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BIM: Alfabetizzazione, Aggregazione e Selezione

BIM: Alfabetizzazione, Aggregazione e Selezione

Automation is a long-run problem that demands a long-run solution. Convincing manufacturing companies to keep — or bring back — jobs, one company at a time, is not going to restore the millions of jobs that have been lost to technological change. We must reorient educational institutions and job training around “human” skills that are difficult to automate. These skills include creativity, complex problem-solving, and the ability to work with others in fluid, team-based settings.
David Deming
 
Clients are starting to ask architects to deliver more than just drawing sets. They are eyeing the data-rich BIM models that firms use to document projects as a way to supply data for downstream applications, such as facilities management.
Daniel Davis
 
Il 24 Gennaio 2017 la Sottosegretaria al Ministero Federale delle Infrastrutture Digitali e dei Trasporti Dorothee Bär, nel corso della presentazione, a Berlino, del BIM Master Plan del proprio dicastero, lo collocava all'interno della concezione di una Digitale Nation.
Per la verità, con ogni probabilità, anche altri dicasteri federali seguiranno a breve, così come i principali stati germanici, quali, ad esempio, la Renania Palatinato e la Baviera.
Non vi ha dubbio, tra l'altro, che la Germania sia il Paese a cui guardare con maggiore attenzione, sia per il suo ruolo nella UE (in materia di investimenti pubblici) sia, soprattutto, per la struttura conservatrice del mercato domestico, non dissimile, sebbene di maggiore entità, da quello nostrano, anche se oltralpe sia la Bundesarchitektenkammer (BAK) - con il volume intitolato BIM für Architekten - 100 Fragen - 100 Antworten- sia il Verein Deutscher Ingenieure (VDI) - con la Richtlinie VDI 2552 Blatt 3 „Building Information Modeling – Mengen und Controlling - hanno dimostrato una maggiore tempestività nell'assumere l'iniziativa.
Basti, a ogni buon conto, guardare al numero di architetti in valore assoluto e alla dimensione unitaria degli studi professionali per intuire quanto quello debba essere per l'Italia un termine di riferimento.
Accade, tuttavia, spesso di chiedersi, oziosamente, per quale ragione il Grande Racconto del «BIM» (o, per meglio dire, della Digitalizzazione) non sia sorto nel Nostro Paese, bensì altrove in Europa: trascurando gli Stati Uniti. 
Succede, in effetti, di domandarsi per quale ragione nessuna Rappresentanza lo abbia eretto a icona della propria, appunto, autorappresentazione, tanto più che, tutto sommato, gli stessi «paesaggi» della Rigenerazione Urbana o della Prevenzione Territoriale sono sempre collegati alle catastrofi naturali e alla crisi strutturale, non a prospettive «positive», «rivoluzionarie».
Certo, la Finlandia, tra gli altri, può vantare in Tekla (ora acquisita da Trimble) una delle più antiche softwarehouse.
E' ormai noto che nel Paese Nordico, alla svolta del nuovo secolo, alcuni programmi di ricerca hanno generato una Cultura Digitale, che ha funto da riferimento internazionale per almeno un decennio, mentre nei Paesi Britannici il «BIM» è stato considerato come abilitante di un Processo di Revisione del Mercato solo dopo il primo decennio del XXI secolo.
In realtà, la visibilità della Finlandia si è, in parte, attenuata (a favore, nella stessa regione, della Norvegia), mentre il primato del Regno Unito si è consolidato, anche in termini comunitari e appare destinato a essere inserito a pieno titolo nella Global Nation, proprio come si diceva per la Germania.
Vi è stato, dunque, un Governo quello Britannico, (con l'allora ministro Francis Meade e con il Chief Advisor Paul Morrell) capace di creare un vero e proprio Brand Internazionale da proporre sui Mercati Internazionali, come dimostra, ad esempio, l'accordo stipulato con il Governo Cileno e la menzione esplicita del «BIM» fattane dalla Presidentessa della Repubblica.
Di fatto, esiste un marketing legato al «BIM» interstatale, come dimostra, ad esempio, un recente accordo intercorso tra la Bielorussia e Singapore.
Oltre a ciò, molti altri titolari di dicasteri hanno valorizzato il tema, da Cécile Duflot a Sylvia Pinel, da Emmanuelle Cosse ad Ana María Pastor Julián, da Graziano Delrio ad Alexander Dobrindt, per giungere a Mikhail Men. Alexander Dobrindt, in particolare, ha manifestato una particolare sensibilità, come è evidente in un recente articolo comparso sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung e in occasione del 2. Zukunftsforum zur Digitalisierung des Bauens.
Analogamente, vi sono stati Chief Executive Officer, come quello di Skanska, che hanno fatto del BIM un importante elemento reputazionale e strategico a livello aziendale.
Tra l'altro, è degno di nota il tentativo di definire un Manuale di Riferimento per la Committenza Pubblica promosso dalla Commissione Europea che rifletta punti di convergenza tra prassi e culture assai differenti, messo a punto da una vastissima delegazione di committenti pubblici di 24 Stati Membri e associati.
