Adeguamento sismico di edifici esistenti in muratura con pannelli XLAM: un caso studio
L’articolo presenta il caso-studio di un intervento di adeguamento sismico di un edificio in muratura rinforzato attraverso l’utilizzo di pannelli lignei a strati incrociati di tavole (XLAM), la cui applicazione permette un notevole miglioramento della risposta sismica dell’edificio, ben oltre il livello minimo di sicurezza richiesto dalla normativa vigente.
Placcaggi in legno collegati in maniera diffusa alle murature hanno mostrato un miglioramento delle prestazioni sismiche dell'edificio
Gli eventi sismici che hanno colpito il territorio nazionale nella sua storia recente, dal terremoto di Gemona del Friuli del 1976 alle scosse di Amatrice-Norcia-Visso del 2016-2017, hanno impresso nella mente di tutti (addetti ai lavori e non) quanto il patrimonio costruito sia vulnerabile e hanno reso evidente la necessità di intervenire rapidamente e in maniera sistematica.
In particolar modo, edifici tradizionali in muratura di pietra o laterizio hanno mostrato frequenti fenomeni di collasso dovuti al ribaltamento fuori-piano di porzioni di parete. Tali fenomeni sono favoriti da situazioni caratterizzate da scarso ammorsamento delle pareti e assenza di collegamenti efficaci con solai e coperture. Ciò si traduce in una sostanziale mancanza di collaborazione tra i diversi elementi strutturali che, di conseguenza, rispondono in maniera indipendente all’azione del terremoto.
Il primo passo per rimediare a tale condizione è quello di intervenire introducendo nuovi collegamenti solaio-parete laddove mancanti. Tra le soluzioni più diffuse vi è quella di inserire tiranti in acciaio con capochiave esterno a piastra o paletto. Si tratta di soluzioni efficaci, poco invasive e relativamente economiche. Una volta “sistemati” i collegamenti, il passo successivo per ottenere un “comportamento scatolare” dell’edificio, dove le diverse componenti strutturali collaborano nel resistere all’azione del sisma, è quello di assicurarsi che solai e coperture abbiano una rigidezza e resistenza di piano sufficiente a trasferire le azioni inerziali dalle pareti disposte ortogonalmente alla direzione della forza sismica a quelle disposte parallelamente ad essa.
In aree soggette a sismicità elevata ed in presenza di murature di spessore contenuto, l’irrigidimento dei solai e l’introduzione di nuovi ed efficaci collegamenti possono non essere sufficienti ad evitare il ribaltamento fuori piano delle pareti murarie, per formazione di meccanismi di collasso quale quello di “flessione verticale”. In tali situazioni, l’inserimento di costolature lignee fissate a secco può rivelarsi un’arma vincente. Le evidenze sperimentali disponibili, mostrano un notevole incremento della resistenza a fronte di costi contenuti e di una ridotta invasività.
Una volta eliminato, o quantomeno fortemente ridotto, il rischio di meccanismi locali di ribaltamento fuori-piano, è possibile impegnare la risposta globale dell’edificio. In questo modo, il trasferimento a terra delle forze inerziali generate dal terremoto, avviene attraverso le pareti orientate parallelamente alla forzante sismica che, essendo sollecitate nel proprio piano, offrono una risposta migliore. Nel caso in cui tali pareti parallele siano presenti in numero limitato, oppure siano di lunghezza ridotta, può essere necessario incrementarne la resistenza e la capacità di deformazione.
Tra le numerose strade percorribili, all’Università di Trento si sta studiando ormai da qualche tempo (nell’ambito dei progetti finanziati dal consorzio ReLUIS e dal Dipartimento della Protezione Civile), la possibilità di utilizzare placcaggi in legno (ad esempio usando pannelli XLAM o pannelli LVL) collegati in maniera diffusa alle murature, che permettano un contemporaneo miglioramento delle prestazioni delle murature, sia per azioni complanari, sia per azioni ortogonali alla parete.
L’utilizzo del legno quale materiale per il rinforzo degli edifici in muratura ha destato l'interesse anche di altri gruppi di ricerca che stanno lavorando a soluzioni alternative. Per ragioni di brevità, qui si farà riferimento principalmente alle ricerche condotte presso l’Università di Trento. Per prima cosa sono stati eseguiti studi di fattibilità di tipo numerico per valutare le potenzialità di tale filone di ricerca.
Rassicurati dall’esito positivo dello studio di fattibilità si è passati alla sperimentazione fisica, che rappresenta il requisito fondamentale per poter esprimere un giudizio affidabile su una qualsivoglia tecnica di rinforzo. L’attività sperimentale eseguita è stata ampia e strutturata su più livelli, partendo dalla caratterizzazione del comportamento del singolo connettore per giungere sino alla realizzazione di test su pareti di dimensione reale. Nello specifico, sono state testate diverse tipologie di collegamento legno-muratura realizzate a secco grazie all’uso di connettori a vite. Le prove hanno riguardato supporti sia in muratura di laterizio che di pietra (Figura 1sx).
