CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI INGEGNERI
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA - 00186 ROMA - VIA ARENULA , 71
PRESIDENZA E SEGRETERIA
00187 ROMA- VIAIV NOVEMBRE, 114
TEL. 06.6976701 r.a. - FAX 06.69767048
Circ. n. 168/XVIII Sess./2013
Oggetto: Assemblea Nazionale 23 gennaio 2013.
CONSIGLIO NAZIONALE INGEGNERI
23/01/2013 U-nd/370/2013
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Ai Consigli degli Ordini degli Ingegneri
LORO SEDI
Si trasmette la relazione con la quale il presidente ha aperto l'Assemblea Nazionale
che si è svolta in data odierna sui temi "Sicurezza, Ambiente, Open Data".
Seguirà un resoconto dell'evento, che ha visto la partecipazione di numerosi
esponenti politici ed ha avuto un ottimo successo.
Cordiali saluti.
IL CONSI L/ERE SEGRETARIO
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Autorità, presidenti, relatori, colleghi,
l'incontro di oggi è, in realtà, un'Assemblea aperta degli Ordini degli Ingegneri,
programmata già dal Congresso Nazionale, tenutosi a Rimini lo scorso settembre.
In quella occasione gli ingegneri, dopo riunioni, discussioni, dibattiti, anche
accesi, hanno deciso di portare con forza all'esterno della categoria le loro
proposte e le loro idee, e di verificare anche l'attuazione della mozione approvata
all'unanimità, che pone importanti prospettive all'attività dell'Ordine.
Questa, quindi, è per noi un'iniziativa importante, anche perché, si svolge in
piena la campagna elettorale, dalla quale, ci auguriamo, possa uscire finalmente
un Governo forte, attento alle esigenze non solo delle professioni, ma della
collettività intera.
E con l'orgoglio di rappresentare gli ingegneri italiani, cui viene riconosciuta,
unanimemente, una tradizione di competenza e serietà, vogliamo affermare che
intendiamo essere protagonisti del cambiamento, assolutamente ineludibile, del
nostro Paese.
Siamo ben consci del fatto che i nostri problemi - che riguardano le possibilità
di lavoro, il futuro dei giovani, la globalizzazione dei servizi, l'invadenza delle
imprese e dello stesso Stato nelle professioni, ma anche l'eccessiva fiscalità,
la corruzione e la burocrazia, infine l'incapacità di assicurare tempi certi agli
investitori - possono essere affrontati e risolti. Ma solo in un quadro generale che
veda impegnati nel dibattito complessivo sulle scelte da attuare per rinnovare e
rendere più efficiente e, soprattutto, affidabile il nostro Paese.
E' il momento di porre a suo servizio, come anche a supporto e dei suoi
organismi rappresentativi e decisionali, le nostre competenze e le nostre
strutture.
E possiamo farlo se awiamo un percorso di collegamento e di vicinanza con
le altre categorie professionali, in particolare quelle tecniche, oggi coordinate
proprio dagli ingegneri. Abbiamo ormai maturato, in particolare negli ultimi mesi
di lavoro congiunto per attuare la riforma, un forte spirito di solidarietà e di
collaborazione, tanto da decidere di organizzarci stabilmente con una struttura
comune, mettendo insieme risorse, anche economiche, strutture e centri studio,
oltre che capacità di lavoro, ed esperienze.
Proprio giovedì scorso abbiamo, infatti, approvato lo statuto di un organismo che
metterà in comune le risorse di 9 professioni tecniche, per una rappresentanza
complessiva di oltre 500.000 iscritti, ma aperto anche alle altre categorie che
vorranno unirsi al nostro progetto .
Il percorso di questi mesi, nei quali si è definita la nostra riforma, ci ha insegnato
ad avere un nuovo rapporto con la politica, da intendere in senso ampio, non
limitato ai corridoi parlamentari.
