Architetti e iscrizione albo italiano senza esame di stato: la Cassazione dà ragione ai laureati all'estero
L'Ordine degli Architetti di Rimini ha condotto dal 2017 una battaglia legale contro l'iscrizione all'Albo professionale italiano di laureati all'estero senza Esame di Stato, contestando la disparità di trattamento rispetto ai laureati in Italia. Dopo anni, la Cassazione ha dato ragione alla vecchia delibera del CNAPPC e quindi all'architetto laureato presso Mendrisio che chiedeva di iscriversi all'albo. Di seguito l'intervista all'Avv. Prof. Daniele Granara.
Architetti ed iscrizione albo con laurea estera: esame di stato obbligatorio? La Cassazione si pronuncia per un vecchio caso
Premessa
L’Ordine degli Architetti di Rimini ormai da anni, porta avanti una battaglia legale e di principio.
Il nodo centrale della questione risiede nel fatto che molti architetti, laureatisi in Paesi con titolo di studio valido come la Svizzera, chiedono di essere iscritti all'Albo italiano senza aver sostenuto però l’esame di abilitazione previsto dalla Costituzione italiana. L’Ordine di Rimini, insieme ad altre realtà professionali italiane, ritiene che questa prassi costituisca una palese disparità di trattamento nei confronti degli architetti che, pur laureati in Italia, devono superare l’Esame di Stato per poter esercitare la professione.
Nel 2017, l’Ordine romagnolo ha deciso di impugnare una delibera del Consiglio Nazionale degli Architetti (CNAPPC), che aveva annullato il loro rifiuto di iscrivere all'albo italiano un laureato in Svizzera con in possesso il titolo abilitante di studio e il decreto direttoriale emesso dal Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR). Quest’ultimo, al termine del suo percorso di studi, aveva richiesto l’iscrizione all’Albo italiano senza aver superato l’Esame di Stato, appellandosi alle normative europee e internazionali che regolano il riconoscimento dei titoli accademici.
L'arrivo in Cassazione
Nonostante l'iscrizione all'Albo fosse avvenuta, l'Ordine ha fatto ricorso in Cassazione.
L’Ordine di Rimini, sostenuto da diversi pareri legali, ha portato avanti così la propria battaglia, richiamando l’attenzione sul fatto che gli architetti formati in Italia, spesso, devono affrontare numerose difficoltà per superare l'Esame di Stato, con alcuni che arrivano a tentarlo anche più volte. Al contrario, i laureati all'estero, secondo l’Ordine, godrebbero di un percorso di accesso agevolato e meno rigoroso.
La decisione
Dopo anni di attesa, la Cassazione ha emesso tramite Sentenza seconda Sezione Civile, 10 settembre 2024, n.24339, la sua decisione di pronunciarsi a favore della vecchia delibera del CNAPPC e quindi in favore del laureato dell'Accademia di Mendrisio. Secondo la Corte, quindi il titolo in questo caso è valido per l’iscrizione all’Albo italiano senza la necessità di sostenere l'Esame di Stato, in linea con le normative europee sul riconoscimento delle qualifiche professionali.
Questa decisione ha riaperto il dibattito sull’equità e la giustizia del sistema di abilitazione alla professione in Italia, evidenziando le disparità tra chi si laurea all'estero e chi invece compie tutto il percorso formativo in Italia.
PER SAPERNE DI PIÚ
LEGGI L'INTERVISTA
ALL' ARCHITETTO ROBERTO RICCI
Di seguito l'intervista realizzata dalla redazione di Ingenio all'Avv. Prof. Daniele Granara, a cui l'Ordine degli Architetti di Rimini nel 2017 ha chiesto parere legale e che chiarisce alcuni punti sulla vicenda e sulla sentenza della Corte di Cassazione.
Partendo da una prima premessa che racconti il caso in esame, quali sono le principali motivazioni alla base della sentenza emessa dalla Cassazione?
Avv. Prof. Daniele Granara
Nel caso in esame, la richiedente l’iscrizione all’albo conseguiva la laurea in architettura presso la sede di Mendrisio dell’Università della Svizzera Italiana, Accademia di Architettura, (master in Science in architetture USI/Diploma di architetto), con valore, in Svizzera, di titolo abilitante all’esercizio della professione.
Successivamente, chiedeva l’iscrizione all’Albo degli architetti di Rimini, pur in mancanza di positivo superamento dell’esame di abilitazione, avvalendosi di questa qualifica professionale conseguita all’estero, riconosciuta dal MIUR. Il Consiglio provinciale dell’Ordine professionale, atteso che la resistente è in possesso del solo titolo di studio e deve perciò sostenere l’esame di abilitazione in Italia per potersi iscrivere ed esercitare la professione, respingeva la domanda di iscrizione in questione.
