Abusi edilizi in zona vincolata: niente sanatoria o multa, senza autorizzazione paesaggistica scatta la demolizione
L'art.32 del Testo Unico Edilizia stabilisce chiaramente che gli interventi abusivi su beni vincolati sono considerati come eseguiti in "totale difformità" dalla concessione, rappresentando una variazione essenziale e, in quanto tale, sono suscettibili di essere demoliti.
Le opere abusive realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, anche se mostrano natura precaria o pertinenziale e, quindi, assentibili con mera DIA/SCIA, si considerano comunque eseguite in totale difformità dalla concessione, il che comporta che l'applicazione della sanzione demolitoria è comunque doverosa, ove non sia stata ottenute alcuna previa autorizzazione paesaggistica.
Lo ha chiarito il Consiglio di Stato nella sentenza 4665/2023 dello scorso 9 maggio, relativo al ricorso di un privato contro la demolizione di una serie di opere realizzate in difformità dal permesso di costruire, confermata peraltro dal TAR competente.
I lavori del contendere
Il progetto originario prevedeva la realizzazione di un soppalco, di un portico di 30 mq e sovrastante terrazzo di collegamento tra i due originari corpi di fabbrica, di una scala esterna di collegamento con sottostante bagno e di altre opere minori di sistemazione degli spazi esterni.
Al termine dei lavori, l’Amministrazione accertava la realizzazione di alcune opere difformi dal titolo abilitativo, e irrogava la sanzione demolitoria. In particolare, il Comune contestava:
- la sostituzione del soppalco con un solaio di 30 mq;
- la chiusura del portico con infissi;
- l’ampliamento del prospetto posteriore con tamponatura della soletta di collegamento al portico;
- l’apertura di un vano finestra;
- il frazionamento interno in due unità abitative al piano terra ed al piano primo.
Per la ricorrente, l'ordine di demolizione era stato ingiunto in violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 34 D.P.R. n. 380/01 e difetto di motivazione e di istruttoria, per l’irrogazione della più grave sanzione demolitoria a fronte di interventi realizzati in difformità dal titolo, senza dare conto dell’interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione stessa, né del presunto contrasto delle opere eseguite con la normativa urbanistica vigente.
Secondo il TAR, era corretta l'applicazione della sanzione demolitoria prevista dall’art. 31 D.P.R. n. 380/2001, in ragione della qualificazione in termini di “variazione essenziale” delle opere realizzate su immobili sottoposti a vincolo paesistico, non essendo compatibile la diversa sanzione pecuniaria prevista dall’art. 34 D.P.R. n. 380/2001.
Difformità senza cambi di volume e opere modeste
Secondo la difesa, le contestate difformità non avrebbero comportato alcuna alterazione planivolumetrica, ma le opere in esame sarebbero poste in durevole rapporto di subordinazione rispetto all’immobile principale, sicchè la loro esecuzione sarebbe stata finalizzata a renderne possibile una migliore utilizzazione.
Inoltre, le opere sarebbero di modesta consistenza tale da non determinare alcun carico urbanistico o alterare in modo significativo l’assetto del territorio.
In sostanza, secondo l’appellante, le opere avrebbero natura obiettiva di pertinenza e gli interventi di recupero realizzati rientrerebbero tra gli interventi assoggettati a semplice denuncia di inizio attività.
Insomma: le opere in questione risulterebbero conformi alla normativa urbanistica e paesistica vigente, e in relazione alle stesse potrebbe essere rilasciato il titolo in sanatoria ex art. 36 d.P.R. 380/01, previo pagamento della relativa oblazione, o applicarsi la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 37 del d.P.R. n. 380/01.
In zona vincolata non conta il titolo abilitativo, ma l'autorizzazione paesaggistica
Palazzo Spada osserva che, come accertato dal giudice di prima istanza, gli interventi edilizi sanzionati non risultano supportati neppure da una D.I.A., così come sono del tutto sprovvisti della autorizzazione paesistica.
L’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001 (nella specie ha trovato applicazione l’art. 31 del d.P.R. cit.) non distingue tra opere per cui è necessario il permesso di costruire e quelle per cui sarebbe necessaria la semplice D.I.A. in quanto impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesaggistico.
In sostanza, le opere abusive realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, quand’anche si dovessero ritenere, come sostiene l’appellante, avere natura precaria o pertinenziale e, quindi, assentibili con mera D.I.A., si considerano comunque eseguite in totale difformità dalla concessione, il che comporta che l’applicazione della sanzione demolitoria è comunque doverosa, ove non sia stata ottenute alcuna previa autorizzazione paesaggistica. Ciò, in quanto, tutte le opere realizzate sull’area sottoposta a vincolo, anche se trattasi di volumi tecnici e anche se considerate eventuali pertinenze, per ragioni di esigenza di tutela del paesaggio, devono essere sottoposte alla previa valutazione degli organi competenti (Cons. Stato, n. 8785 del 2022).
La variazione essenziale in zona vincolata
Circa la qualifica di "variazione essenziale", continua il Consiglio di Stato, non è in dubbio che le opere sono state realizzate in assenza dei prescritti titoli abilitativi.
Come correttamente precisato dal TAR, nella specie, trova applicazione l’art. 31 del DPR 380/2001, che sanziona con la demolizione le opere abusive in zone vincolate.
L’ultimo comma dell’art. 32 del dpr 380/2001 stabilisce chiaramente che gli interventi abusivi su beni vincolati sono considerati come eseguiti in ‘totale difformità’ dalla concessione, rappresentando una variazione essenziale e, in quanto tale, sono suscettibili di essere demoliti ai sensi dell’art. 31, comma 1, e dell’art. 32, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001.
Ne deriva che, in presenza di opere edificate senza titolo edilizio, e a maggior ragione in zona vincolata, l’ordinanza di demolizione, sia essa ai sensi del citato art. 31, di cui si è fatta applicazione nel provvedimento impugnato, che dell’art. 27 dpr 380/2001, è da ritenersi provvedimento rigidamente vincolato.
L'abuso edilizio si valuta nel suo complesso
Infine, Palazzo Spada sottolinea che per valutare un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, come accaduto in questo caso, deve effettuarsi una valutazione globale delle stesse, atteso che le opere vanno considerate nel loro complesso (Cons. Stato, n. 1350 del 2021);
In caso di abuso edilizio, cioè, non è dato scomporne una parte per negare l’assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante, bensì dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni (Cons. Stato n. 7426 del 2021).
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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
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