La percezione pubblica, talvolta negativa, del sistema degli Ordini non deriva dalla
"forma" delle nostre Istituzioni - di cui pochi sanno che sono democraticamente
elette- bensì dall'agire passato dei rappresentanti che, spesso, guardavano
prima all'interesse della categoria piuttosto che a quello dei cittadini e
dell'ambiente. E credevano, pur legittimamente, che l'attività di pura lobby
politica potesse risolvere i problemi.
Il radicale cambiamento delle relazioni tra politica e società ha messo in crisi
anche questo sistema e, fatti salvi i principi della riforma, la vera innovazione sta
nella nostra nuova volontà e capacità di relazionarci con tutti i soggetti sociali che
muovono l'Italia .
Per questo, senza pregiudizi ideologici, abbiamo aperto confronti e relazioni con o
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il mondo politico, imprenditoriale, sindacale, come pure con quello ambientalista
e universitario, incontrandone a più riprese i rappresentanti. Collaboriamo,
discutiamo e incontriamo i Ministri, le autorità, i rappresentanti dei partiti e delle
imprese.
A tutti quanti proponiamo progetti, diamo disponibilità, chiediamo collaborazione.
A tutti quanti illustreremo presto il progetto che abbiamo costruito insieme alle
altre professioni per lo sviluppo del Paese, convinti sempre che, se vogliamo
essere giudicati positivamente dalla pubblica opinione, dobbiamo offrire idee e
soluzioni sostenibili e innovative.
Credo sia ormai chiaro a tutti che rappresentiamo un sistema senza privilegi e
riserve di mercato. Siamo lavoratori che, con impegno quotidiano, dopo aver
superato studi impegnativi e l'esame di Stato (previsto dalla nostra Costituzione),
svolgiamo attività delicate e complesse, volte a rendere sicura la vita dei cittadini,
ma anche a mediarne le necessità con la Pubblica Amministrazione, Un ruolo,
il nostro, che spesso assolve una funzione di sussidiarietà, sostituendoci, con la
nostra attività gratuita, alle sue carenze strutturali.
Siamo, per questo, dawero stanchi di essere ancora definiti "casta".
La casta è costituita da chi non lavora, specula sul lavoro degli altri, ha tariffe
garantite, ha pensioni assicurate a carico della collettività. E poi non deve rendere
conto del proprio, non si assume responsabilità, non si aggiorna continuamente,
non garantisce adeguatamente i propri clienti, vieta anche la pubblicità
informativa, pretende di giudicarsi al suo interno, pone limiti all'accesso di nuovi
lavoratori, tutela e garantisce innanzitutto i propri parenti, ma è anche chiusa al
mercato, non confrontandosi con altri soggetti come società e associazioni.
Tutte cose che non hanno nulla a che vedere con la nostra professione.
Com'è noto, infatti, quasi il 90% dei candidati supera l'esame di Stato,
iscrivendosi poi ai nostri albi. Siamo aumentati del 70% in 10 anni, inserendo nei
nostri elenchi professionali quasi 100.000 nuovi ingegneri, svolgendo, di fatto,
anche una funzione di ammortizzatore sociale, tanto da accogliere numerosi
colleghi espulsi dalle imprese e dalla Pubblica Amministrazione.
Non abbiamo tariffe obbligatorie, anzi, per una demenziale posizione ideologica,
non abbiamo nemmeno tariffe di riferimento, che garantirebbero di più i nostri
clienti. Ne è vietato, addirittura, l'uso, così da costringerci - ed è veramente
ridicolo - a non poter utilizzare i parametri stabiliti con decreto del Ministero della
Giustizia, che, in caso di contenzioso, il giudice è obbligato a riconoscere .
Abbiamo l'obbligo del preventivo da fornire al cliente (pur con le difficoltà di
stabilire a priori l'entità e la difficoltà di una prestazione professionale).
Ci confrontiamo da anni con le società d'ingegneria, con la presenza di soci di
solo capitale, che assorbono una quota rilevante del pur asfittico mercato delle
opere pubbliche. Mercato nel quale le gare di affidamento degli incarichi ci
spingono, spesso, a ribassi esagerati.
