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Abusi edilizi: senza permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica nessuna speranza di evitare la ruspa

Tar Napoli: essendo state realizzate in area sottoposta a vincolo paesaggistico ed alterando lo stato dei luoghi, le opere sono subordinate al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, in mancanza della quale l'unica sanzione applicabile è quella della riduzione in pristino dello stato dei luoghi

La fiscalizzazione dell'abuso, che consente di 'salvarsi' con una semplice sanzione pecuniaria e di evitare la demolizione, ha paletti piuttosto stringenti che peraltro abbiamo di recente esaminato in un approfondimento ad hoc.

Ma quando l'abuso edilizio è inerente svariate opere che comportano "una apprezzabile trasformazione urbanistico edilizia", e per di più in zona assogettata a vincolo paesaggistico, non c'è possibilità di evitare la 'ruspa'.

Abusi edilizi: senza permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica nessuna speranza di evitare la ruspa

Opere edilizie senza permesso e autorizzazione paesaggistica

Questo è il 'sunto' della sentenza 1715/2022 dello scorso 14 marzo del Tar Napoli, che ha come 'protagoniste' varie opere abusive sulle unità immobiliari di esclusiva proprietà nonché su alcune parti comuni dell’edificio, in particolare:

  1. Realizzazione di due pannellature sul balcone preesistente posto al piano secondo sul lato Est del fabbricato, realizzate in elementi di alluminio e lastre di vetro armato, poste a protezione della caldaia, avente dimensione in pianta di m. (1,00 x 1,25), una di altezza di m. 3,10 e l’altra di m. 1,10 circa, a partire dall’intradosso del balcone del piano superiore”;
  2. Collegamento tra i due balconi preesistenti posti al piano secondo della facciata lato Sud del fabbricato e conseguente aumento della superficie non residenziale, in difformità dei grafici allegati alla Licenza Edilizia n. 815 del 18.11.1964 per il progetto di sopraelevazione del piano terzo”;
  3. Realizzazione sul solaio del piano di copertura condominiale dell’abbaino scale, avente dimensione in pianta di m. (4,00 x 6,00) ed altezza di m. 3,30 circa, tale da renderlo praticabile con conseguente aumento della superficie non residenziale”;
  4. Realizzazione sul solaio del piano di copertura condominiale di una ringhiera di protezione lungo la linea perimetrale per uno sviluppo lineare di m. 60 circa, costituita da muratura alta cm 50 con sovrastante ringhiera alta cm. 50 circa, per un’altezza complessiva di m. 1,00 circa”.

La Polizia Municipale aveva effettuato un sopralluogo ravvisando che tali opere erano state realizzate, peraltro in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza permesso di costruire nè autorizzazione paesaggistica ed era scattata, automatica, l'ordinanza di demolizione.

 

La difesa

Secondo il ricorrente, sussisterebbe l’irrilevanza urbanistica delle opere sopra descritte al punto 1, che integrerebbero un mero “volume tecnico”, e al punto 2, che integrerebbero, invece, un intervento di ristrutturazione edilizia, non sanzionabile con la misura repressiva di cui all’art. 31 D.P.R. n. 380/2001 ma, al più, con una sanzione amministrativa pecuniaria, ai sensi degli art. 33 o 34 dello stesso T.U. edilizia; circa gli abusi su parti comuni dell’edificio, il c.d. “abbaino scale” sarebbe qualificabile anch’esso come vano tecnico, deputato esclusivamente ad ospitare i locali macchina dell’ascensore posto al servizio delle unità immobiliari, quindi escluso dal calcolo della volumetria ammissibile, mentre la ringhiera posta sul perimetro del solaio condominiale sarebbe stata realizzata, per mere ragioni di sicurezza, contestualmente al vano tecnico dell’ascensore e dunque anch’essa antecedentemente al 1967, e rientrerebbe nella c.d. attività edilizia libera, quale mera pertinenza, ovvero assoggettata al regime semplificato della SCIA (o DIA).