Tanto premesso, la Corte Suprema di Cassazione, con Sentenza 10 settembre 2024, n. 24339, rigettava il ricorso proposto dall’Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Rimini, considerato che:
- “i rapporti con la Svizzera, paese non aderente all’Unione europea, sono regolati, anche quanto al riconoscimento dei titoli di studio, dalla legge n. 364 del 15/11/2000, di ‘ratifica ed esecuzione dell'accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte e la Confederazione svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone, con allegati, atto finale e dichiarazioni, concluso a Lussemburgo il 21 giugno 1999’”,
- “il titolo professionale conseguito dalla resistente è suscettibile di automatico riconoscimento in forza dell’allegato III dell’Accordo bilaterale tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte e la Confederazione svizzera, dall'altra, come ratificato ed eseguito dall’Italia, secondo la modifica operata dalla decisione n. 2/2011 del Comitato misto UE\Svizzera”,
- valgono “i principi applicabili in ambito comunitario, per cui non sussistono limitazioni collegate al possesso della cittadinanza in ordine alla scelta del luogo ove svolgere il percorso di studio e di qualificazione, dipendendo da tale scelta, rimessa al singolo, sia esso italiano, svizzero o cittadino di un diverso stato membro, gli effetti che ne conseguono sul piano della disciplina e della necessità o meno dell’esame abilitante”,
- “per stabilire l’equipollenza dei titoli e delle qualifiche professionali, il percorso di qualificazione professionale estero è stato giudicato di pari livello, quanto al possesso di conoscenze e di esperienze, a quello ottenuto in Italia all’esito del superamento dell’esame di Stato, sicché deve escludersi un trattamento deteriore o una discriminazione a danno di chi abbia svolto l’intero percorso formativo in Italia, attesa la diversità ontologica delle due situazioni disciplinate”.
Quali effetti potrebbe avere questa sentenza sugli ordini professionali italiani? Si estenderà anche ad altre professioni in cui è richiesto l’Esame di Stato per accedere all’albo, oltre agli architetti?
Avv. Prof. Daniele Granara
La sentenza resa dalla Corte Suprema di Cassazione ha effetti solo fra le parti in causa, ma potrebbe orientare, quale precedente, future decisioni inerenti a fattispecie identiche o analoghe a quella in esame.
Si intende, però, una mera forza persuasiva e non vincolante: sicché, nulla esclude che vi sia un diverso orientamento giurisprudenziale sul punto.
Tanto premesso, per la Corte Suprema di Cassazione, il fatto che un cittadino di uno Stato membro, che ha conseguito una laurea in tale Stato, si rechi in un altro Stato membro al fine di acquisirvi la qualifica professionale e faccia in seguito ritorno nello Stato membro di cui è cittadino per esercitarvi la professione, con il titolo professionale ottenuto nello Stato membro in cui tale qualifica è stata acquisita, non può costituire, di per sé, un abuso del diritto di stabilimento, né una pratica illecita di qualification shopping, neppure se il cittadino di uno Stato membro abbia scelto di acquisire un titolo professionale in un altro Stato membro, diverso da quello in cui risiede, allo scopo di beneficiare di una normativa più favorevole (CGUE, Grande sezione, sentenza del 17 luglio 2014, cause C- 58/2013 e C59/2013 /Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Macerata).
Di conseguenza, si avrebbe un “sistema di riconoscimento automatico delle qualifiche professionali previsto, per quanto riguarda la professione d’architetto, agli articoli 21, 46 e 49 della direttiva 2005/36”, che “non lascia alcun margine discrezionale agli Stati membri. Quindi, il cittadino di uno Stato membro, in quanto sia titolare di uno dei titoli di formazione e dei certificati complementari che figurano al punto 5.7.1 dell’allegato V o all’allegato VI di detta direttiva, deve poter esercitare la professione d’architetto in un altro Stato membro senza che quest’ultimo possa imporgli di ottenere o di dimostrare che ha ottenuto qualifiche professionali supplementari”.
Come previsto dall’ articolo 33 , comma 5, della nostra Costituzione i laureati in Architettura che esercitano sul territorio italiano e che vogliano iscriversi all’Albo professionale devono prima sostenere e superare con esito positivo l’Esame di Stato. Alla luce della sentenza della Cassazione, come mai la Costituzione non è stata contemplata? Quindi quali sono i regolamenti che prevalgono nel contesto italiano rispetto al riconoscimento dei titoli professionali? C’è quindi un contrasto evidente con i regolamenti a livello europeo?
Avv. Prof. Daniele Granara
La Corte Suprema di Cassazione non ha ritenuto sussistente alcun contrasto con la normativa nazionale prevista, poiché “la Corte costituzionale, investita più volte di questioni riferite alla portata e al significato del comma V dell’art. 33 della Costituzione e, dunque, alla necessità dell’esame di abilitazione all'esercizio professionale (cfr. sent. n. 43/72, 111/73, 16/75, 174/80, 207/83), ha chiaramente affermato che l’articolo ‘lascia alla discrezionalità del legislatore ordinario la disciplina dell'esame di Stato”.