Ma anche con la Pubblica Amministrazione, che pretende, spesso senza averne le
strutture e le competenze, di progettare e dirigere opere pubbliche, senza invece
impegnarsi nel fare in modo che i procedimenti siano compiuti in tempi certi,
garantendo l'efficacia, la linearità, la certezza di spesa e di tempi degli stessi .
O con altri soggetti pubblici, come le società in-house o le università, violando,
spesso, la legge sull'affidamento degli incarichi.
Abbiamo l'obbligo dell'assicurazione e della formazione continua, con conseguenti
gravosi impegni per i professionisti, in particolare per i più giovani.
t.:albo unico nazionale, di recente istituito, sarà l'occasione per rendere
trasparente e visibile l'attività, le competenze e la correttezza del professionista
iscritto all'albo.
Abbiamo deciso di modificare le norme sui procedimenti disciplinari, creando
strutture disgiunte dai consigli provinciali, alle quali possono partecipare
componenti esterni alla categoria. o
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Abbiamo chiesto con forza, pur con i problemi che abbiamo evidenziato, al
Ministro della Giustizia, Paola Severino, di promulgare il regolamento che
consenta di attivare le società tra professionisti. Si tratta, in definitiva, di un
ulteriore strumento di modernizzazione del sistema e che consentirà, soprattutto
ai giovani, di poter meglio competere sul piano internazionale, specie con la
creazione di società multidisciplinari.
Stiamo migliorando i nostri codici deontologici, finalizzati non solo ad assicurare
comportamenti irreprensibili, ma a garantire ai professionisti una funzione, a
nostro awiso indispensabile, di baluardo di legalità, anche per la delicata funzione
pubblica che spesso svolgiamo.
Abbiamo costruito, con nostri esclusivi sacrifici, le nostre casse di previdenza che
non gravano sulla collettività e che, di recente passate al sistema contributivo,
assicurano una sostenibilità a cinquant'anni.
Abbiamo, infine, una percentuale ridotta di iscritti, figli di ingegneri, sicuramente,
di molto, inferiore a quella che si riscontra nella politica, nell'università, ma anche
nelle imprese, come accertato dal nostro Centro Studi.
Un recente sondaggio ha, tra l'altro, appurato che gli ingegneri hanno un'elevata
percentuale di riconoscimento di affidabilità tra le professioni, riconosciuta quasi
dal 70% dei cittadini intervistati.
E tutto questo a tutela della sicurezza della popolazione e del suo diritto a
ricevere prestazioni di qualità, a costi giusti.
Ma anche per rendere più efficiente e competitivo il nostro Paese, e, se volete,
aumentandone il PIL.
Per questo, la riforma delle professioni, pur con i suoi limiti, non è stata
osteggiata dalle professioni tecniche, che hanno fatto di tutto perché fosse
attuata.
Ne hanno sposato la filosofia, cercando di attenuarne i difetti, con proposte
migliorative, nell'interesse della collettività, da inserire nei regolamenti attuativi.
Questo perché la legge ha sancito definitivamente che l'esercizio della
professione deve essere fondato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio,
intellettuale e tecnico, del professionista.
Il principio è, come si vede, importante, ed evidenzia l'originalità della professione
nel panorama lavorativo.
Insieme, vi è il riconoscimento della necessità da parte degli Ordini, il
mantenimento importante delle funzioni amministrative e di quelle disciplinari,
anche se con modifiche condivise nei principi, ma non nell'attuazione.
E' interessante vedere come tutto ciò sia fortemente condiviso dalla categoria,
come si evince dai dati di un recente sondaggio su 14.000 iscritti.
55% disponibile a trasferirsi all'estero
40% abolizione tariffa ha ridotto la qualità
60% si dichiara favorevole all'aggiornamento obbligatorio
66% formazione affidata agli ordini (solo il 20% dice che la formazione deve
essere affidata all'Università)
75% favorevole all'assicurazione obbligatoria
60% favorevole alla pubblicità
83% afferma che l'iscrizione all'albo è garanzia per il cittadino
E' quindi evidente la mistificazione sulle professioni e sugli Ordini, additati come
organismi medioevali e conservatori di privilegi. Ma questo è ormai dietro le
spalle, o quasi.