A seconda dei casi, hanno prevalso i processi, i metodi o gli strumenti nelle modalità di enfatizzazione e di comunicazione, ma, comunque sia, in tutti essi è stato presente un forte accento trasformativo, più o meno graduale, ma caratterizzato dai toni della ineluttabilità, poiché la nozione di «obbligatorietà» si riferisce al non potersi sottrarre: all'inevitabile.
Sicuramente, come si accennava, per quanto la popolarità dell'acronimo BIM sia in crescita esponenziale anche in Italia, esso è sempre da Noi stato circoscritto entro i confini di una innovazione puntuale, denotando una grande difficoltà, appunto, narrativa in relazione alla Digitalizzazione che, prima dell'avvento del Programma Nazionale Industria 4.0, molto caratterizzato dagli iper ammortamenti fiscali sui macchinari invece che non dalle analitiche cognitive, denotava la classe dirigente domestica.
Ciò che ci si propone, infatti, con il Milan ISTeA Workshop, infatti, è proprio di accostare a un Récit su Cognitive Building, Digital Built Europe, Smart Infrastructure, ancor più esteso ed ambizioso di quelli che, con non poche distorsioni, sono infine giunti agli italici lidi, una riflessione critica, ma prospettica, sul mood e sul modus locale di recepire la tematica.
Non che non si possano vantare alcune esperienze che di sicuro non sfigurerebbero a livello internazionale (relativamente nella Domanda, certamente nell'Offerta Professionale e Imprenditoriale): ma l'indifferenza iniziale, una ricezione superficiale successiva, l'interesse un po' riduzionista attuale, possono suggerire alcune linee interpretative, ma anche operative.
L'inevitabilità di questa Digitalizzazione, di cui il «BIM» è solo una porta di accesso, appare ancora assai retorica, nominale, mentre le nozioni e i concetti espressi dai «pionieri» diversi anni or sono suonano oggi piuttosto mediocri e abusati, come se facessero parte più di una litania scontata che non di una spinta propulsiva.
Conviene, allora, per prima cosa, provare ad associare il «BIM» ad altre categorie, come Aggregazione e Selezione, per dire che vi sia uno stretto nesso tra la Digitalizzazione e la Riforma della Pubblica Amministrazione Digitale, la Incentivazione Fiscale per le Reti Professionali, i Contratti di Lavoro per le Imprese di Costruzioni.
E' opportuno, pertanto, tentare di costruire una infrastruttura istituzionale che permetta di fare del BIM una Determinante del Cambiamento che agisca sui contesti effettivi in maniera non settoriale, in quanto si sta discorrendo di Riconfigurazione del Mercato.
Naturalmente, il «BIM», a titolo di esempio, nella pratica professionale, si confronta, da un lato, con la necessità, inedita, di precisare, nei livelli precoci della progettazione, elementi e scelte solitamente posticipati (o indeterminati), sconvolgendo processi antichi e consolidati: ma, a questo proposito, non a caso, puntualmente interviene il Consiglio di Stato a cercare di congelare questo approccio, sancito in un decreto applicativo del Codice dei Contratti Pubblici.
Ovviamente, la collaborazione risulta un elemento fondativo del «BIM», ma, nella quotidianità, il sentire degli architetti è, ad esempio, teso a prendere le distanze dai costruttori, a distinguersi nettamente ruoli e responsabilità, come dimostra la scomparsa dell'appalto integrato: oggi, appunto, dis-integrato.
Ecco, perciò, che la formidabile narrazione originaria, sorta in un Paese che, non a caso, a torto o a ragione, avendo successo o meno, oggi si pone come Globale, è giunta piuttosto attenuata nella Penisola, tanto più che essa su ciò non ha certo ambizioni mondialiste (anche se, ormai, isolazionismo e protezionismo si profilano a tutti gli orizzonti).
Ma, soprattutto, di là dei soggetti professionali e imprenditoriali più internazionalizzati, la Rivoluzione Digitale non sembra essere in grado di scalfire in profondità ataviche resistenze, radicate in mentalità arcaiche che sono parte costituente di una identità difficilmente sostenibile, ma pervicacemente tutelata.
Sotto questo profilo, l'auspicio è che le esperienze pratiche invertano la percezione diffusa: resta il fatto, però, che è improbabile che intere generazioni (persino, in parte, quelle in corso di formazione) possano fare di prassi collaborative e integrate un metro di lavoro, allorché sono costitutivamente impregnate del contrario, di pratiche antagoniste e distintive.
A meno che gli strumenti del «BIM» non siano intrinsecamente in grado di costringere gli attori a una radicale inversione di rotta, è altamente inverosimile che ciò possa accadere
Il problema è che, tuttavia, sia pure nella sua propria retorica rivoluzionaria, l'Industria 4.0, la Uberification, la Smart City e quant'altro, sembrano promettere una Cesura, un Cambio di Paradigma, sino all'automazione degli algoritmi progettuali e alla robotizzazione del cantiere.
