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Accertamento di compatibilità paesaggistica e divieto di sanare nuovi volumi: il meccanismo della compensazione

Abbiamo già affrontato il tema della sanabilità di opere in vincolo paesaggistico sorte in assenza della dovuta autorizzazione con riferimento anche ad aumenti volumetrici realizzati anteriormente al periodo transitorio.

Oggi però che il periodo transitorio è ampiamente superato e il Codice è entrato a regime per cui gli incrementi volumetrici non sono più sanabili, neppure invocando il criterio della “compensazione per traslazione” nell’ambito dello stesso progetto di volumetrie già originariamente assentite.

E’ questo un caso significativo già posto all’attenzione del Consiglio di Stato che l’Autrice esamina in questo commento.

*presentazione di Ermete Dalprato


In un recente intervento il Consiglio di Stato (Cds sez VI n 6113 del 18/07/2022) chiarisce i limiti entro cui trova applicazione il divieto di sanatoria paesistica di nuovi volumi nell’ipotesi di soluzioni progettuali complesse che prevedono la realizzazione di più edifici.

Su questo portale è già stato affrontato l’annoso tema della sanabilità delle opere in vincolo paesaggistico (si vedano gli articoli del 14/01/2022 e del 24/01/2022 a firma dell’Ing Ermete Dalprato) ritornando, in questa occasione, ad analizzare la tematica in relazione ad una vicenda che riguardava opere realizzate dopo l’entrata a regime delle limitazioni poste dall’art 167 comma 4 Dlgs 42/04, nella parte in cui non consente la sanatoria di nuovi volumi.

Accertamento di compatibilità paesaggistica e divieto di sanare nuovi volumi: il meccanismo della compensazione

Il caso: nuovi volumi da sanare

Viene infatti posto ad analisi un caso che ha riguardato la realizzazione di un progetto unitario, regolarmente autorizzato sotto il profilo edilizio e paesistico, in cui si prevedeva l’ampliamento di alcuni manufatti di uno stabilimento produttivo esistente e la realizzazione di nuovi capannoni, sempre deputati all’attività in essere, in aree ubicate in zona vincolata sotto il profilo paesistico ai sensi dell’art. 142 co 1 lett. c) Dlgs 42/04 (fascia di 150 mt dagli argini di un fiume).

In corso d’opera nell’anno 2007 veniva accertata la realizzazione di circa 1500 mq quadrati in più di ampliamento delle superfici dei capannoni esistenti, oltre i circa 22000 mq già previsti, a fronte della mancata edificazione dei nuovi capannoni (pari a circa 47500 mq).

Per tali realizzazioni non era stata richiesta la dovuta autorizzazione paesaggistica ragion per cui la parte interessata provvedeva alla presentazione sia di un’istanza di accertamento di conformità ex art 36 DPR 380/01, sia all’inoltro di un’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 Dlgs 42/04.

Quest’ultima veniva denegata (conseguendone anche il rigetto della sanatoria edilizia) in ragione della realizzazione di nuovi volumi in spregio a quanto statuito al comma 4° lett. a) dell’articolo precitato che inibisce la  valutazione paesistica postuma in tali ipotesi.

Entrambi i provvedimenti di diniego venivano impugnati censurando che la superficie  realizzata in ampliamento sarebbe stata sottratta dai capannoni (facenti parte del progetto unitario come sopra autorizzato) ancora da costruire (che sarebbero passati da mq. 47.498 a mq. 45.935).

Veniva in particolare dedotto che la planimetria del progetto in sanatoria consentisse una percezione immediata dello ‘spostamento’ delle superfici, tanto che gli ‘abusi’ contestati avrebbero riguardato modesti ampliamenti della parte opposta del fabbricato (regolarmente autorizzato), tanto da apparire ictu oculi irrilevanti ai fini paesaggistici.

Tale palese irrilevanza avrebbe indotto le società ricorrenti a ritenere che non fosse necessario chiedere una nuova autorizzazione paesaggistica e che le modifiche realizzate, essendo sicuramente conformi ai vigenti parametri edilizi ed urbanistici, potessero rientrare nelle ‘variazioni minori in corso d’opera’, legittimabili a posteriori ai sensi dell’art. 22 co 2 DPR 380/01 o, comunque, sanabili ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380 del 2001.

