Abusi edilizi maggiori: la sanatoria condizionata previa accordo col comune è inammissibile
Il concetto di doppia conformità richiesto ai fini della concessione della sanatoria ordinaria e dell'accertamento di conformità presuppone una verifica di rispondenza al regime urbanistico vigente sia all'atto dell’effettuazione dei lavori che della presentazione dell'istanza in senso statico. Ma il Salva Casa, per gli abusi minori, ha rivoluzionato le regole.
L'accertamento di conformità del Testo Unico Edilizia è stato un po' rivoluzionato dal recente Decreto Salva Casa (69/2024), che consente la possibilità di 'sanare' gli abusi minori (parziali difformità da permesso e SCIA, assenza di SCIA, variazioni essenziali al titolo abilitativo) con una doppia conformità semplificata (conformità edilizia al momento dell'effettuazione dell'intervento e urbanistica al momento della presentazione dell'istanza) che prevede anche il 'condizionamento' a specifici interventi volti a eliminare le eventuali parti che non possono essere sanate e ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza.
Abusi edilizi maggiori e doppia conformità classica
Se, però, l'abuso edilizio rientra tra quelli maggiori (cioè assenza di permesso di costruire o totale difformità da esso) non si scappa dalla vecchia doppia conformità (conformità urbanistica ed edilizia prima e dopo) e non è ammesso alcun tipo di sanatoria condizionata, tanto meno tramite accordi col comune.
Il caso: fabbricato ad uso ufficio abusivo
E' quindi parecchio importante quanto affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza 1648/2025, riferita alla demolizione di una serie di strutture abusive, per le quali il comune prima e il TAR poi avevano rigettato la richiesta di permesso di costruire in sanatoria riferita ad uno di tali manufatti, ovvero il fabbricato a uso ufficio, di superficie pari a mq. 100, ubicato sul fianco est di un deposito/officina.
L'accertamento di conformità
L'art. 36 del dpr 380/2001 prevede che le opere abusive possano essere sanate solo se conformi sia al piano urbanistico al momento della realizzazione, sia alla disciplina vigente quando viene richiesta la sanatoria.
In questa vicenda, la società ha invocato una norma regionale (art. 3 della L.R. Veneto n. 55/2012), che consente ampliamenti di attività produttive in deroga agli strumenti urbanistici, ma solo se vi è conformità ai limiti specifici di superficie e volume. Il Comune ha rigettato l'istanza di sanatoria in quanto non c’era "doppia conformità", essenziale per applicare l'art. 36.
No alla sanatoria condizionata
Il Collegio ha anche respinto la possibilità di concedere una "sanatoria condizionata" o "con prescrizioni", sottolineando che ciò sarebbe in contrasto con la legge.
La sanatoria, infatti, presuppone la doppia conformità, e non può essere legittimata attraverso l'introduzione di condizioni o prescrizioni per rendere conforme un abuso edilizio.
Il principio stabilito è che la sanatoria non può sanare interventi in contrasto con la pianificazione urbanistica vigente al momento della realizzazione dell'opera, risolvendo la questione attraverso un "condono" inaccettabile nell'ordinamento giuridico.
Niente accordi con la PA per sanare gli abusi
Quanto sopra affermato, cioè l'impossibilità di procedere con una sanatoria condizionata, vale a maggior ragione ove si pretenda di far confluire gli impegni del privato in un accordo ai sensi dell’art. 11 della legge 241/1990, che comunque implica una "negoziazione" rimessa alla scelta discrezionale della PA, estranea alla natura del provvedimento.
Sanatoria ordinaria: vale per gli abusi formali e non sono ammesse negoziazioni
Palazzo Spada ricorda che l'ordinamento non ammette casi atipici di sanatoria, in quanto diversamente dal condono essa "è stata deliberatamente circoscritta dal legislatore ai soli abusi “formali”, ossia dovuti alla carenza del titolo abilitativo, rendendo così palese la ratio ispiratrice della previsione della sanatoria in esame, ‘anche di natura preventiva e deterrente’, finalizzata a frenare l’abusivismo edilizio, in modo da escludere letture ‘sostanzialiste’ della norma che consentano la possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, ma con essa conformi solo al momento della presentazione dell’istanza per l’accertamento di conformità" (Corte cost., n. 101 del 2013).
E' chiaro, quindi, che la necessità di "negoziare" l’adeguamento ovvero la sua realizzazione, altro non è che uno strumento per legittimare una sanatoria condizionata, ovvero per far rivivere la c.d. "sanatoria giurisprudenziale”, istituto di creazione pretoria da tempo abbandonato dalla giurisprudenza.
Il superamento della doppia conformità classica
Come accennato sopra, l'art.36-bis del dpr 380/2001 - introdotto dal DL Salva Casa - ha parzialmente superato la regola del divieto di sanatoria condizionata, in quanto essa è possibile, oggi, per gli abusi edilizi minori ("in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 34 ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 37"), che possono ottenere quindi un titolo abilitativo in sanatoria 'condizionato'.
In sede di esame delle richieste di permesso, infatti, lo sportello unico per l'edilizia può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e rimozione delle opere che non possono essere sanate.
Accertamento di conformità statico e doppia conformità classica
Palazzo Spada osserva inoltre come il principio della "doppia conformità" richiesto per ottenere una sanatoria ordinaria implica che l'opera abusiva debba risultare conforme alle norme urbanistiche sia al momento della sua realizzazione sia al momento della richiesta di regolarizzazione.
Questa verifica ha carattere "statico", nel senso che si basa esclusivamente sulla rispondenza formale dell'intervento ai piani urbanistici vigenti nei due momenti considerati.
Il fatto che un’opera possa essere autorizzata attraverso un procedimento specifico - che, nel caso in esame, richiede l'intervento del Consiglio comunale - non significa automaticamente che essa sia conforme alle regole edilizie in vigore per quell'area.
Infatti:
- la possibilità teorica di realizzare ex novo un intervento edilizio, sulla base di una norma che ne prevede l'assentibilità a determinate condizioni, non implica che lo stesso sia conforme al regime urbanistico attuale;
- la conformità non può essere ricavata dall'eventuale esito positivo di successive valutazioni discrezionali;
- il concetto di "doppia conformità" stabilito dall’art. 36 del dpr 380/2001 ha infatti una funzione di accertamento puramente formale, poiché l'illecito edilizio a cui si riferisce è considerato tale in senso giuridico, e non necessariamente in termini sostanziali;
- se si ammettesse il contrario, si introdurrebbe un meccanismo simile a un condono edilizio piuttosto che a una sanatoria ordinaria, permettendo la regolarizzazione postuma di interventi che, nella sostanza, restano in contrasto con le previsioni urbanistiche vigenti.
LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO
Abuso Edilizio
L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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