Certo, formulate in queste modo, tali previsioni appaiono remote e velleitarie, anche se, proprio nella realtà, esse si sono già parzialmente avverate, ad esempio, sulla sensoristica applicata al cantiere.
In realtà, oltre alla complessità delle lavorazioni (si pensi, ad esempio, ai sofisticati trattamenti di un cantiere di conservazione), lo stesso valore aggiunto traibile dall'automazione dei processi cantieristici potrebbe risultare assai meno significativo che non in quelli manifatturieri.
Epperò, ciò che ISTeA vorrebbe sollecitare a essere discusso, è la possibile coesistenza tra un apparato mentale degli operatori che resiste ostinatamente a molte evoluzioni dei segmenti del mercato stesso (perché tutta questa attenzione al costruito esistente non è che abbia dato vita a generatori di operatori così specializzati e sensibili) e un mutamento dei prodotti immobiliari e infrastrutturali stessi che spesso viene avvertito come meno drammatico del previsto o del preteso.
Quale è, perciò, la strada percorribile per introdurre il significato ultimo del «BIM» in un tessuto committente, professionale e imprenditoriale che stenta a coglierne la portata epocale e pervasiva al livello della seniorità in cui abbondano solo i sedicenti BIM Manager che, in ultima analisi, non sono spesso altro che giovani in cerca di una possibilità professionale, stretti nella morsa delle centinaia di migliaia di architetti, geometri, ingegneri, periti?
La discesa dalle Grandi Narrazioni che sono tese a stupire i maggiori committenti internazionali verso la Piccola Banalizzazione che coinvolge gli operatori della micro professionalità e della micro imprenditorìa locale è abissale: si tratta di dimensioni incomparabili che, tuttavia, possono essere accomunate dall'uso degli strumenti.
Essi, infatti, con la diffusione presso una base allargata di operatori, potrebbero mostrare alcuni limiti già oggi evidenti come funzionalità proprie e come interoperabilità tra loro e con altre tipologie di applicativi informatici.
D'altra parte, se prevalesse il modello informativo «neutro», nel senso di perfettamente esportabile e verificabile, lo strumento proprietario dovrebbe differenziarsi per prestazioni aggiuntive e, comunque, al centro dell'attenzione avremmo sempre più i Dati, sempre meno i Documenti.
Se, entro certi limiti, tutto ciò è relativamente prossimo sotto il profilo tecnologico, assai di meno lo è sotto quello culturale, poiché attori cooperativi, dialogici e interattivi, capaci di interferire attraverso le analitiche dei dati non paiono, come ribadito, davvero essere facilmente rintracciabili sul mercato in queste generazioni, né l'Accademia, così come altri, pare veramente andare oltre la formazione di operatori strumentali, più che non attrezzati.
Potrà l'affidamento degli strumenti essere sufficiente senza una evoluzione dei quadri contrattuali, dei contesti organizzativi e degli apparati culturali?
La risposta sarebbe totalmente positiva solo a condizione di asserire che tutto questo potrebbe essere permesso dalla scomparsa del lavoro umano...
Fuori da paradossi, l'elemento che affascina maggiormente, nella ricerca delle modalità di disseminazione capillare del BIM, non può che consistere nella contraddizione tra un gruppo relativamente ristretto di «innovatori» (specialmente, ma non solo, nelle realtà professionali più aperte ai mercati internazionali: in quanto il BIM è ancora percepito in connessione al progetto e al professionista) e una platea allargata  recalcitrante agli investimenti strumentali, agli accorpamenti societari, ai processi sistematici.
È difficile per queste moltitudini di micro organizzazioni poter andare oltre «lo» strumento (giacché se ve ne fossero diversi, la situazione diverrebbe intollerabile), poterne afferrare la portata (non a caso si parla di esenzione, non di adozione).
Sarebbe inopportuno esercitare pronostici che non tengano conto della celerità della penetrazione della tecnologia e dello strumento: ma che accadrebbe se, da domani, il «BIM» divenisse «obbligatorio»?
L'unico modo per misurarne la adozione sarebbe la verifica del possesso di licenze per applicativi informatici, ma è noto che si tratti di un indicatore poco rilevante per comprenderne l'effettivo utilizzo, oltre che per restituire il significato della Trasformazione Digitale.
Il tema, allora, riguarda le condizioni per cui un tema pervasivo e sistemico possa essere considerato come tale da Domanda e Offerta che lo affrontano, invece, come circoscritto e puntuale.
Nei prossimi due o tre anni il «BIM» dovrebbe costituire una emergenza, nel senso di un tema fondante che coinvolge la maggior parte degli operatori.
Dopodiché esso sarà rapidamente assimilato e derubricato a un affare risolto: scansato, neutralizzato o interiorizzato? Si tratta di attribuzioni non così diverse della medesima nozione di obbligatorietà.
 
 

 

 

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