Ne conseguirebbe che l’assenza del titolo edilizio potrebbe, a tutto voler concedere, essere oggetto del più lieve intervento repressivo di cui agli artt. 33 o 34 del predetto TUE, previa valutazione della possibilità effettiva di procedere alla rimozione delle opere asseritamente abusive senza pregiudizio per la sicurezza dell’edificio.


La fiscalizzazione dell'abuso tra giurisprudenza e prassi applicativa

Elisabetta Righetti illustra i tempi, modi e limiti degli accertamenti demandati alle amministrazioni per l’accertamento della sussistenza dei presupposti tecnici, collegandoli doverosamente alle norme tecniche sulle costruzioni e sottolineando anche il necessario ruolo collaborativo (ancorché non decisionale) del privato interessato.

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Senza autorizzazione in zona vincolata

Per il Tar le doglianze sono tutte infondate, ma basterebbe il solo profilo della mancanza dell'autorizzazione paesaggistica ex art. 146 D.lgs. 42/2004, a giustificare la misura sanzionatoria.

 

Abusi edilizi conclamati: vanno giudicati nel loro complesso

In ogni caso le opere eseguite - continua il Tar Napoli - risultano anche correttamente sanzionate atteso che gli interventi edilizi, complessivamente considerati, hanno comportato la realizzazione di nuove superfici utili e volumetrie, modifiche nel prospetto del fabbricato ed alterazione delle parti comuni.

Al riguardo si ribadisce anche che “ai fini della ricognizione del regime giuridico e della categoria edilizia cui vanno ricondotti, gli abusi edilizi non possono formare oggetto di una considerazione atomistica, ma debbono essere apprezzati nel loro complesso onde stabilire se hanno determinato trasformazione urbanistico – edilizia del territorio, incremento di carico urbanistico e se hanno o meno natura di pertinenza… imponendo la previa acquisizione del titolo edilizio e del presupposto atto di assenso dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 28.2.2017, n. 2851).

 

Abusi edilizi senza permesso né autorizzazione paesaggistica in area vincolata

Entrando nel merito, tenuto conto della natura delle opere contestate, in quanto implicanti una apprezzabile trasformazione urbanistico edilizia, le stesse sono assoggettabili, ai sensi dell’art. 10 del dpr 380/2001, al regime del permesso di costruire (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 28.1.2019, n.667) e richiedono il previo rilascio dell’atto di assenso dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Le stesse, essendo state realizzate in area sottoposta a vincolo paesaggistico ed alterando lo stato dei luoghi, sono subordinate al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, in mancanza della quale l'unica sanzione applicabile è quella della riduzione in pristino dello stato dei luoghi (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 10.9.2018, n. 9218).

Secondo l’orientamento consolidato, “per le opere abusive eseguite in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica in aree vincolate, vige un principio di indifferenza del titolo necessario all'esecuzione di interventi in dette zone, essendo legittimo l'esercizio del potere repressivo in ogni caso, a prescindere, appunto, dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l'intervento edilizio nella zona vincolata (DIA o permesso di costruire); ciò che rileva, ai fini dell'irrogazione della sanzione ripristinatoria, è il fatto che lo stesso è stato posto in essere in zona vincolata e in assoluta carenza di titolo abilitativo, sia sotto il profilo paesaggistico che urbanistico” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 04/10/2019, n. 4757).

 

E la fiscalizzazione dell'abuso?

Chiusura con qualche informazione sulla cd. fiscalizzazione dell'abuso.

Per costante giurisprudenza, la valutazione circa la possibilità di dar corso o meno alla misura ripristinatoria e la conseguente scelta tra demolizione ed irrogazione della sanzione pecuniaria, anche laddove sia ammissibile – ossia per le opere eseguite in parziale difformità dal titolo edificatorio, ex art. 34, comma 2, TUE – costituisce un'eventualità della fase esecutiva, successiva ed autonoma rispetto alla diffida a demolire, allorquando il soggetto privato non vi abbia ottemperato spontaneamente.

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