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Aspetti da considerare nel progetto e nella posa di pavimenti con lastre ceramiche di grande formato

Quali accorgimenti tecnici e pratici devono essere tenuti in considerazione quando si progetta e si posa un pavimento realizzato con grandi lastre in grés porcellanato? Ecco un approfondimento tecnico dedicato.

La normativa UNI di riferimento per il progetto e la posa delle piastrelle di grande formato

La revisione UNI 11493-1:2016 “Piastrellature ceramiche a pavimento e a parete – Parte 1: Istruzioni per la progettazione, l’installazione e la manutenzione”, che ha sostituito la norma UNI 11493:2013, non fornisce specifiche prescrizioni relativamente alla posa delle piastrelle di grande formato, comunemente dette grandi “lastre” ceramiche.

Al paragrafo 7.13.8 la norma specifica che sono definite di grande formato le piastrelle (lastre) con un lato di lunghezza maggiore di 60 cm.
Nello stesso paragrafo vengono comunque ribadite alcune prescrizioni progettuali in relazione a:

  1. Superiore rigidità dello strato di rivestimento determinata dal grande formato delle piastrelle;
  2. Superiori difficoltà di raggiungimento della conformità con i requisiti di regolarità della piastrellatura;
  3. Superiori difficoltà nella corretta applicazione dell’adesivo e di coretto posizionamento delle piastrelle.

Ai fini di approfondire quanto indicato al paragrafo 7.13.8 della norma UNI 11493-1:2016, possiamo prendere in considerazione alcuni punti fondamentali come la rigidità dello strato di rivestimento con lastre ceramiche di grande formato.

 

Rigidità della piastrellatura con lastre ceramiche di grande formato

Quando una struttura è soggetta ad un carico, questo produce una serie di effetti: spostamenti, tensioni e deformazioni, quindi se consideriamo la “piastrellatura” come una struttura composta da massetto, colla, fughe, piastrelle che insiste su un'altra struttura composta di sottofondo risulta evidente un irrigidimento dovuto alla presenza di grandi formati.

In base a quanto appena riportato è pertanto necessaria di una progettazione più accurata perché, se una pavimentazione con piastrelle di piccolo formato si “adatta” per così dire per la presenza delle fughe, una piastrella di grande formato (pensiamo a piastrelle di formato 120x240 cm ad esempio) si “adatta” molto meno in quanto il modulo di elasticità della pavimentazione si avvicina, pur in presenza delle fughe, al modulo di una lastra ceramica continua e rigida.

Occorre quindi assecondare i movimenti differenziali tra supporto e rivestimento dovuti ad assestamenti delle strutture, ritiro igrometrico, dilatazioni termiche, ecc., contribuendo ad evitare pericolose tensioni che possono causare il distacco delle piastrelle.

Lo scopo si raggiunge con opportune fughe (obbligatorio minimo 2 mm) anche se è grande la tentazione di posare a giunto unito data la precisione dimensionale raggiunta dalle lastre rettificate. E’ doveroso inserire opportuni giunti di dilatazione (punto 7.11.1 della norma 11493-1:2016) o desolidarizzare il massetto dalle lastre.

E’ importante sottolineare che la presenza e la conformità dei giunti sono elementi necessari in una pavimentazione con grandi lastre dove sono presenti elementi con dilatazioni e moduli elastici sensibilmente diversi e che sono chiamati a collaborare fra di loro.

 

 

Massetto di supporto: un aspetto fondamentale nella posa di grande formato

Nel caso di posa di lastre di grande formato è doveroso ribadire che le prescrizioni della norma UNI 11493-1:2016 assumono una rilevanza decisamente importante, considerando anche che spesso le grandi lastre sono utilizzate per pavimentare grandi superfici.

Il massetto deve quindi avere un adeguato stato di maturazione per garantire l’assenza di movimenti relativi. Fenomeni di rigonfiamento o movimenti trasversali hanno effetti disastrosi sulla pavimentazione.

L’umidità del massetto deve essere misurata. Una eccessiva umidità può far risalire impurità e variare il colore delle fughe ma soprattutto, nel caso di lastre di grande formato che generalmente vengono posate con fughe minime se non inesistenti, l’acqua del massetto non può uscire né attraverso la piastrella totalmente impermeabile né da poche fughe cementizie di minima larghezza.

