Analisi stratigrafica muraria: un metodo di studio archeologico applicato all’edilizia
Le murature sono palinsesti stratificati nel tempo. L’Analisi Stratigrafica Muraria è uno strumento utile a leggere tale stratificazione per capire la storia dell’edificio ma anche lo stato di fatto, supportando così le scelte di intervento e tutela. Ma quali potenzialità e problematiche di questo interessante metodo? L’articolo mira a raccontare l’analisi e la sua applicazione sulle strutture in muratura, analizzandone i diversi aspetti a favore di un suo utilizzo nel campo del restauro.
La “tridimensionalità temporale” degli edifici
Gli edifici in muratura, soprattutto quando storicizzati, si presentano ai nostri occhi come dei veri e propri “palinsesti”: delle forme tridimensionali non solo nello spazio, ma anche nel tempo.
Essi, infatti, inevitabilmente nel corso della loro vita subiscono modifiche, alterazioni, degradi, manutenzioni, cambiamenti d’uso, interventi, rimozioni ed aggiunte che si “sommano” o “sottraggono” tra loro traducendosi poi in un solo modo: una stratificazione di tracce, di parti murarie ed elementi presenti o assenti, raccontati solo ed unicamente dalla materia e tra i quali sono intercorsi: momenti storici, eventi, azioni, fasi, creando così un’immagine tridimensionale nel tempo della struttura.
Saper leggere e interpretare tale stratificazione risulta utile per capire la storia dell’edificio, la storia di chi ha usato l’edificio (cultura materiale), nonché le sue condizioni. Tutte informazioni, queste, imprescindibili qualora si debba eseguire un intervento di restauro.
Il metodo che supporta questo tipo di lettura è noto come Analisi Stratigrafica Muraria (o degli elevati) sintetizzabile come ASM, fa capo alla branca disciplinare dell’Archeologia dell’Architettura e corrisponde al metodo dell’analisi stratigrafica del terreno applicato dalla ricerca archeologica. Diverse e inevitabili però le differenze date dalla natura dei due contesti, vediamo nel dettaglio il metodo.
Funzionalità e potenzialità dell’analisi stratigrafica muraria
L’ASM prevede l’individuazione di tutte quelle differenti azioni antropiche o meno, nella forma di “unità stratigrafiche” e la definizione del loro reciproco rapporto cronologico relativo o assoluto. Osservando e comprendendo “chi viene prima” e “chi viene dopo” tra le varie parti e definendo una grafica che trasponga tutto questo, è possibile tracciare una sequenza che schematizzi le vicende subite dall’edificio.
Avere queste informazioni risulta utile per diversi scopi, elencandoli nel dettaglio:
- incrementare la conoscenza storica dell’edificio con informazioni altrimenti non raccontate dalle fonti;
- documentare tracce storiche che se non note rischierebbero di essere cancellate irreversibilmente;
- capire la composizione dell’edificio allo stato attuale, dunque, lo stato di fatto: conoscendo quante e quali parti lo costituiscono, come si rapportano tra di loro, che connessione e compatibilità hanno, verificare lacune o assenze, capendo così se si ha una buona o meno stabilità generale;
- capire quali materiali e tecniche costruttive si hanno nelle varie parti, compresenti con altre;
- capire le modifiche di carichi o spinte subite dall’edificio e quindi gli eventuali punti deboli.
Tutto questo, è evidente, quindi come conduca non semplicemente ad un approfondimento storico fine a sé stesso, quanto piuttosto ad un supporto per maggiori approcci alla tutela (perché conoscendo si sa cosa conservare) ma anche a scelte più specifiche di intervento.
L’ASM può, infatti, fornire un importante aiuto per capire perché si manifestano determinati degradi o alterazioni, ragionando le cause. Ma per fare ciò è fondamentale integrare all’ASM, l’analisi del degrado dei dissesti, essendo le due cose molto spesso correlate.
