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Abusi edilizi, SCIA, ordine di demolizione, proprietario estraneo ai fatti, sanzione pecuniaria sostitutiva: le regole del Testo Unico Edilizia

Anche le opere soggette al regime della DIA o della SCIA sono soggette a rimozione, se siano realizzate abusivamente, qualora non siano conformi agli strumenti urbanistici. In ogni caso, in pendenza del termine per la presentazione delle domande di sanatoria straordinaria, tutti i procedimenti sanzionatori in materia edilizia sono sospesi.

Un abuso edilizio va sempre considerato nel suo complesso e, in ogni caso, anche opere assentibili con titoli abilitativi diversi dal permesso di costruire (ieri DIA, oggi SCIA) possono subire la sanzione amministrativa della demolizione se realizzate abusivamente, in quanto non conformi agli strumenti urbanistici.

Lo ha spiegato il Consiglio di Stato nella sentenza 9635/2023 dello scorso 9 novembre, relativa al ricorso contro un'ordinanza di demolizione, confermata dal TAR competente, relativa ad opere realizzate senza titolo consistenti in tre abitazioni, locali ufficio, locali garage, deposito e tettoia per un'estensione complessiva di 796,50 mq.

Quella dei titoli abilitativi e della sanzione demolitoria non è però l'unico concetto interessante contenuto nella pronuncia, che merita un approfondimento.

Il ricorso

I ricorrenti lamentavano:

  • a) il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto rispettivamente proprietario ed occupante degli immobili abusivi, ma non responsabili dell’illecito;
  • b) l’illegittimità dell’ordinanza in quanto adottata mentre era pendente il procedimento di “concessione in sanatoria” ai sensi della legge 724/1994 depositata 28 febbraio 1995;
  • c) il difetto di motivazione, in relazione sia alla pendenza della domanda di condono non ancora esitata al momento dell’adozione del provvedimento impugnato, sia al tempo trascorso, con insorgenza di una legittima aspettativa circa la positiva conclusione del procedimento di sanatoria;
  • d) la necessità, per una parte delle opere, non di un permesso di costruire ma di una “DIA”, tanto, con riferimento al box, al locale destinato a bagno, al garage e al deposito, trattandosi di beni privi di “autonomo valore di mercato”.

Domanda di condono pendente: i procedimenti sanzionatori sono sospesi

Ad avviso degli appellanti vi sarebbe almeno una parziale coincidenza tra le particelle fondiarie indicate nella domanda di condono, prodotta in giudizio, e quelle riportate nel provvedimento impugnato, ragione per cui non spettava agli appellanti, ricorrenti in primo grado, dimostrare la pendenza di una istanza di condono per la totalità delle opere in relazione alle quali era stata disposta la demolizione, innestandosi una sorta di presunzione.

Anche ipotizzando una solo parziale coincidenza tra le opere oggetto della domanda di condono e quelle oggetto dell’ordine di demolizione, il Comune avrebbe potuto adottare la misura ripristinatoria solo nei confronti delle opere non comprese nella domanda oggetto di condono.

Secondo Palazzo Spada, la censura è parzialmente fondata.

Per motivare la decisione, si evidenzia che la pendenza di una domanda di sanatoria presentata ai sensi della legge 724/94 (cd. Secondo condono edilizio), costituisce, secondo la consolidata giurisprudenza della Sezione, evento preclusivo alla adozione di provvedimenti che sanzionino abusi edilizi: ciò per la ragione che l'art. 44, comma ultimo, della legge 47/1985 prevede che, in pendenza del termine per la presentazione di tali domande, tutti i procedimenti sanzionatori in materia edilizia sono sospesi.

Attenzione però: costituendo l'istanza di condono un evento che vizia la legittimità dell'ordine di demolizione, adottato con riferimento a opere per le quali sia già stata presentata istanza di condono, è onere di colui che impugna l'ordine di demolizione censurarlo per tale specifica ragione, indicando in maniera precisa anche gli estremi e il contenuto delle domande di condono rilevanti.

Ne deriva che non è condivisibile la censura in esame, che in sostanza pretende di far discendere, a favore degli appellanti, l'esonero dall’indicato onere probatorio in ragione della mera circostanza che vi sarebbe una parziale coincidenza tra le opere oggetto di condono e le opere oggetto di demolizione.

