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Bonus prima casa: conta la superficie utilizzabile, non quella abitabile

Agenzia delle Entrate: il carattere lussuoso di un'abitazione è determinato anche dalla metratura. Fuori dal calcolo balconi, cantine, soffitte, scale e posto auto

Cassazione: il carattere lussuoso di un'abitazione è determinato anche dalla metratura. Fuori dal calcolo balconi, cantine, soffitte, scale e posto auto

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Quando si può dire che un'abitazione è di lusso e quindi esclusa dall’agevolazione per l’acquisto della prima casa? Lo precisa, e bene, l'ordinanza 11620/2020 della Cassazione Civile, dove si chiarisce che è irrilevante l’abitabilità ma conta solo l’utilizzabilità degli ambienti.

La controversia, nello specifico, concerne l'impugnazione dell'avviso di liquidazione con il quale l'Ufficio fiscale esigeva il pagamento dell'imposta e delle sanzioni irrogate in conseguenza della revoca dell'agevolazione prima casa chiesta dalla contribuente in quanto l'immobile acquistato aveva una superficie utile superiore ai 240 mq e doveva quindi considerarsi avente caratteristiche di lusso.

La superficie utile

La contribuente contesta la sentenza di appello, imputandole l'erronea considerazione della "superficie utile", in essa computando anche gli spazi "non abitabili" e lo spazio adibito a "posto auto". Ma per la Cassazione il ricorso non è fondato e in parte anche inammissibile, visto che, secondo il costante orientamento della Cassazione, «in tema di agevolazioni cd. "prima casa", ai fini dell'individuazione di un'abitazione di lusso, nell'ottica di escludere il beneficio, la superficie utile deve essere determinata avuto riguardo alla utilizzabilità degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituendo tale requisito il parametro idoneo ad esprimere il carattere "lussuoso" dell'immobile. Ne consegue che il concetto di superficie "utile" non può restrittivamente identificarsi con la sola "superficie abitabile", dovendo interpretarsi l'art. 6 del d.m. n. 1072 del 1969 nel senso che è "utile" tutta la superficie dell'unità immobiliare diversa dai balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto macchine e che nel calcolo dei 240 metri quadrati rientrano anche i soppalchi» (Cass. n. 29643 del 2019).

Il posto auto

Quanto al "posto macchina" nel caso di specie ci troviamo di fronte ad un accertamento di fatto del giudice di merito sottratto, per inidoneità della critica ed assenza di convincenti prove contrarie, alla valutazione del giudice di legittimità: tanto in primo grado, quando concordemente in appello è stata esclusa la valutabilità come strutturalmente assimilabile a "posto auto" (tale ritenuto dalla contribuente") di uno "spazio" della complessiva "superficie utile" che è risultato separato dal resto da una semplice scaffalatura metallica alta circa 2 metri e privo di chiusura verso lo spazio comune di manovra.

Case di lusso e categorie catastali

Si passa, infine, all'esame della debenza delle sanzioni in ragione dello 'jus superveniens' di cui all'art. 10, comma 1, lettera a), d.lgs. 23/2011, il quale, nel sostituire il secondo comma dell'art. 1, parte prima, della tariffa allegata al dpr 131/1986, ha sancito il superamento del criterio di individuazione dell'immobile di lusso - non ammesso, in quanto tale, ai benefici "prima casa" - incentrato sui parametri di cui al d.m. 2 agosto 1969, collegando, con decorrenza dal 1° gennaio 2014 (mentre nel caso di specie l'acquisto è del 2009), l'esclusione dalla agevolazione alla circostanza che la casa di abitazione oggetto di trasferimento sia iscritta in categoria catastale A1 (abitazioni di tipo signorile), A8 (abitazioni in ville); ovvero A9 (castelli e palazzi con pregi artistici o storici), mentre nel caso di specie l'abitazione risulta iscritta nella categoria catastale A/7.

Se ciò lascia immutata la situazione in relazione alla debenza dell'imposta, evidneiza la Cassazione, non si può giungere alle stesse conclusioni per quanto riguarda le sanzioni irrogate: in ambito tributario infatti il legislatore ha voluto sancire la regola della non ultrattività della norma (tributaria) sanzionatoria, prevedendo (art. 3, comma 2, d.lgs. 472/1997) che non si possa essere assoggettati a sanzioni per un fatto che, secondo la legge posteriore, non costituisce più violazione punibile, sia nei casi in cui la legge posteriore si limiti ad abolire la sola sanzione, lasciando in vita l'obbligatorietà del comportamento prima sanzionabile, sia nell'ipotesi in cui venga eliminato un obbligo strumentale e, quindi, solo indirettamente la previsione sanzionatoria.

Semplificando: nel caso di specie, sussistendo la controversia anche sulle sanzioni (essendo in discussione la debenza dell'imposta), se il ricorso deve essere respinto confermando l'avviso di liquidazione con riferimento alla obbligazione di imposta (e relativi interessi), deve essere allo stesso tempo stabilito che non sono dovute le sanzioni irrogate, annullando sul punto l'atto impositivo impugnato.

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