Ci auguriamo, infatti, che il prossimo Governo si occupi dei veri problemi del
Paese, e non riprenda il solito ritornello delle liberalizzazioni, cosa giusta in
principio, ma che oggettivamente non riguarda più le professioni regolamentate. o
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Ormai sono riformate e prive di qualunque privilegio, se non quello della
competenza e della qualità.
Ma questo ci dà una grande responsabilità, che sentiamo per intero.
Possiamo e dobbiamo finalmente guardare fuori e confrontarci con il mondo e le
sfide vere, quelle sì, per la nostra soprawivenza nostra e quella dell'Italia e, se
vogliamo, dell'Europa.
Crediamo che si stia awicinando il giorno in cui potremo vedere un Paese non
più stretto nella morsa della concertazione tra Confindustria e Sindacati, ormai
espressione di un mondo superato, ma che non vuole lasciare il campo alle
nuove forze innovative ed efficienti, o dominate dagli interessi delle banche e
delle assicurazioni.
Un giorno in cui vedremo un Governo che invita ai tavoli autorevoli i professionisti
per utilizzarne competenza e capacità di analisi rispetto ad un sistema economico
dove l'asset fondamentale è quello della conoscenza. E che tagli fuori dalle scelte
importanti coloro che, attribuendosi un'esclusiva rappresentanza sociale, con la
complicità e l'acquiescenza della politica, ci ha lasciato in eredità un debito di
1.900 miliardi di euro e che grava e graverà pesantemente sulle possibilità di
ripresa e sulle speranze delle giovani generazioni.
Idee ne abbiamo tante, e molte originali, molte a costo zero.
Il 1 marzo, nel Professional Day che ha visto a Roma riunite tutte le professioni
per dar vita ad una manifestazione straordinariamente partecipata, abbiamo
consegnato al Governo un documento con 20 punti importanti.
Ripeteremo l'esperienza con la prossima manifestazione del 19 febbraio, sempre
organizzata con il CUP e I'ADEPP.
Oggi portiamo all'attenzione dell'opinione pubblica tre temi significativi, sui quali
investire in futuro:
- un piano nazionale per la messa in sicurezza delle abitazioni e del territorio dai
rischi sismico e idrogeologico;
- la razionalizzazione degli incentivi alle imprese per rilanciare la green economy;
- l'open data, l'innovazione della Pubblica Amministrazione a servizio della nuova
imprenditorialità neii'ICT.
Idee per sbloccare investimenti, per accrescere l'efficienza del sistema delle
opere pubbliche, ma anche per garantire la sicurezza dei cittadini, semplificare le
norme e dematerializzare le procedure, affidando ai professionisti le attività della
Pubblica Amministrazione. Ma altro dobbiamo fare, con forza.
Dobbiamo ottenere che si vada verso le vere riforme, che riguardano settori
importanti come le banche, l'energia, la burocrazia, la politica e lo stato .
Abbiamo l'impressione che l'impegno riformatore sia in realtà inversamente
proporzionale all'incidenza di questi settori sullo sviluppo del Paese.
Mentre le imprese sono strozzate dal costo del denaro e del lavoro, dalla
pressione fiscale, dalle lentezze burocratiche e dai costi energetici, molti
interventi, anche dell'attuale Governo, riguardano invece situazioni decisamente
marginali dell'economia.
l professionisti non staranno a guardare chi sta colpevolmente portando allo
sfascio l'Italia.
Abbiamo spesso esercitato un ruolo di sussidiarietà della Pubblica
Amministrazione, a volte inefficiente e scarsamente motivata.
Siamo disponibili ad assumerci la responsabilità di sostituirla nel rilascio di pareri
ed autorizzazioni che un sistema perverso e astrusamente complesso ritarda,
bloccando la realizzazione di iniziative pubbliche e private.
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Nel perfetto rispetto della legge, ma con l'apertura mentale, la competenza e la
disponibilità a risolvere i problemi, anziché evidenziarli o crearli artificiosamente,
come spesso succede.
