Alluvione Emilia-Romagna: le cause del disastro
In Emilia-Romagna sono caduti 200-250 mm di pioggia in 36 ore, un fenomeno che ha causato morte e distruzione. Sui perchè di questa tragedia abbiamo intervistato il Presidente dei Geologi dell'Emilia-Romagna Paride Antolini, che evidenzia due aspetti da migliorare per evitare situazioni simili: cura del territorio e addestramento della popolazione.
L'importanza di una corretta gestione del territorio e l'addestramento della popolazione a questi eventi
L'Emilia-Romagna da giorni è sott'acqua e l'alluvione che ha colpito diverse città della Regione ha causato più di 10 morti, lasciandosi dietro di sé danni per miliardi di euro, con oltre 15mila persone che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni.
Assieme al Presidente dei Geologi dell'Emilia-Romagna Paride Antolini abbiamo cercato di capire il perchè di questo evento catastrofico, causato fondamentalmente dal concatenarsi di tanta acqua caduta in pochissimo tempo su un territorio che ha un forte dissesto idro-geologico: “Già dopo le piogge del 2-3 maggio- esordisce Antolini - avevo ribadito l’importanza di una corretta gestione del territorio, compresa la manutenzione degli argini, che va fatta nello stesso modo in cui si curano abitazioni e ponti. In questi ultimi giorni sono caduti circa 200-250 mm di pioggia in 36 ore, in una zona molto estesa che va da Bologna a Rimini. Una tale quantità d’acqua non è gestibile dalla nostra rete idrografica, che non è adatta per piovosità di questo genere.
Ora bisogna capire cosa poter fare per evitare situazioni di questo tipo in futuro. È necessario innanzitutto curare le nostre foreste e i boschi che abbiamo a monte, mantenendo integri alberi e sottobosco, poichè aiutano a rallentare il deflusso dell’acqua verso valle. Quando l’acqua arriva a valle, si devono creare le prime aree di laminazione, zone naturali, generalmente agricole, dove l’acqua può espandersi quando arriva la piena. Nelle nostre città, questi corsi d’acqua diventano canali, e come tali vanno trattati. Via gli alberi, dunque, perché l’acqua deve essere in grado di attraversarle nel più breve tempo possibile. A valle delle nostre zone urbane, quando riprende la pianura, dove si può allarghiamo i corsi d’acqua mentre negli spazi aperti creiamo delle casse di espansione. Questi interventi da monte alla foce aiutano a mitigare il rischio, che è comunque bene sapere che è impossibile azzerare.
Fondamentale a questo proposito addestrare la popolazione alle alluvioni, attraverso delle esercitazioni che simulano eventi catastrofici, in modo che ognuno di noi sappia cosa fare e come comportarsi. Purtroppo, in questa occasione si sono viste azioni molto pericolose messe in atto dai cittadini, come gente che ha attraversato a piedi aree che si stavano riempiendo d’acqua, oppure chi ha disatteso gli appelli delle autorità abitando i piani terra o lasciando vetture in zone pericolose. Con una preparazione maggiore della cittadinanza avremmo sicuramente ridotto il numero di morti (al momento 14 ndr).
I criteri di dimensionamento delle opere idrauliche delle opere costruite finora erano basati sui criteri di piovosità a cui eravamo abituati, cosa si dovrà fare in futuro su questa questione è ancora complicato dirlo. Bisognerà capire cosa è possibile fare considerando il territorio che abbiamo. Il piano alluvioni della Regione Emilia-Romagna evidenzia come il 62% dei cittadini vive in aree con pericolosità media. Zone non potenzialmente allagabili nel nostro territorio ce ne sono poche (come si può leggere anche dal Rapporto ISPRA). Siamo una Regione con un forte dissesto idrogeologico, problema che viene amplificato da questi fenomeni rari".
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