseguenza, in primo luogo, la pervasività del dato nell’ambiente costruito, palese, ad esempio, nella crescente interazione immateriale che si verifica tra contenitori fisici e utenti umani, causa impegnativi interrogativi e genera sfide etiche, interpretabili differentemente nei diversi sistemi economici e politici internazionali.

Secondariamente, la possibilità di misurare in remoto e in tempo reale le intenzioni e le esigenze di investimento attraverso metriche computazionali fa sì che, dopo che molti governi europei ed extraeuropei abbiano riconosciuto nella digitalizzazione dell’ambiente costruito un cruciale dispositivo di politica industriale per ridurre la complessità degli interventi e per mitigare il rischio degli stessi, ciò non sia ancora completamente accaduto, come forma di interiorizzazione, nel mondo finanziario, che, peraltro, come detto, appare sempre più sensibile a considerare come rischiosi quegli investimenti e quegli operatori che non abbiano autenticamente aderito a un sistema di valori inedito rispetto a quello consolidato.

Tutto ciò fa sì che, per un verso, mentre gli attori del mercato più sensibili e avanzati stentino, di fatto, ad andare oltre una versione ottimizzata dei criteri analogici, perseguita per mezzo della digitalizzazione e la più vasta porzione del mercato stenti ad adottarne una versione elementare, è la più autentica essenza del dato stesso, o meglio il suo utilizzo, la sua strumentalità, in un contesto di valori in effettiva evoluzione, a porre e a generare interrogativi.

Ciò accade perché la misurabilità dei comportamenti e l’aspetto intangibile del prodotto immobiliare o infrastrutturale sollecitano evidenti possibilità, ma, al contempo, l’entusiasmo che, in alcuni, questo potrebbe provocare, si accompagna alla coscienza che tale fenomeno possa tradursi in un preoccupante riduzionismo: tra indicatori computazionali delle prestazioni e valutazioni di conformità ai nuovi valori.

In definitiva, una migliore digitalizzazione richiede interpreti più consapevoli.

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