In presenza di murature in pietra caratterizzate da tessitura caotica e giunti di malta di grosso spessore e qualità scadente, l’efficacia dei connettori a secco può talvolta risultare compromessa. Pertanto, sono state testate anche diverse soluzioni di collegamento bagnato (es. con barre metalliche e resine polimeriche) che sono poi state messe alla prova nel rinforzo di campioni di muratura in sottoposti a compressione diagonale (Figura 1dx.).
Infine, la tecnica di rinforzo studiata è stata testata su delle pareti reali di un edificio esistente. L’edificio in questione è l’ex Grande Albergo Terme (GAT) delle Terme di Comano (TN), messo gentilmente a disposizione dall’Azienda Consorziale Terme di Comano. I risultati ottenuti sono promettenti sia dal punto di vista della capacità portante (con incrementi fino al 40%), sia dal punto di vista della capacità di deformazione [11].
Il presente articolo si inserisce nel filone di ricerca sui placcaggi in legno appena descritto ed ha come obiettivo quello di condividere alcune considerazioni nate dall’applicazione pratica ad un caso-studio reale di una delle possibili varianti della soluzione di rinforzo con i pannelli in legno.
Il caso studio
L’edificio oggetto di intervento di riqualificazione ha una pianta rettangolare di lati pari a 17.6 m e 10.7 m (Figura 3sx). Si sviluppa su due piani fuori terra più un sottotetto non accessibile. Il piano terra ha un’altezza di interpiano di 3.75 m mentre il primo piano ha un’altezza di 2.8 m. Nel passaggio dal piano terra al primo si ha un restringimento della pianta, come mostrato dal tratteggio in Figura 3.
La struttura portante dell’edificio è costituita da murature perimetrali in blocchi forati di calcestruzzo (spessore 30 cm) a piano terra e da murature in laterizio semipieno al primo piano (spessore 33 cm). Tutte le pareti interne sono costituite da tramezzature realizzate con elementi in laterizio di spessore contenuto. La struttura presenta un leggero disassamento delle pareti perimetrali nel passare dal piano terra al primo piano, con le pareti superiori che sporgono di circa 3 cm (Figura 3dx).
Il primo solaio fuori terra è in latero-cemento ed è ordito parallelamente al lato corto del fabbricato. Il solaio è sostenuto lateralmente dalle murature perimetrali e internamente da due travi che corrono lungo tutto il lato lungo della pianta. Il secondo solaio fuori terra, anch’esso in latero-cemento, è supportato esternamente dalle murature perimetrali ed internamente risulta poggiare su tramezze di spessore pari a 10 cm. Le indagini effettuate hanno permesso di constatare la mancanza di una cappa collaborante opportunamente armata. La copertura dell’edificio è costituita da tavelloni in laterizio poggianti su frenelli in laterizio forato disposti con passo regolare.
La struttura di copertura scarica dunque il proprio peso direttamente sul secondo solaio fuori terra. L’edificio è stato progettato solo per carichi verticali e si trova in un territorio che ricade in zona 2 secondo gli ultimi aggiornamenti più recenti della mappa nazionale di pericolosità sismica.
Requisiti progettuali
Gli obiettivi dell’intervento di riqualificazione erano molteplici. Da un lato vi era l’esigenza di ampliare la superficie abitabile al primo piano attraverso un aumento di volume, dall’altro lato vi era la necessità di garantire un sufficiente livello di sicurezza (in base al capitolo 8.4.3 delle NTC 2018 infatti, era necessario adeguare l’intero edificio al livello di sicurezza previsto per le nuove costruzioni), migliorando al tempo stesso la prestazione energetica del fabbricato (aspetto non trattato in questo articolo). Inoltre, eventuali interventi di rinforzo strutturale dovevano essere messi in opera esclusivamente dall’esterno dell’edificio, senza causare alcuna interruzione d’uso a piano terra. Alle richieste progettuali menzionate in precedenza va aggiunta la necessità, emersa in fase di indagine, di alleggerire la struttura di copertura in modo tale da scaricare le tramezzature interne non idonee a sostenere i carichi derivanti dalla copertura.
La valutazione della risposta sismica dell’edificio privo di rinforzo è stata eseguita attraverso l’analisi dei meccanismi locali di collasso (tramite analisi cinematica lineare e non-lineare) e l’analisi del comportamento globale (analisi statica non lineare di tipo pushover). I risultati riassunti in Tabella 1, fanno riferimento alla situazione successiva alla sostituzione della copertura (con una nuova copertura in legno) e la rimozione dei frenelli, comunque necessarie per garantire la sicurezza nei confronti dei carichi gravitazionali. L’indice ζE minimo, indicativo del livello di sicurezza, risulta pari a 0.46 ed è determinato dalla vulnerabilità dell’edificio nei confronti delle azioni complanari (verifica globale).
L'ARTICOLO CONTINUA...
Nei prossimi paragrafi si parlerà dell'approccio di modellazione, delle valutazioni preliminari e verrà spiegata la soluzione di rinforzo adottata.
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