In tal guisa, “il legislatore, sempreché le sue scelte non siano irragionevoli, può considerare altri esami equipollenti a quello per l'abilitazione all'esercizio professionale, come pure può unificare quest'ultimo con l'esame di Stato conclusivo del corso di studi» (così sentenza n. 26 del 1990). In particolare, ha precisato che tale esame può anche essere unificato con quello conclusivo del corso degli studi, purché quest'ultimo soddisfi l'esigenza di un serio ed oggettivo accertamento del grado di maturità del discente e del concreto possesso da parte dello stesso della preparazione, attitudine e capacità tecnica necessarie perché dell'esercizio pubblico della attività professionale i cittadini possano giovarsi con fiducia”.
Ancora, “la pari opportunità di scelta del percorso formativo (espressione della libertà di circolazione di stabilimento), sganciata da requisiti limitativi per categorie di soggetti o sulla base della nazionalità, priva di sostanza il dubbio di costituzionalità della disciplina interna per violazione della parità di trattamento o di contrasto con il divieto di discriminazioni basate sulla nazionalità: ogni cittadino europeo ha facoltà di scegliere il proprio percorso professionale e il luogo ove svolgerlo in applicazione dei principi della libertà di circolazione delle persone e di stabilimento di cui beneficiano anche coloro che acquisiscano la qualifica in Svizzera”.
Si ritiene, però, che detti presupposti (delineati precisamente dalla Corte costituzionale nelle sentenze precedentemente richiamate) non vi siano o non siano stati debitamente verificati nel caso di specie.
L’affermarsi dell’orientamento espresso dalla Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza in esame, comporterebbe il venir meno del principio dell’esame di stato per l'abilitazione all'esercizio professionale, prescritto dall’art. 33, comma 5, Cost., anche in contrasto con il principio di parità di trattamento sancito dall’art. 157, comma terzo, del T.F.U.E., nonché con i principi di trasparenza e divieto di abuso del diritto e di non discriminazione in base alla nazionalità ex art. 21 della Carta del diritti fondamentali dell’Unione Europea.
La normativa nazionale viola il diritto dell’Unione europea, per aver stabilito l’equipollenza tra un titolo di studio conseguito all’estero e il titolo di abilitazione previsto dalla normativa interna, sebbene non conferiti sui medesimi presupposti, atteso che, per l’esercizio della professione di architetto, il diritto svizzero non impone il previo positivo esperimento dell’esame di stato, come in Italia, ma prescrive come unicamente sufficiente il possesso del titolo di laurea.
Sennonché, la Corte Suprema di Cassazione ha escluso, alla luce delle norme della direttiva 2005/36 “la necessità di adire […] in rinvio pregiudiziale la Corte di Giustizia, per una nuova interpretazione delle norme disciplinanti il riconoscimento automatico dei titoli professionali”.
Ci sono stati altri casi simili a questo? La Cassazione ha sempre dato lo stesso esito in situazioni analoghe?
Avv. Prof. Daniele Granara
La Corte Suprema di Cassazione, nella sentenza sopra richiamata, non ha fatto riferimento a dei suoi precedenti; tuttavia, a sostegno della sua decisione, ha richiamato la “Corte di giustizia, sez. IX - 30/04/2014, nella causa C-365/13, Ordre des architectes contro État belge, già nel vigore della direttiva 83/85, poi sostituita dalla n. 2005/36/CE, sistema di riconoscimento automatico dei titoli di formazione ostava a che lo Stato membro ospitante subordinasse a requisiti complementari il riconoscimento dei titoli professionali rispondenti alle condizioni di qualifica previste dalla normativa dell'Unione (cfr. CGUE, sez. IV - 24/5/2007, C-43/06, Commissione Commissione delle Comunità europee contro Repubblica di Portogallo, punti 27 e 28, nonché sez. V, 21/2/2013, C-111/12, Ministero per i beni e le attività culturali, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Venezia, Padova, Treviso, Vicenza, Verona, Rovigo, Belluno contro Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia, contro Consiglio Nazionale degli Ingegneri, Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Verona, Alessandro Mosconi, Comune di San Martino Buon Albergo, Istituzione di Ricovero e di Educazione di Venezia (IRE), Ordine degli Architetti della Provincia di Venezia, nei confronti di Faccio Engineering s.r.l., punti 43 e 44). Come affermato ai punti 22, 23, 24 e 25 della sentenza 30/4/2014 citata, «tale considerazione è valida anche con riferimento alla direttiva 2005/36”.
Architettura
L'architettura moderna combina design innovativo e sostenibilità, mirando a edifici ecocompatibili e spazi funzionali. Con l'adozione di tecnologie avanzate e materiali sostenibili, gli architetti moderni creano soluzioni che affrontano l'urbanizzazione e il cambiamento climatico. L'enfasi è su edifici intelligenti e resilienza urbana, garantendo che ogni struttura contribuisca positivamente all'ambiente e alla società, riflettendo la cultura e migliorando la qualità della vita urbana.
Professione
Nel topic "Professione" vengono inserite le notizie e gli approfondimenti su quello che riguarda i professionisti tecnici. Dalla normativa, i corsi di formazione, i contributi previdenziali, le tariffe delle prestazioni e tutte le novità sulla professione.
Università
News, approfondimenti sul tema delle università, la raccolta di dati, statistiche e corsi accademici di interesse.
Condividi su: Facebook LinkedIn Twitter WhatsApp