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Accertamento di conformità: limiti e regole per la regolarizzazione degli abusi edilizi

L'accertamento di conformità rappresenta un metodo di regolarizzazione degli abusi edilizi, limitato a violazioni di natura formale e non sostanziale, che consente di sanare opere abusive conformi ai regolamenti urbanistici vigenti. La sentenza del Tar Lazio n. 18290/2024 chiarisce i limiti dell'accertamento di conformità, evidenziando che non possono essere sanate modifiche che determinano aumenti volumetrici significativi.

L’accertamento di conformità per regolarizzare gli abusi edilizi

L'accertamento di conformità è uno strumento impiegato per regolarizzare abusi edilizi che comportano sole violazioni di natura formale e non sostanziale.

Sulla base delle ultime modifiche apportate al testo unico dell’edilizia (DPR n. 380/2001) mediante Decreto Salvacasa (DL n. 69/2024), le opere abusive possono essere sanate, solo se risultano conformi ai regolamenti urbanistici in vigore sia al momento della richiesta la sanatoria e conformi alla disciplina tecnica all’atto della loro esecuzione.

L’accertamento di conformità è disciplinato dalle disposizioni previste dall'art. 36 del DPR n. 380/2001, anche se sempre il decreto Salva Casa ha introdotto delle novità con l’introduzione dell’art. 36 bis al DPR 380/01. Nello specifico, relativamente all’accertamento di conformità viene considerata una nuova procedura per la regolarizzazione delle opere edilizie presentanti:

  • variazioni essenziali;
  • parziale difformità rispetto al permesso di costruire o alla SCIA;
  • assenza o difformità della SCIA ordinaria.

Nel momento in cui vengono apportati degli interventi edilizi con parziale difformità o variazioni essenziali rispetto al Permesso di Costruire (PdC) o alla Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) ai sensi dell'art. 34, oppure in assenza o difformità dalla SCIA di cui all'art. 37, il responsabile dell'abuso o l'attuale proprietario dell'immobile possono regolarizzare le piccole difformità richiedendo il PdC o presentando una SCIA in sanatoria, purché (come anticipato) l'intervento sia conforme:

  • alle normative edilizie in vigore al momento della sua realizzazione;
  • alle norme urbanistiche in vigore al momento della presentazione della domanda.

In parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA o in assenza o in difformità dalla SCIA o per le variazioni essenziali, l’amministrazione potrebbe non risponde entro determinati termini, ciò comporta che la richiesta di sanatoria si considera implicitamente accettata incorrendo nel silenzio assenso.

Precisamente se l'amministrazione non risponde entro 45 giorni per il permesso in sanatoria o 30 giorni per la SCIA in sanatoria, la richiesta viene automaticamente accettata.

Diverso è il caso in cui siano presenti dei vincoli paesaggistici, in quanto è possibile richiedere una valutazione e l'autorità deve rispondere entro 180 giorni, previa consultazione della Soprintendenza, che ha 90 giorni per esprimersi, però in assenza di risposta nei termini stabiliti, il dirigente comunale può agire autonomamente.

Non sempre l’accertamento di conformità è uno strumento valido, ma dipende dal tipo di abuso. A far chiarezza su ciò è la sentenza del Tar Lazio n. 18290/2024.

Aumenti volumetrici: i chiarimenti del TAR per l’accertamento di conformità

Il Tar del Lazio ha emesso una sentenza che respinge il ricorso proposto riguardante il diniego tacito di accertamento di conformità da parte di Roma Capitale, in relazione ad alcune difformità edilizie relative ad un edificio.

La ricorrente è proprietaria di un immobile destinato ad attività turistico-ricettiva e nel 2004 è stato richiesto il condono edilizio per sanare alcune difformità, tra cui ampliamenti della costruzione, occupazione parziale del piano pilotis, la realizzazione di locali adibiti a magazzini e uffici nei piani seminterrati (originariamente destinati a parcheggi) e la chiusura parziale delle logge al settimo piano.

Nel luglio 2020, è stata ulteriormente presentata una richiesta di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del DPR 380/2001, per altri interventi che includevano: ampliamenti della struttura esistente, variazioni interne ai vari piani e cambio di destinazione d'uso da residence a albergo. Non ricevendo risposta entro i sessanta giorni previsti dalla legge, il diniego tacito, previsto precedentemente al decreto Salvacasa, ha determinato il ricorso al TAR.
Roma Capitale si è costituita in giudizio
, depositando la documentazione e contestando la richiesta di accertamento di conformità. La municipalità ha contestato nello specifico la congruità della volumetria dichiarata dalla ricorrente, sostenendo che le modifiche abbiano effettivamente aumentato il volume dell'edificio, superando le soglie previste dalla normativa.

Il Tribunale ha esaminato la documentazione prodotta relativamente alla variazione di volumetria dell'edificio, in particolare la differenza tra il volume precedentemente autorizzato e quello risultante dopo gli interventi edilizi. Sebbene la ricorrente avesse sostenuto che l'incremento volumetrico fosse minimo, pari al 1% del volume autorizzato, il TAR ha ritenuto che l'incremento effettivo fosse del 6%. Questo superamento della volumetria consentita ha fatto sì che le modifiche non potessero essere coperte dall'accertamento di conformità.

Il Tribunale ha inoltre ritenuto che non fosse applicabile il comma 2 dell'art. 34-bis del DPR 380/2001, che prevede la possibilità di sanare irregolarità minori in caso di modifiche interne o geometriche, perché nella fattispecie si trattava di ampliamenti sostanziali e cambi di destinazione d'uso.

La sentenza rappresenta una importante precisazione sull’impossibilità di sanare gli interventi edilizi difformi al progetto qualora essi comportano aumenti significativi di volumetria o cambiamenti di destinazione d'uso.

 

LA SENTENZA DEL TAR È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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Allegati

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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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