Data Pubblicazione:

Aurelio Uncini: i BIG DATA solo il nuovo petrolio, gli ingegneri che ruolo vogliono avere ?

Dal Congresso Nazionale parte la richiesta di Ingegneri con competenze più trasversali

Nel 5° MODULO del 61° Congresso Nazionale degli Ingegneri si è parlato di “MANIFATTURA 4.0: L’INGEGNERIA ALLA SFIDA DELL'INNOVAZIONE E DELL'EFFICIENZA “ con la partecipazione di Umberto Bertelè (Professore Emerito, School of management Politecnico di Milano), Gianni Potti (Presidente CNCT Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici), Aurelio Uncini  (Professore DIET Università La Sapienza di Roma).

Gianni Potti ha ricordato che INTERNET ci sia 30 anni, ma il vero fattore che cambia il gioco industriale del mondo è che sono cambiati i mezzi di produzione: UBER è il più grande servizio di taxi nel mondo, FACEBOOK non produce contenuti, ma è il più grande distributore di contenuti del mondo … è cambiato il paradigma della produzione industriale nel mondo. Siamo all’inizio di un cambio di paradigma su mezzi e produzione che avrà una costante accelerazione fino almeno al 2030. L’Europa ha stanziato 50 miliardi per finanziare la manifattura 4.0 e chi sta più cogliendo questa visione sono le aziende tedesche. Siamo nell’era del Cyber Fisico, tutto ciò che corre sulla filiera dell’ICT. E in questo contesto ciò che conta di più nel modello operativo in fabbrica è la flessibilità. La velocità con cui cambia la domanda nel mercato di oggi obbliga l’industria a una capacità enorme di adattabilità. La Mercedes ha eliminato linee di produzione in robots per reinserire degli uomini, perché gli uomini sanno rispondere in termini più veloci all’esigenza di flessibilità. Ma se gli uomini tornano più importanti occorre mettere al centro di ogni progetto industriale l’acculturamento culturale del personale. L’industria 4.0 è più vicina alla risorsa umana rispetto ai paradigmi precedenti. E vanno riviste le competenze, si ha bisogno di tecnici con competenze ingegneristiche più moderne e trasversali. Ingegneri con competenze digitali ed economiche.

Lancia quindi una proposta: una grande alleanza tra professione e industria.

Bertelè parte dal tema della remunerazione. I nostri migliori laureati guardano all’estero perché in Italia non trovano proposte soddisfacenti ne da un punto di vista economico che di prospettive di carriera. In Italia non c’è il coraggio di fare differenza di trattamento in funzione del merito. E’ colpito del fatto, peraltro, di come l’ingegneria italiana si occupi così poco della relazione tra aspetti tecnici ed economici. La direzione che abbiamo presa è preoccupanti, stiamo costruendo degli schiavi e non dei leader.

Per quanto riguarda queste aziende digitali: sono partite come aziende leggere, ma stanno diventando pesanti. AMAZON ne è l’esempio più concreto. Sono partite come strutture snelle e senza investimenti immobiliari, oggi posseggono centri logistici, navi, … Infine va sottolineato che la rete non è democratica e sta spingendo verso le grandi concentrazioni.

Gianni Potti su questo ultimo punto sottolineo il pericolo della colonizzazione dei nostri mondi industriali. Dobbiamo cercare una via italiana alla fabbrica.

Aurelio Uncini  è chiamato ad evidenziare cosa faccia l’Italia. La risposta è “quello che si po’”. In Italia non c’è una politica di sostegno della ricerca e questo lo paga anche l’università.

Sul tema del cambio del paradigma Uncini evidenzia come il cambiamento non stia riguardando solo l’industria ma l’intera società, e questo cambiamento ha creato il nuovo oro nero: le informazioni sono oggi il valore più prezioso che possa essere gestito nel mercato. Quando Google entrerà nel mondo delle assicurazioni o industriale, conoscendo perfettamente i gusti del mercato.

D’accordo Bertelè su questi rischi. Per reagire occorre costruire delle filiere forti, perché le grandi aziende italiane stanno cadendo una dopo l’altra. Il rafforzamento delle filiere e sulla loro capacità di poter essere internazionali e quindi importante.

Per Uncini le PMI italiane durante la crisi hanno rallentato la capacità di innovazione, per esempio questo si vede dal rinnovamento del parco macchine. Sul digitale la guida ce l’ha Germania. Gli altri fanno le cose, i nostri politici fanno gli annunci.

Per Bertelè in Italia c’è una politica di protezione degli zoombie. Le banche e il paese continuano a sostenere e proteggere settori industriali ormai morte, e che camminano quindi come zombie, non ci sono i soldi per le nuove attività. Il professore entra anche nel merito della formazione: con un’evoluzione così forte anche il mondo della formazione deve maturare una flessibilità che consente a chi ne usufruisce di poter utilizzare questo bagaglio culturale che acquisisce.

Per Potti la dissemination culturale deve essere l’obiettivo fondamentale degli ordini territoriali e nazionali. E occorre cambiare anche il modo di comunicare l’innovazione. Stiamo proponendo l’innovazione come se fosse fatta solo di start up miracolose. La responsabilità è di tutti: dobbiamo fare capire che l’alfabetizzazione digitale sia diffusa.

Negli USA la grande pubblicità la si fa facendo vedere chi è diventato ricco. Nella cultura mitteleuropea diventare ricco è quasi una colpa, e questo toglie un elemento di sostegno alla comunicazione.

 

Ecco le domande finali:

quanto è importante che il CNI operi per la definizione delle politiche industriali legate alla manifattura 4.0 ? 79% favorevole