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Asservimento urbanistico e implicazioni sulle concessioni edilizie

L'asservimento urbanistico è una procedura fondamentale nel settore edilizio che consente di trasferire la volumetria edificabile da un fondo a un altro. Recentemente il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5243/2024, in risposta al ricorso presentato avverso il comune di Afragola, ha confermato la validità degli asservimenti urbanistici.

Asservimento urbanistico e l’utilizzo di volumetria edificabile delocalizzata

L'asservimento urbanistico è una procedura legale prevista dalla disciplina urbanistica, che consente l’incremento del volume edificabile di un fondo, sfruttando la volumetria concessa ma non utilizzata di un altro terreno situato nella medesima zona, ciò implica che il terreno asservito venga vincolato a una permanenza di inedificabilità. Il fondo asservente, che acquisisce la nuova capacità edificatoria, e il fondo asservito, che cede la propria capacità edificatoria, possono anche non essere attigui (delocalizzazione della volumetria edificabile) purché essi appartengano alla medesima zona territoriale omogenea (ZTO).

In sintesi quindi, con l’asservimento si trasferisce la capacità edificatoria da un terreno ad un altro imponendo un vincolo di inedificabilità sul fondo “asservito” a vantaggio del fondo “dominante”.
L’atto di asservimento urbanistico consente di gestire in modo più flessibile le capacità edificatorie all’interno delle normative urbanistiche vigenti, imponendo dei vincoli permanenti sui terreni asserviti per evitare elusioni delle norme sull’indice di edificabilità.

I vincoli di asservimento principali sono:

  • il vincolo di inedificabilità, che rappresenta una limitazione sul diritto reale di proprietà, in quanto proibisce la costruzione di nuovi edifici o la modifica di quelli già esistenti su un certo terreno;
  • il vincolo di asservimento, il quale limita i diritti di proprietà su un terreno, per agevolare la realizzazione di opere pubbliche o iniziative urbanistiche e può essere imposto dalle autorità qualora sussistano le condizioni di pubblica utilità.

L'asservimento urbanistico di un fondo si articola in varie fasi:

  • la verifica delle volumetrie asservibili, in ottemperanza alle normative urbanistiche locali in vigore;
  • l’ufficializzazione attraverso un atto formale, con il quale le parti interessate redigono un atto pubblico o una scrittura privata autenticata, in cui il proprietario del fondo "servente" si impegna a non costruire su quella particella, consentendo così un aumento della volumetria del fondo "dominante".
  • la registrazione dell'atto di asservimento nei registri immobiliari;
  • l’inoltro dell’atto di asservimento all'ufficio tecnico comunale.

A chiarire la possibilità o meno di potersi opporre alla pratica di asservimento, vi è l’intervento del Consiglio di Stato mediante la sentenza n. 5243/2024.

 

Le implicazioni sugli asservimenti urbanistici

Il Consiglio di Stato, ha recentemente emesso una sentenza in merito ad un ricorso contro il Comune di Afragola, relativo alla richiesta di permesso di costruire per l’ampliamento di un immobile di proprietà del ricorrente, originariamente rifiutata dall'amministrazione comunale.

Il ricorrente aveva presentato una domanda di permesso di costruire per l’ampliamento di un fabbricato e la realizzazione di una nuova copertura dello stesso, ma il comune ha negato tale richiesta, motivando che le particelle interessate deriverebbero da un frazionamento di un'altra particella già edificata, e quindi soggetta a un asservimento urbanistico.

Il ricorrente ha dichiarato di essere proprietario dell’immobile presente nella particella asservita, sostenendo che il fabbricato in questione non presentava formalizzazioni di asservimento valide nei registri immobiliari e che la costruzione era stata realizzata prima dell’approvazione del Piano Regolatore Generale (P.R.G.) attuale.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, rigetta il ricorso di Castaldo, confermando la posizione dell’amministrazione comunale, e i motivi di rigetto si concentrano sull’esistenza di asservimenti urbanistici, indipendentemente dalla loro registrazione formale.

Il ricorrente si appella al Consiglio di Stato che ha ritenuto infondato l'appello, confermando l'esistenza di un asservimento urbanistico oggettivo scaturente dal rilascio di legittimi titoli abilitativi e chiarendo che il frazionamento delle particelle dopo l'emissione della licenza edilizia non annulla il precedente asservimento.
Con la sentenza il Consiglio di Stato ribadisce l’idea che la capacità edificatoria risulti esaurita a prescindere dai cambiamenti laterali della proprietà.

Questa sentenza rappresenta un’importante conferma riguardo all’asserzione di asservimenti urbanistici (anche in assenza di atti registrati, ma di fatto formalmente esistenti tra due fondi) e alle implicazioni giuridiche su eventuali titoli abilitativi, rappresentando così un precedente significativo in materia edilizia e urbanistica.

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