E qualunque imprenditore, ma anche amministratore pubblico, sa quanto costa
una burocrazia inefficiente e, a volte, corrotta.
l controlli vanno fatti, ma come in tutti i paesi civili e più efficienti di noi, a
conclusione degli interventi.
Chi sbaglia sicuramente pagherà, ma le centinaia, migliaia di interventi corretti e
forieri di occupazione potranno essere realizzati in tempi non più biblici.
Chiediamo anche di essere ascoltati nel momento di formazione delle leggi, nei
campi di nostra competenza.
Siamo stanchi, anche in questo caso, di norme incomprensibili, scritte male,
inapplicabili.
Conosciamo bene i problemi che riguardano la sicurezza dei cittadini, l'esecuzione
delle opere pubbliche, dell'edilizia, dell'urbanistica e dell'innovazione.
E ci ritroviamo con prowedimenti, su questi temi, che tendono solo a complicare
il sistema, a volte anche in buona fede.
Nel campo delle opere pubbliche, ad esempio, dal '94 in poi si sono susseguite,
come in un'altalena, norme più restrittive con altre di presunta semplificazione,
provocando solo confusione.
In questo Paese si è ipocritamente convinti che la corruzione e l'inefficienza del
sistema si combattano con l'infinita produzione di pacchi di leggi e norme, invece
di pensare a investire sugli uomini che devono poi attuare quelle stesse norme.
Siamo convinti, infatti, che una legge pur imperfetta, ma messa in mano a
funzionari capaci, preparati e motivati, possa creare effetti migliori di una legge
perfetta, ma attuata da funzionari incapaci e corrotti.
Perché non si istituzionalizza la collaborazione degli uffici legislativi dei inisteri con
gli Ordini professionali di riferimento?
Forse qualche burocrate ci rimetterebbe un po' di potere, ma sicuramente le
norme sarebbero più aderenti alle vere necessità.
Noi ingegneri, insieme alle altre professioni tecniche, siamo una comunità di circa
700.000 persone che con passione, competenza, e fatica tentiamo di svolgere la
difficile missione di tutelare, trasformare e sviluppare il territorio, le città, i ponti e
le strade, i campi ed i boschi di questo Paese, bello ed insieme così difficile.
Siamo, o dovremmo essere, gli autori della mediazione necessaria tra la tutela
del bene pubblico, e lo sviluppo economico; coloro che integrano, nelle loro idee
e progetti, il miglioramento dell'habitat e la sostenibilità ambientale.
Questo sappiamo fare.
Dalla Germania all'India al Brasile, le politiche economiche di chi cresce hanno
messo al centro noi, gli ingegneri, chiedendo innovazione, idee e tecniche nuove,
adeguate alla sfida tecnologica ed alla salvaguardia dell'ambiente.
In Italia si ragiona di tariffe, corporazioni e valore legale del titolo di studio in un
clima di recessione culturale, oltreché economica.
Ma oggi i giovani ingegneri e gli altri professionisti tecnici continueranno ad
essere alla periferia dello sviluppo, disoccupati o poveri, senza alcuna possibilità
di mettere al servizio dell'Italia le loro idee e competenze.
Alla faccia della strategia di Usbona, che doveva mettere al centro l'economia
della conoscenza che sta morendo sotto i colpi della dis-economia della finanza,
dei rating e degli spread.
Per tutto questo noi chiediamo una seconda fase, immediata, nella quale ci
venga data l'opportunità di discutere ed attuare veri progetti per lo sviluppo
sostenibile, nella quale le professioni possano ritrovare il ruolo che compete loro
non per diritto divino, ma perché serve all'Italia. o
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Certo, siamo consapevoli che l'idea di professioni che si organizzano, che
propongono soluzioni, che vogliono non essere più suddite di questo o quel
partito, che hanno ben chiara la propria forza, che non rivendicano più per sé,
ma per la società ed il Paese, che non continuino nella sterile attività di lobby,
ma che vogliono fortemente assumere quel ruolo sociale che gli compete per
esperienza, responsabilità, serietà possa paventare o preoccupare chi ritiene che
l'Italia debba essere governata con vecchi schemi o dai soliti tradizionali gruppi di
potere.