Questo discorso risulta utile soprattutto in caso di analisi dei dissesti dati da eventi sismici. Il sisma per primo ci ha dimostrato come il danno ricade nelle parti che sono o sono divenute vulnerabili, perché magari hanno subito modifiche.
Da qui l’importante utilizzo del metodo nel campo di interventi strutturali o di prevenzione. Sapere, inoltre, quante parti diverse caratterizzano una costruzione -e dove si trovano- aiuta anche a fare delle scelte di restauro opinate, pensiamo alla formulazione di materiali appositi per il restauro, che potrebbero essere pensati in base alle caratteristiche delle varie parti, rispondendo al meglio all’importante principio guida dell’intervento: la compatibilità.
“Analisi Stratigrafica Muraria” in cosa consiste?
Il metodo all’atto pratico prevede:
- l’individuazione e documentazione delle unità stratigrafiche: murarie (USM) o dei rivestimenti (USR);
- analisi e documentazione dei rapporti stratigrafici;
- interpretazione e trasposizione grafica della sequenza documentata.
L’individuazione e la documentazione sono due fasi del lavoro che si eseguono in campo, con alla mano un rilievo o un’ortofoto del prospetto da sottoporre ad analisi, da rapportare poi con il prospetto opposto del fronte oggetto d’esame.
Individuazione e documentazione delle unità
In archeologia si tende a parlare di “US” (Unità Stratigrafiche) quando sono unità del terreno, andando sul costruito si passa alle “USM” (Unità Stratigrafiche Murarie), distinte a loro volta dagli intonaci o altri rivestimenti: “USR” (Unità Stratigrafiche di Rivestimento).
Tali unità possono definirsi tutte quelle parti che rappresentano un’azione naturale o antropica e possono distinguersi in unità “positive”, quando hanno un volume, cioè sono costituite da materia (pensiamo ad una parte muraria, una porta, un solaio, una trave lignea, una cornice, etc.) o “negative” quando non hanno un volume ma, al contrario, sono una mancanza che testimonia un’azione di sottrazione (ad es. la traccia di rottura di una muratura, l’impronta di un blocco non più presente e di un rivestimento rimosso, le buche pontaie, etc.).
Per identificare le unità, ponendoci dinnanzi un prospetto pluristratificato, gli indizi da valutare sono:
- la tecnica costruttiva;
- i materiali che compongono l’unità;
- la forma;
- l’esistenza di limiti o bordi.
Attenzione a non farsi trarre in inganno dal degrado! Questo spesso altera in modo difforme un’omogenea superfice muraria (pensiamo al degrado differenziale), la parte alterata non rappresenta, per quanto esteticamente diversa, una nuova unità, bensì la parte di un’unica unità che ha subito un’azione di trasformazione estetica, meccanica o composizionale. Sta alla competenza e capacità di chi opera la lettura stratigrafica saper distinguere i falsi allarmi e saper bene interpretare le trasformazioni della materia ed integrarle alla lettura della sequenza di vita e trasformazione dell’edificio.
Non esiste un limite né un massimo nella individuazione delle Unità, certo è che occorre fare attenzione a non perdersi e seguire sempre un criterio logico calibrato in funzione dell’obiettivo. Sta a noi, infatti, scegliere se indicare un singolo “stipite” con un’unità a sé stante o la coppia di stipiti della stessa apertura come unica unità. Qualora si facciano delle associazioni bisogna essere, però, certi della contemporaneità delle parti altrimenti si rischia di fare a priori un’interpretazione errata.
Un elemento che va di pari passo all’individuazione delle unità è l’analisi delle tecniche costruttive.
Queste infatti sono per eccellenza il primo indizio che ci denuncia la diversità tra più USM positive. Il suo studio merita un’attenzione e documentazione specifica, stando attenti all’andamento dei giunti, alla tipologia dei materiali, alla loro posa, regolarità e cadenza che inevitabilmente segue una precisa logica. Questa logica di composizione definisce la tecnica costruttiva.
