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Abusi edilizi: tra responsabilità penale del Direttore dei Lavori, rinuncia all'incarico e sanatoria condizionata

Cassazione: in tema di reati edilizi, la responsabilità del Direttore dei Lavori - ai sensi dell'art. 29, comma 1 del Testo Unico Edilizia - cui consegue la responsabilità penale del predetto nel caso di reati commessi da altri senza che intervenga la sua dissociazione ai sensi del comma 2 della medesima disposizione, permane sino alla comunicazione della formale conclusione dell'intervento o alla rinunzia all'incarico e non viene meno in caso di adozione dell'ordinanza di sospensione dei lavori, salvo che - e fintanto che - il cantiere sia sottoposto a sequestro, in quanto sussiste a carico del medesimo un onere di vigilanza costante sulla corretta esecuzione dei lavori, collegato al dovere di contestazione delle irregolarità riscontrate e, se del caso, di rinunzia all'incarico.

Quando una sanatoria è impossibile? Quando il Direttore dei Lavori di un cantiere dove vengono realizzati degli abusi edilizi (reati) è responsabile anche penalmente degli stessi? Cosa significa dissociazione dal reato e rinuncia all'incarico e in quali termini devono avvenire per evitare tale responsabilità?

Tutti questi argomenti sono trattati nella corposa sentenza 32020/2022 della Corte di Cassazione (scaricabile dal sito Italgiure - sentenze online), interessante perché riepiloga non solo le differenze tra totale e parziale difformità edilizia, ma anche il perimetro - illegale - della sanatoria condizionata e tutto l'iter che porta alla responsabilità del direttore dei lavori per reati edilizi (art.29 dpr 380/2001), così come l'ancora di salvataggio che lo stesso ha per evitare tale responsabilità (cioè la rinuncia all'incarico immediata con conseguente dissociazione dagli abusi stessi).

Vediamo di fare il punto andando per ordine.

La differenza tra totale e parziale difformità

Per l'integrazione del reato di cui all'art. 44 del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001):

  • si considera in "totale difformità" l'intervento che, sulla base di una comparazione unitaria e sintetica fra l'organismo programmato e quello che è stato realizzato con l'attività costruttiva, risulti integralmente diverso da quello assentito per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche, di utilizzazione o di ubicazione,
  • è in "parziale difformità" l'intervento che, sebbene contemplato dal titolo abilitativo, all'esito di una valutazione analitica delle singole difformità risulti realizzato secondo modalità diverse da quelle previste a livello progettuale.

Accertamento e doppia conformità urbanistica: i paletti

In tema di reati urbanistici, osserva la Cassazione, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 cit. non ammette termini o condizioni (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260973), deve riguardare l'intervento edilizio nel suo complesso (cfr. Sez. 3, n. 22256 del 28/04/2016, Rongo, Rv. 267290) e può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36 del Testo Unico Edilizia e, precisamente, la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, dovendo escludersi la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive (cfr. Sez. 3, n. 7405 del 15/01/2015, Bonarota, Rv. 262422) che, solo successivamente, in applicazione della cosiddetta sanatoria "giurisprudenziale" o "impropria", siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica (cfr. Sez. 3, n. 45845 del 19/09/2019, Caprio, Rv. 277265).

Il permesso di costruire condizionato è illegittimo

In tal senso è illegittimo, e non determina l'estinzione del reato edilizio, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all'esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell'alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica, senza quindi che siano consentiti accorgimenti per far rientrare la stessa nell'alveo della legittimità urbanistica.

Nel caso di specie, quindi, si osserva che il primo Giudice aveva osservato che le opere in questione non potevano considerarsi sanabili per contrasto con lo strumento urbanistico attuale e al momento dei fatti, atteso che tramite l'esecuzione delle opere abusive erano state realizzate unità abitative in area agricola mutandone la destinazione.

Mentre, appunto, il permesso in sanatoria risulta intervenuto non sull'immobile edificato, ma su quello siccome modificato.

La responsabilità penale del Direttore dei Lavori: quando e per quanto tempo? La rinuncia all'incarico

Passando al tema della responsabilità del direttore dei lavori, la Corte suprema osserva che, in tema di reati edilizi, tale responsabilità, che grava sul DL ai sensi dell'art. 29, comma 1, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - Testo Unico Edilizia, cui consegue la responsabilità penale del predetto nel caso di reati commessi da altri senza che intervenga la sua dissociazione ai sensi del comma 2 della medesima disposizione, permane sino alla comunicazione della formale conclusione dell'intervento o alla rinunzia all'incarico e non viene meno in caso di adozione dell'ordinanza di sospensione dei lavori, salvo che - e fintanto che - il cantiere sia sottoposto a sequestro (Sez. 3, n. 38479 del 13/06/2019, Candido, Rv. 276762) in quanto sussiste a carico del medesimo un onere di vigilanza costante sulla corretta esecuzione dei lavori, collegato al dovere di contestazione delle irregolarità riscontrate e, se del caso, di rinunzia all'incarico (cfr. Sez. 3, n. 34602 del 17/06/2010, Ponzio, Rv. 248328).

Per la Cassazione, la Corte territoriale ha ben deliberato nel caso di specie, dove nel periodo di sospensione delle operazioni, ma non di definitiva chiusura del cantiere ed ancor meno di rinuncia all'incarico da parte del direttore dei lavori, era intervenuta l'edificazione "di un fabbricato completamente diverso rispetto a quello autorizzato, e precisamente di un immobile su due livelli, diviso in zona giorno e zona notte, con muri, due tettoie, una platea in calcestruzzo che si estendeva lungo tutto il perimetro dell'immobile...; il terreno circostante era stato poi livellato ed era stata creata una strada".

Tutto ciò laddove "era stata assentita la costruzione di un fabbricato rurale su un piano...suddiviso in una zona residenziale e in una pertinenza...al di sotto dell'immobile era prevista una camera d'aria interrata alta un metro e mezzo".

Mentre, in definitiva, la Corte territoriale ha sottolineato l'inverosimiglianza che il direttore dei lavori, e il titolare della ditta esecutrice, avessero eseguito le opere edilizie fino al momento della sospensione dei lavori, e poi fossero intervenuti per rimuovere le opere abusive.

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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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