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Abusi edilizi: le prove della risalenza a prima del 1942 ricadono sul privato

La prova della risalenza di un'opera edilizia ad un epoca anteriore all'introduzione del titolo abilitativo obbligatorio per realizzarla deve essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi. Le prove si rinvengono ad esempio nei ruderi, nelle fondamenta nelle aerofotogrammetrie, mappe catastali.

Quali prove servono per dimostrare che un edificio risaliva a prima del 1967 e che quindi non avrebbe dovuto, fuori dal centro abitato, essere assentito da alcun titolo abilitativo?

I chiarimenti su questo aspetto sono sempre importanti e il Tar Lecce ci torna sopra nella sentenza 1110/2024 (disponibile sul sito della Giustizia amministrativa), che in realtà si occupa del 'presunto' caso di un fabbricato per il quale era stata presentata istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art 36 del D.P.R. n. 380/2001, per “sostituzione copertura, frazionamento, fusione e cambio d’uso dell’immobile di sua proprietà”.

 

L'accertamento di conformità negato

Il comune respingeva la richiesta di sanatoria, in quanto “la domanda non può essere accolta perché non ci sono i presupposti per l’applicazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 giacché dagli atti risulta non plausibile che l’edificazione senza alcun titolo edilizio del locale adibito ad attività commerciale possa essere antecedente al 1942.

Ancora, la PA sosteneva che "…Non è in discussione la localizzazione all’interno del centro abitato dell’edificio in questione; lo stesso è ubicato all’interno di una zona costruita, ben rappresentata all’interno delle mappe e delle ortofoto (IGM) risalente ai primi degli anni 40’ ed ivi cristallizzata...".


Costruzione ante 1942 fuori dal centro abitato: non serviva il permesso di costruire?

I ricorrenti, allora, censurando l'illegittimità della condotta del comune:

  1. per violazione degli artt. 31 della legge 1150/1942 e dell’art. 10 della L. n. 765/1967 (cd. Legge Ponte), per essere la costruzione edificata in data anteriore all’entrata in vigore della legge urbanistica del 1942;
  2. per essere, altresì, l'immobile contestato, ubicato al di fuori del centro urbano, con la conseguenza che per l'edificazione dello stabile, in considerazione del Regolamento edilizio comunale del 1911, non sarebbe stato necessario richiedere il rilascio di un preventivo titolo edilizio.

Sappiamo, infatti, che la Legge Urbanistica del 1942 ha introdotto l'obbligo del titolo abilitativo per gli interventi eseguiti nei centri abitati mentre la Legge Ponte del 1967 ha allargato l'obbligo di cui sopra a tutto il territorio nazionale, senza distinzione di luoghi.

 

Stato legittimo ante 1942: chi deve fornire le prove?

Il TAR entra quindi diretto sul tema, ritenendo infondate, in primo luogo, le censure incentrate sulla risalenza dei manufatti e, segnatamente, sulla loro anteriorità rispetto al 1942.

La giurisprudenza di riferimento ha chiarito che: “ove si faccia questione di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi,” è onere del privato provare la data di realizzazione dell’opera edilizia, atteso che solo il privato può fornire “inconfutabili atti, documenti o altri elementi di prova che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto” (Cosn Stato, sez. VI, 06.02.2019, n. 903).

 

Quali prove servono?

La prova - sotolineano i giudici - deve essere "rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, dovendosi tra l’altro negare ogni rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto notorio o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate” (Cons. Stato, sez. IV, 04.03.2019, n. 1476, id. n. 4168 del 09.07.2018, sez. IV, 30.03.2018, n. 2020, Cons. Stato, Sez. VI, 20.04.2020, n. 2524).

Ancora, si evidenzia che “nelle controversie in materia edilizia i principi di prova oggettivi concernenti la collocazione dei manufatti nello spazio, quanto nel tempo, si rinvengono nei ruderi, nelle fondamenta nelle aerofotogrammetrie, mappe catastali, laddove la prova per testimoni è del tutto residuale (Cons. Stato, sez. VI, 3.1.2022, n. 4).

La giurisprudenza poi, soffermandosi sul riparto dell’onere della prova, opera una distinzione: “a seconda che il privato abbia fornito elementi di prova che consentono con certezza di escludere l’abusività delle opere contestate, ovvero abbia fornito elementi rilevanti ai fini del decidere , idonei a rendere verosimili le proprie allegazioni, ma tali da non consentire la sicura datazione del manufatto privo di titolo edilizio; ciò a fronte di una condotta inerte dell’Amministrazione che abbia omesso di valutare in sede amministrativa gli elementi forniti dal privato, astenendosi dall’illustrare le ragioni della loro inconferenza, e comunque abbia omesso di fornire elementi di prova contrari idonei a smentire le avverse allegazioni…..Nel primo caso, sarebbe possibile formulare direttamente in sede giurisdizionale un giudizio di spettanza….nel secondo caso sarebbe possibile soltanto riscontrare un difetto di istruttoria inficiante l’azione amministrativa ….. (Cons Stato, sez. VI, 21.10.2022, n.9010; id T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 30.12.2022, n. 8169).

Nel caso specifico, i ricorrenti, al di là delle asserzioni difensive, non hanno offerto alcun elemento idoneo a dimostrazione, in maniera quanto meno verosimile, l'asserita anteriorità al 1942 dell'edificazione in contestazione.

Importante: le dichiarazioni rese da terzi non costituiscono elemento di prova idoneo.

 

Abusi edilizi ante 1967 e onere della prova: quando è ribaltabile sul comune

Se il proprietario o esecutore dell'abuso edilizio fornisce prove sufficienti per dimostrare che l'opera risale a prima del 1967 e quindi non necessitava di alcun titolo abilitativo, spetta al comune fornire elementi di prova contraria in mancanza dei quali l'ordinanza di demolizione deve essere annullata per difetto di istruttoria.


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La nozione di centro abitato

In ultimo, il TAR afferma che l'abuso edilizio era stato 'compiuto' in zona centro storico, in quanto “in assenza di un atto urbanistico di perimetrazione del centro abitato, la nozione di centro abitato di cui all’art. 31 della L. n. 1150/1942, deve intendersi, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato, sez. IV, 19 agosto 2016, n. 3656) quale nozione di mero fatto, individuato quale aggregato di case continue e vicine, anche distante dal centro urbano”.

Il comune si è quindi basato “sulle rappresentazioni delle mappe e delle ortofoto dell’Istituto Geografico militare risalenti ai primi degli anni 40 da cui si evince la presenza dell’immobile" inserito un un aggregato di case.

In definitiva: l'abuso edilizio è confermato, perché manca la prova della legittimità urbanistica del manufatto.

Sono di conseguenza legittimi i provvedimenti sanzionatori - tra i quali un'ordinanza di demolizione - adottati dall'ente.

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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Edilizia

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