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Abusi edilizi: il comproprietario non risponde penalmente se estraneo all’abuso

Corte Appello Palermo: non basta essere comproprietario di un immobile per subire una condanna per un abuso edilizio realizzato sull'immobile stesso

La comproprietà dell'abuso edilizio non prova da sola la colpevolezza

La comproprietà di un immobile abusivo non basta, da sola, ad affermare la responsabilità penale, in assenza di indizi da cui possa dedursi una compartecipazione anche morale nell'illecito stesso. 

E' molto importante, quanto contenuto nella sentenza 3409/2018 della Corte di Appello di Palermo, che in questa pronuncia ha ricordato come la responsabilità del comproprietario di un abuso edilizio non può essere configurata come responsabilità omissiva.

Abuso edilizio: tra moglie a marito...

I giudici palermitani trattano il caso di un abuso edilizio realizzato in una villa al mare nei pressi di San Vito Lo Capo, dove senza alcuna autorizzazione e in assenza di un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato venivano aggiunti al fabbricato preesistente un manufatto in muratura, due tettoie e un gazebo in legno.

Per tale abuso il Tribunale di prime cure sanzionava penalmente sia l'uomo che la moglie, sulla base della mera circostanza che l'immobile su cui erano realizzate le opere abusive era in comproprietà.

Secondo la difesa, però, la posizione della moglie andava rivista, visto che l'autore dell'illecito aveva ammesso le proprie responsabilità dichiarando la totale estraneità ai fatti della consorte.

 

 

Comproprietà dell'immobile: non basta da sola per la condanna

L'appello viene accolto in quanto, anche alla luce della dichiarazione del marito, l'unico elemento a carico della donna risulta essere la comproprietà dell'immobile. Tuttavia, ciò non basta a fondare una responsabilità penale. Ebbene, ricorda la Corte, secondo orientamento costante in giurisprudenza, "la responsabilità del proprietario o comproprietario non committente non può essere oggettivamente dedotta dal diritto sul bene, né può essere configurata come responsabilità omissiva per difetto di vigilanza".

Tale responsabilità invece deve essere dedotta da indizi "idonei a sostenere la sua compartecipazione, anche morale, al reato", come ad esempio la presenza e la vigilanza durante lo svolgimento dei lavori, il deposito di provvedimenti abilitativi, la fruizione dell'immobile.

In definitiva, secondo la Corte d'Appello non c'è alcuna prova del coinvolgimento in concorso nel reato di abuso edilizio da parte dell'imputata, "non potendo ritenersi sufficiente la mera circostanza di essere comproprietaria dell'immobile, unitamente al coniuge".

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