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Abusi edilizi prima del 1967: servono prove certe e rigorose per lo stato legittimo

In caso di contestazione dell'abusività di un'opera grava sul proprietario l'onere di dimostrare l'esistenza di un titolo edilizio oppure di fornire la prova della risalenza dell'immobile a un periodo precedente alle previsioni normative che hanno imposto la necessità del titolo abilitativo stesso.

Come provare che un edificio risale a prima del 1967 e quindi, le opere edilizie sullo stesso non erano assogettate alla richiesta e al rilascio del permesso di costruire per essere assentite?

Le questioni sullo stato legittimo degli immobili ante 1967 sono da sempre al centro della giustizia amministrativa e in questo caso ci torna sopra il TAR Napoli, che nella sentenza 4821/2024 si occupa del ricorso contro un'ordinanza di demolizione impartita da un comune per alcune opere abusive.

 

L'abuso edilizio del contendere

Come evidenziato nella relazione del comune, l'immobile è stato costruito in difformità alla licenza edilizia del 1956 che prevedeva la realizzazione di un fabbricato di un solo livello, mentre allo stato è sviluppato su due livelli di cui uno interrato; la superficie del piano terra misura circa mq 40,00 (altezza circa m 2,90) mentre il piano interrato misura circa mq 25,00 (altezza circa m 2,50).

Non essendo stato possibile recuperare grafici attestanti la legittimità dell'immobile (l'unica planimetria trovata è stata quella catastale presentata nel novembre 1995 e scaricata dall'Agenzia delle Entrate), avendo constatato l'effettuazione di plurimi interventi edilizi di modifica e ampliamento (tra i quali installazioni di tettoie, vani in muratura e altre strutture) e ricadendo peraltro l'immobile in area assogettata a vincolo idrogeologico, il comune ordinava la demolizione.

 

L'edificio risale a prima del 1967? Il ricorso

Secondo i ricorrenti, l'amministrazione comunale non è riuscita a recuperare i grafici attestanti la legittimità dell’immobile, il cui stato attuale è stato confrontato con una planimetria catastale del 1995.

 

Edifici ante 1967: onere della prova a carico del privato

Il TAR respinge subito il motivo di ricorso sottolineando le regole in materia di onere della prova per la legittima preesistenza del manufatto.

Secondo condivisa giurisprudenza, infatti, "In caso di contestazione dell'abusività di un'opera grava sul proprietario l'onere di dimostrare l'esistenza di un titolo edilizio oppure di fornire la prova della risalenza dell'immobile a un periodo precedente alle previsioni normative che hanno imposto la necessità del titolo abilitativo edilizio, in linea generale coincidente con la c.d. legge "ponte" n. 761 del 1967, che ha imposto l'obbligo generalizzato di previa licenza edilizia per le costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano" (Cons. di St., sez. II, 22/06/2022, n.5132).

Pertanto, "Incombe su chi agisce in giudizio fornire gli elementi probatori a favore della propria tesi e, quindi, è onere del privato fornire la prova dello status quo ante, atteso che l'Amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all'interno del suo territorio. Detto in altri termini, chi realizza interventi, ritenuti abusivi, su immobili esistenti, è tenuto a dimostrare rigorosamente, se intende evitare le misure repressive di legge, lo stato della preesistenza proprio in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 c.c. nonché dell'art. 64, comma 1, d.lgs. n. 104/2010" (T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 11/04/2022, n.2457; sez. VI, 17/12/2015, n. 5782).

 

Opere edilizie prima del 1967, quali prove? Ok alle dichiarazioni sostitutive e alle mappe catastali

L'onere di provare la data di realizzazione (e la consistenza dell'immobile abusivo) spetta a colui che ha commesso l'abuso, mentre solo la deduzione da parte di quest'ultimo di concreti elementi di riscontro trasferisce il suddetto onere di prova contraria in capo all'amministrazione pubblica.


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La pubblica amministrazione non è tenuta a fornire prove per irrogare una sanzione demolitoria

Il TAR evidenzia, a rinforzo, che "l'Amministrazione Comunale non deve fornire, quale condizione di legittimità per l'irrogazione della sanzione, prova certa dell'epoca di realizzazione dell'abuso, atteso che è posto in capo al proprietario o al responsabile dell'abuso stesso dimostrare il momento in cui il manufatto è stato costruito".

 

Principio di vicinanza della prova: è il privato a dover fornire documentazione certa

Il TAR richiama anche i precedenti giurisprudenziali sul principio di vicinanza della prova. Nello specifico, "tale criterio di riparto dell'onere probatorio tra privato e amministrazione discende dall'applicazione alla specifica materia della repressione degli abusi edilizi del principio di vicinanza della prova poiché solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto, mentre l'amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all'interno dell'intero suo territorio".

In definitiva, "sotto il profilo processuale, in applicazione del criterio della vicinanza della fonte e dei mezzi di prova (alla sfera giuridica di disponibilità delle rispettive parti processuali) e dei principi generali che presiedono alla disciplina del riparto dell'onere della prova tra le parti processuali, spetta al proprietario (o al responsabile dell'abuso) fornire la prova circa l'asserita risalenza dell'opera ad un'epoca in cui non era necessario un titolo edilizio" o la legittimità della edificazione.

In definitiva, in assenza della prova della preesistenza del manufatto e/o della sussistenza di un titolo abilitativo dell’immobile nell’attuale consistenza, le modifiche e gli ampliamenti contestati, rispetto alla concessione edilizia del 1956, devono considerarsi abusivi, suscettibili, quindi, della imposizione della sanzione repressivo-ripristinatoria.


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Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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