Un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione, in fase di progetto e di esecuzione, è la planarità del massetto. La norma prevede una tolleranza di planarità dell’ordine di +/- 1,5 mm per cui l’uso di un autolivellante e quasi da ritenere obbligatorio.

I parametri di resistenza del massetto, in termini di compressione e flessione, vanno attentamente considerati in funzione della destinazione d’uso della pavimentazione.

Le ceramiche forniscono solitamente per la resistenza della piastrella due parametri:

  • Il modulo di rottura, che è indice della qualità dell’impasto ceramico in relazione al grado di compatezza e consistenza del pezzo;
  • Lo sforzo di rottura S, espresso Newton, che fornisce la caratteristica prestazionale della piastrella dipendendo dalle caratteristiche strutturali del materiale costituente l’impasto ceramico e dal formato. ll carico di rottura tende ad aumentare, in particolare, all'aumentare del modulo di rottura del materiale e dello spessore della piastrella.

Questi due parametri e la conoscenza della destinazione d’uso del pavimento e quindi delle caratteristiche dei carichi che andranno ad agire sulla pavimentazione dovranno fornire al progettista i dati per il progetto di un idoneo massetto di supporto con riferimento alla norma UNI EN 13813 e la recente UNI 11944.

La norma UNI 11493-1:2016 fornisce in appendice B (Condizioni ed Analisi delle Condizioni di Esercizio), una valutazione qualitativa delle sollecitazioni a cui è sottoposta una piastrellatura senza fornire una valutazione quantitativa delle stesse sollecitazioni.

In appendice D, la norma fornisce lo schema per la scelta del tipo di adesivo in funzione dei dati di progetto e delle piastrelle selezionate.

Indicativamente, i parametri di resistenza a compressione possono identificarsi in:

  • 16 N/mm2 per ambienti residenziali;
  • 20 – 25 N/mm2 per ambienti commerciali pedonali;
  • 30 – 40 N/mm2 per ambienti industriali.

Per la scelta delle piastrelle, si può prendere come riferimento di massima, la seguente tabella che distingue la destinazione d’uso in funzione dello sforzo perpendicolare.

 Gres: destinazione d’uso in funzione dello sforzo perpendicolare

 

Adesivo per le grandi lastre in ceramica

La norma EN 12004 classifica gli adesivi in base a:

  • NATURA CHIMICA DEL COLLANTE;
  • CLASSE DI ADERENZA;
  • CARATTERISTICHE OPZIONALI.
Aspetti da considerare nel progetto e nella posa di pavimenti con lastre ceramiche di grande formato

 

Per il gres porcellanato è doveroso l’utilizzo di collanti minimo in classe C2 e utilizzando le caratteristiche opzionali in base alle condizioni di posa.

In caso di lastre molto grandi può essere preferibile utilizzare colle in classe S1 /S2 ed in particolari condizioni in classe E.

 

Leggi anche
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In questo articolo si riporta in modo schematico quelle che sono le caratteristiche e le prestazioni richieste ad un adesivo/collante qualora si voglia realizzare una pavimentazione con piastrelle di ceramica.

 

Si ritiene indispensabile la doppia spalmatura tramite l’utilizzo di spatole con denti (meglio obliqui) sul massetto e di spatole normali sulla piastrella.

Questo accorgimento evita il formarsi di vuoti tra piastrella e massetto che sono deleteri per i seguenti motivi:

  • Un vuoto crea un punto di fragilità rispetto ai carichi dinamici, caratteristica negativa per la ceramica, ed inoltre crea le condizioni per cui la piastrella inizia a lavorare come una trave su due appoggi soggetta ad un carico perpendicolare e quindi a flessione senza l’apporto del massetto, condizione quest’ultima non ideale per la ceramica.
  • In caso di posa in esterno, un vuoto può essere il punto di raccolta di acqua piovana che penetra attraverso le fughe con pericolo di gelo e possibilità di rottura o distacco del pezzo.
  • In caso di elemento riscaldante a pavimento, l’aria dell’interstizio funge da isolante con rischio di zone a temperatura diverse nella superficie e di aumento del “transitorio” dell’impianto.

 

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