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Ampliamento di un balcone: non è manutenzione straordinaria, l'abuso edilizio va demolito. I dettagli

Tar Lombardia: l'ampliamento del balcone non è diretto a una mera finalità conservativa, perché non consiste nel ripristino o rinnovamento di elementi dell’edificio, ma comporta la formazione di ulteriore superficie utile non residenziale

Ampliamento del balcone: senza titolo edilizio è abuso

E' legittima l'ingiunzione di demolizione per un balcone soggetto a lavori di ampliamento non regolarmente 'assentiti' tramite regolare concessione edilizia, perché l'ampliamento non diretto a una mera finalità conservativa non può qualificarsi come manutenzione straordinaria.

L'importante principio è contenuto nella sentenza 2049/2018 del 6 settembre scorso del Tar Lombardia: l'oggetto del contendere riguarda l'ampliamento di un balcone residenziale e le opere contestate riguardano la realizzazione di una maggiore larghezza di 50 centimetri, per l'intera lunghezza di 4 metri del balcone, con la conseguente realizzazione di una maggiore superficie di 2 metri quadrati.

Ampliamento del balcone e formazione di ulteriore superficie utile

Per i giudici amministrativi, contrariamente a quanto ritenuto dalla parte ricorrente, l’opera così realizzata non può qualificarsi come una mera manutenzione straordinaria, atteso che in tale categoria rientrano – secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 380 del 2001i lavori necessari per “rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici...".

L’ampliamento del balcone non è invece diretto a una mera finalità conservativa, perché non consiste nel ripristino o rinnovamento di elementi dell’edificio, ma comporta la formazione di ulteriore superficie utile non residenziale, all’esterno del volume del fabbricato, rispetto a quanto previsto dal titolo. Tale incremento è, inoltre, di entità non trascurabile in rapporto alle dimensioni del balcone originariamente progettate e determina una modifica del prospetto dell’edificio.

L'opera, quindi, eccede i limiti della manutenzione straordinaria.

Abuso edilizio: provvedimento tardivo comunque valido

A rinforzo, i giudici richiamano anche il principio di diritto enunciato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 9 del 17 ottobre 2017, ove si è statuito che “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.

Ciò significa, in definitiva, che non conta il decorso di un lasso di tempo più o meno lungo dalla commissione dell’abuso per condizionare l’esercizio del potere sanzionatorio, il quale è e resta vincolato al solo riscontro dell’illecito edilizio.

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