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Ampliamento del piano cantinato con balcone sporgente, gazebo e tettoia: è nuova costruzione

Delle strutture stabilmente ancorate al suolo, costituenti anch'esse, al di là di ogni ragionevole dubbio, interventi di nuova costruzione necessitanti un permesso di costruire, sono abusive senza la richiesta del titolo abilitativo.

Non si può chiedere la sanatoria per l'ampliamento di un piano-cantina e poi realizzare altre strutture che, messe assieme, 'scavalcano' il concetto di ristrutturazione edilizia passando a quello di 'nuova costruzione'.

L'intervento edilizio, la richiesta di condono, le opere aggiuntive

La differenza tra i due tipi di interventi edilizi, molto importante in materia urbanistica, è al centro della sentenza 8785/2023 del 9 ottobre del Consiglio di Stato, che deve dirimere una questione inerente il ricorso di un privato contro la non concessione del condono edilizio (legge 326/2003) per un presunto intervento di ristrutturazione edilizia, con cambio di destinazione d’uso dei locali interrati presenti da “deposito” a “superficie abitabile”, collegata, tramite una scala interna, con l’appartamento soprastante.

In origine, il provvedimento di condono veniva rilasciato l’8 marzo del 2011.

All’esito della sanatoria, sulla base dei documenti progettuali, l’immobile era infine costituito da una superficie di mq.117,50 e da un volume di mc. 310,00.

Ma poi, il 29 settembre del 2011, il Comune effettuava un sopralluogo, all’esito del quale accertava l’attuale consistenza dell’immobile, sottolineando alcune difformità rispetto al condonato e cioè: 

  • I) un balcone a forma di "elle" di circa m. 12,00 x 1,40, posto a circa cm. 70 dal calpestio e corredato da scala adducente;
  • II) un gazebo in ferro di circa mq. 15,00;
  • III) una pensilina in ferro e vetri di circa m. 12,00 x 1,60;
  • IV) un ampliamento di circa mq. 13,00 di un lato del piano cantinato ottenuto tramite sbancamento;
  • V) un altro ampliamento di circa mq. 24,80 ottenuto tramite sbancamento del lato opposto del cantinato.

Utilizzando i documenti già in possesso dell’amministrazione, i funzionari del comune giungevano alla conclusione che i ridetti interventi fossero successivi a quella data.

Tanto premesso, non solo la consistenza dell’immobile, a quel momento, era diversa da quella dichiarata al momento dell’istanza di condono, ma, sin da quel momento, vi era altresì la prova che la parte avesse effettuato, in epoca successiva, e pendente la domanda di condono, ulteriori interventi abusivi.

Il ricorso: le singole opere non richiedono permessi?

Il privato contesta al TAR di aver qualificato gli abusi descritti quali “opere di nuova costruzione”, necessitanti, in quanto tali, del permesso di costruire.

Sarebbero invece da qualificarsi quali interventi di ristrutturazione e manutenzione perché non hanno comportato alcun aumento di volume giuridicamente rilevante, né sono stati ricavati da uno sbancamento di terreno.

Infatti il modesto incremento volumetrico sarebbe inferiore al 20 % della cubatura complessiva, e il locale seminterrato, in quanto ricavato da una cavità pre-esistente del terreno, non era stato sbancato. Oltretutto la sua natura pertinenziale ne escluderebbe una classificazione in termini di nuova volumetria.

In relazione agli altri interventi abusivi, la parte esclude che sia presente un balcone sporgente dalla forma “a elle” e, quanto al gazebo sostiene che, essendo un’opera precaria, non necessiterebbe del permesso di costruire.

Andrebbe infine esclusa la necessità del permesso di costruire per la tettoia in plexiglass, che avrebbe mere finalità di riparo o protezione dagli agenti atmosferici.

Niente da fare: siamo di fronte a una nuova costruzione, serviva il permesso di costruire

Palazzo Spada smonta la tesi, cominciando la sua analisi dalle verifiche sul posto, dalle quali è emerso che l’ampliamento del piano cantinato si è ottenuto attraverso lo sbancamento del terreno su due lati del fabbricato, il che ha consentito:

  1. un aumento di superficie;
  2. la creazione – illegittima – di volumi fuori terra;
  3. la possibilità di un accesso autonomo all’ambiente così ottenuto. Tale accesso, unito al cambio di destinazione, rende quel volume economicamente auto-sufficiente, in quanto fruibile in modo autonomo da eventuali possessori, e pertanto esclude che possa ritenersi opera pertinenziale rispetto al manufatto principale originario.

Queste caratteristiche portano 'dritte' alla qualificazione di nuova costruzione attribuita all’intervento dall’amministrazione, con conseguente necessità, per la sua realizzazione, del permesso di costruire.

Balcone, gazebo e tettoia: anche qui serviva un permesso

Ma non finisce qui. Palazzo Spada ritiene corretta la ridetta qualificazione anche con riferimento agli altri tre interventi contestati, ossia il balcone sporgente “a elle”, il gazebo e la tettoia.

Per gli ultimi due, si tratta peraltro di strutture stabilmente ancorate al suolo, costituenti anch’essi, al di là di ogni ragionevole dubbio, interventi di nuova costruzione necessitanti un permesso di costruire.


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