Si poneva poi in rilievo l’insussistenza della violazione dell’art 167 co 4 lett a) Dlgs 42/04, riferendo che in relazione al progetto unitario non vi sarebbe stato alcun aumento di superficie utile rispetto a quella legittimamente realizzabile, ma solo una sua diversa collocazione. Secondo tale prospettazione la Soprintendenza, preso atto del presupposto di legge per l’applicazione della sanatoria per ‘opere minori’ (assenza di aumento di s.u.) avrebbe potuto (e dovuto) esprimersi nel merito della compatibilità paesaggistica della variante realizzata.

In conclusione, il quesito sottoposto al Consiglio di Stato riguardava il fatto se, una volta accertato in corso d’opera che vi era stata una traslazione di superfici nell’ambito di un progetto unitario senza aumento della s.u. di progetto, l’abuso potesse essere ammesso alla sanatoria ai sensi dell’art. 167 lett. a) del d.lgs. 42/2004.

Le appellanti deducevano, sulla base della unitarietà del progetto assentito e della possibilità di compensare quanto realizzabile in relazione ai nuovi capannoni (ma non ancora realizzato all’epoca dei fatti di causa) e quanto già realizzato in eccedenza rispetto all’ampliamento degli immobili autorizzato, la legittimità sostanziale di tale ultima opera costruita.

 

Nessuna deroga per lavori che aumentano volumi

Il Consiglio di Stato con la pronuncia in commento ritiene immune da vizi la pronuncia del giudice di primo grado che “nel richiamare non solo il dato letterale, ma anche la ratio dell’art. 167, lett. a) del d.lgs. n. 42 del 2004, ritiene non autorizzabile in sanatoria detta maggiore superficie utile realizzata” (…) “ancorchè essa faccia parte di un complessivo progetto unitario comprendente anche ulteriori opere non ancora costruite, stante il preciso e chiaro riferimento delle disposizioni alle sole ‘superfici legittimamente realizzate’, che, anche sotto i profili logico e teleologico, non consente alcuna forma di compensazione tra quanto illegittimamente già realizzato in eccedenza” (…) “e l’edificazione solamente progettata sulla riva destra”.

Viene riconosciuta come non conferente la prospettazione difensiva che valorizzava l’unitarietà dell’opera, peraltro di tipo solo ‘funzionale’ correlata al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo e crescita delle aziende insediate.

L’unitarietà del progetto a suo tempo assentito, nella specie di tipo ‘funzionale’, non consente, secondo gli assunti del CdS, di condividere la prospettazione difensiva relativa alla possibile deroga, nella fattispecie, dei principi indicati dall’art. 167, comma 4, lett. a) del d.lgs. n. 42 del 2004, atteso che trattasi, comunque, della realizzazione di manufatti distinti, in ragione della diversa localizzazione della parte del progetto realizzata in difformità, rispetto a quella non ancora interessata dall’edificazione in ampliamento.

La tesi della ‘compensazione’ nell’ambito della ‘traslazione’ delle opere realizzate non è stata pertanto ritenuta percorribile stante il richiamato art. 167, comma 4, lett. a) Dlgs 42/04 che esclude la sanabilità di lavori che “abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”.

 

Va valutato ogni singolo manufatto

Il disposto normativo deve essere inteso nel senso che la valutazione sulla creazione di nuove superfici o volumi va compiuta con riguardo a ciascun singolo manufatto oggetto di intervento.

Viene pertanto preclusa la possibilità di ‘compensare’ tra loro volumi relativi a fabbricati differenti, mentre viene evidenziato che tale soluzione è percorribile (ergo può essere oggetto di valutazione paesistica postuma) nel caso in cui gli immobili siano immediatamente adiacenti, così da formare, in sostanza, un unico corpo di fabbrica (Cons. Stato, Sez. VI, n. 1671 del 2013; Cons. Stato, sez. VI, n. 6300 del 2020).