Siamo preoccupati per un sistema elettorale che impedisce a chi non rientra negli
schemi dei partiti, di poter emergere e che, probabilmente, non darà a questo
Paese un governo stabile.
E di troppe facce vecchie presenti nelle liste elettorali.
Siamo preoccupati per le riforme che non si sono fatte e che non si faranno,
mantenendo in piedi un sistema politico costosissimo ed inefficiente, che
consente ad un milione di persone di vivere di politica, sia nelle istituzioni che nei
sindacati e nelle società pubbliche, con costi enormi che il nostro Paese non può
più permettersi.
Siamo preoccupati per gli effetti devastanti dell'art.117 della Costituzione, che
crea sovrapposizioni e duplicazioni di competenze tra Stato e Regioni.
Siamo preoccupati per i nostri giovani, che faticano a trovare lavoro, dopo anni e
anni di studio faticoso ed impegnativo, ma anche per i tanti anziani che vedono,
in questi anni, ridursi la propria attività.
Siamo preoccupati per una visione manichea del lavoro, per cui dobbiamo
diventare tutti dipendenti di qualcuno o di qualcosa, per poter lavorare, senza
aver rispetto di chi, spesso per scelta e per esigenza di libertà, decide di essere
un professionista. Ed essere considerato un evasore.
Troviamo assurdo il prowedimento recente del Ministro del Lavoro e delle
Politiche Sociali, Elsa Fornero, che farà sparire dal mercato del lavoro tanti
professionisti iscritti agli albi, (collaboratori di studi professionali), perché la
norma presuppone, in tali casi, un'attività di dipendenza, dimostrando una
completa ignoranza dei meccanismi di lavoro professionale .
Così come troviamo indecente il tentativo di appropriarsi dei patrimoni delle
nostre Casse previdenziali, costruito con il gravoso sacrificio dei nostri iscritti,
senza alcun contributo dello Stato, o di imporre loro tassazioni ingiuste ed
incomprensibili.
Casse che, come sappiamo, hanno profondamente modificato il sistema
pensionistico, passando al contributivo, e quindi, rendendo più onerosi i contributi
e assicurando una sostenibilità a 50 anni. Mentre I'INPS non garantisce la
sostenibilità che per qualche anno, gravando enormemente sulla fiscalità
generale.
Siamo stanchi di un sistema fiscale che mortifica le persone oneste e non
colpisce i veri evasori.
Vorremmo accertamenti fiscali che, alla fine, possano concludersi con una stretta
di mano ed il riconoscimento della buona condotta del contribuente, senza la
ricerca ossessiva di violazioni, anche solo banalmente formali.
Siamo preoccupati perché, come diceva Albert Einstein nel 1951, "non possiamo
risolvere i problemi con i medesimi schemi di pensiero con cui li abbiamo creati".
E non vediamo segnali di cambiamento nella mentalità della stragrande parte
degli attuali partiti.
Siamo alle solite riproposizioni di slogan e promesse impossibili.
Ma le professioni non ci stanno più. •
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La riforma delle professioni ha costituito infatti quel cambiamento tanto atteso
che ci stimola, ma, penso, ci obbliga anche ad essere un pilastro essenziale per
l'evoluzione sociale ed economica del Paese, ormai improrogabile. Lo crediamo
con grande convinzione e vigileremo affinché la macchina awiata funzioni, dando
prova di vera partecipazione.
Ma partecipazione anche alle scelte del Paese, perché, permettetemi un'altra
citazione, "Non esiste vento favorevole per un marinaio che non sa dove andare"
(Seneca).
Noi abbiamo fatto le nostre scelte e sappiamo dove andare: verso l'efficienza, la
qualità, la competitività.
Ma le altre forze sociali e la politica sanno dove andare?
L'auspicio, per noi, ma anche per l'intera collettività, è ripartire, tutti insieme,
questa volta ingranando una marcia in più.
Gli ingegneri ci sono, e saranno in grado di rinnovare questo Paese, insieme.