Analisi e documentazione dei rapporti stratigrafici
Una volta identificate le unità occorre capire il rapporto tra di esse: chi viene prima, chi viene dopo o se sono contemporanee.
La somma di questi rapporti ci darà il racconto delle vicende subite dalla fabbrica. Come in archeologia i rapporti possono sintetizzarsi in:
- rapporto di contemporaneità (muri o parti di stessa fase in quanto ammorsati e concatenati);
- rapporto di anteriorità e posteriorità (tra parti rotte, tagliate alle quali si addossano nuove parti);
- rapporto di uguaglianza (parti tra di loro uguali ad esempio per tecnica costruttiva, ma non in contatto).
Come si deducono i rapporti tra le parti?
Lo strumento chiave è la lettura dei punti di contatto, cosiddetti “limiti” o “bordi” cercando di interpretare chi prende la forma di chi (e quindi è posteriore), chi è stato rotto a favore di una nuova aggiunta (quindi è antecedente).
Utili indizi sono dati dalla presenza di malte di allettamento o intonaci e il loro relativo andamento (in base a come gira la malta o è stata lavorata o quale impronta reca) o dalle caratteristiche costruttive (una porzione muraria con dei blocchi cantonali è chiaro che nasce per essere conclusa e sarà certamente anteriore alla adiacente parte, magari priva di pietre cantonali ed a lei addossata).
Attenzione al frequente inganno che caratterizza la stratigrafia architettonica! Talvolta si hanno unità apparentemente non concatenate, poste in rapporti di posteriorità ma che di fatto sono appartenenti alla stessa fase costruttiva; la non concatenazione è da attribuirsi a scelte di cantiere.
È importante fare attenzione a queste parti, interpretandole in modo corretto in quanto tali mancate concatenazioni non significano momenti storici diversi! Certamente utile, anche in questi casi, l’esperienza di chi esegue l’analisi e la conoscenza delle fasi e dei metodi di un cantiere edilizio.
Relativo o assoluto?
Stabilire semplicemente “chi viene prima o dopo” rappresenta una deduzione relativa, importante poi, soprattutto in caso di analisi per fini storici, un avanzamento ad una cronologia assoluta, ossia un inquadramento dell’unità ad un’epoca o un anno specifico.
In questi casi bisogna ricorrere:
- a indizi presenti nella materia (pensiamo alle date spesso incise sui portali);
- ad incroci con altre fonti come quelle documentarie, cartografiche o fotografiche;
- comparazione con tecniche costruttive locali datate (molto utili a tal proposito, quando presenti, gli studi locali sull’evoluzione delle tecniche costruttive nel tempo, i quali creano un database di riferimento che fa da indirizzo per l’inquadramento delle varie tecniche);
- riferimenti cronotipologici (ad esempio l’evoluzione locale degli ornamenti architettonici);
- riferimenti mensiocronologici (pensiamo ad esempio alla presenza di materiali come i mattoni con misure specifiche che sappiamo essere proprie di un’epoca);
- analisi petrografica, qualora si sappia, a livello locale, l’inquadramento dell’uso di uno specifico materiale (che sia aggregato della malta o tipologia litica);
- varie analisi di laboratorio dei materiali (pensiamo al C14 per la datazione delle malte) essendo però certi che i materiali non abbiano subito reimpieghi o alterazioni.
Attenzione ad altri due importanti trabocchetti dell’architettura!
- Il reimpiego quando si cerca di datare una parte in funzione di un elemento architettonico o costruttivo presente; dobbiamo essere certi, infatti, che non si tratti di materiale di altra epoca riutilizzato;
- Il restauro in stile: la nostra tradizione di interventi non ha evitato una fase in cui le aggiunte frutto del restauro non miravano a distinguersi ma al contrario a camuffarsi rispetto all’antico. Nello studio di una muratura storica è molto importante aver presente questo rischio in quanto può anche questo fuorviare nell’interpretazione e nei metodi di datazione.
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