Correlativamente, la ridetta parziale coincidenza non può determinare l'illegittimità dell’intero ordine di demolizione, potendo rilevare limitatamente alle opere per le quali sia dimostrata la pendenza di una istanza di condono.

In definitiva: l'ordine di demolizione impugnato merita di essere annullato limitatamente alla parte in cui dispone la demolizione del manufatto oggetto di una istanza di condono non ancora evasa (rubricato come manufatto "E").

Il proprietario estraneo ai fatti

Il Consiglio di Stato ricorda che il carattere reale della misura ripristinatoria della demolizione in materia di abusi edilizi e la finalità di ripristino della legalità, impongono che, affinché il proprietario non responsabile degli abusi commessi da persona diversa possa andare esente dalla misura consistente nell'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insiste il bene (ai sensi dell'art. 31, comma 3, del d.P.R. 380/2001), risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone lo stesso venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento, intraprendendo le iniziative idonee a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall'autorità amministrativa.

Nel caso di specie, non sussistendo prova che simili iniziative siano state implementate dal propeietario, Palzzo Spada respinge il ricorso, tenuto conto del fatto che l'art. 31, comma 3, del Testo Unico Edilizia impone di notificare l’ordine di demolizione “al proprietario e al responsabile dell'abuso.

Sanzione pecuniaria sostitutiva: il momento in cui può essere decisa

Il Consiglio di Stato respinge anche la doglianza riferita alla possibilità di applicare la sanzione pecuniaria sostitutiva: ciò per la ragione che l'applicabilità, o meno, della sanzione pecuniaria, può essere decisa dall'Amministrazione solo nella fase esecutiva dell'ordine di demolizione e non prima, sulla base di un motivato accertamento tecnico.

La valutazione, cioè, circa la possibilità di dare corso alla applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria, costituisce una mera eventualità della fase esecutiva, successiva alla ingiunzione a demolire: con la conseguenza che la mancata valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell'ordine di demolizione ma, al più, della successiva fase riguardante l'accertamento delle conseguenze derivanti dall'omesso adempimento al predetto ordine di demolizione e della verifica dell'incidenza della demolizione sulle opere non abusive.

Pertinenze assentibili con DIA: si demolisce lo stesso

L'ultimo motivo di ricorso è relativo al fatto che, secondo gli appellanti, alcune delle opere sarebbero da intendersi mere pertinenze assentibili con DIA (oggi SCIA) e non con permesso di costruire, con la conseguenza che la sanzione demolitiva avrebbe dovuto cedere il passo a quella pecuniaria e che la norma regolatrice non era l'art. 31, ma l'art. 33, comma 3, del Testo Unico Edilizia.

Palazzo Spada osserva in merito che anche le opere soggette al regime della DIA o della SCIA sono soggette a rimozione, se siano realizzate abusivamente, qualora non siano conformi agli strumenti urbanistici: invero, “Atteso che in presenza di abusivismo edilizio, ai sensi degli artt. 22 e 37, comma 1, d.p.r. n. 380/2001 (t.u. edilizia), l'applicabilità della sanzione pecuniaria è limitata ai soli interventi astrattamente realizzabili previa denuncia d'inizio attività che siano, altresì, conformi agli strumenti urbanistici vigenti, laddove manchino i presupposti per l'intervento, come, per l'appunto, nel caso in cui l'opera sia stata posta in essere in violazione del regolamento edilizio, è legittima l'ordinanza di demolizione” (TAR Latina n. 248 del 28.3.2022; TAR Roma, n. 5389 del 7.5.2023; C.d.S. n. 3454/2018; C.d.S. n. 193/2018).

Tra l'altro, nel caso di specie gli appellanti non hanno prodotto alcuna prova concreta a dimostrazione del fatto che alcune delle opere oggetto dell’ordine di demolizione sarebbero state soggette al regime della DIA/SCIA, né hanno dimostrato la conformità urbanistica di tali opere.

Non hanno neppure dedotto che vi siano opere soggette al regime di edilizia libera, la cui esistenza neppure si apprezza dalla semplice lettura dell'ordinanza impugnata.

Quanto alle opere interne, infine, non possono che essere sanzionate con la demolizione, ove tale sanzione attinga l'intero fabbricato. L'ordine di demolizione è, quindi, assolutamente legittimo.


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Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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