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Abusi edilizi, difformità nel progetto e doppia conformità: come ottenere la sanatoria

Prima del Decreto Salva Casa, le variazioni essenziali al progetto edilizio originario non potevano essere sanate tramite l'accertamento di conformità se non rispettavano la doppia conformità urbanistica ed edilizia sia al momento della realizzazione dell'intervento che al momento della richiesta di regolarizzazione. Ma oggi basta la conformità edilizia "prima" e quella urbanistica "dopo" per ottenere il permesso di costruire in sanatoria.

La sanatoria classica del Testo Unico Edilizia, normata dall'articolo 36 del dpr 380/2001, prevede che le opere abusive che si vogliono regolarizzare debbano essere conformi alle regole urbanistiche ed edilizie sia al momento della realizzazione ("prima") che all'epoca della presentazione dell'istanza ("dopo"). E' la regola della doppia conformità.

Il Decreto Salva Casa (69/2024, convertito in legge 105/2024) ha poi previsto, per certi tipi di abusi, cioè parziali difformità dal permesso di costruire e dalla SCIA, assenza di SCIA o variazioni essenziali ex art.32, la possibilità di procedere con un accertamento di conformità semplificato (art.36-bis del Testo Unico Edilizia), che prevede cioè la conformità edilizia dell'opera "prima" e urbanistica "dopo".

 

Il caso: difformità dal progetto originario

Si dibatte sul ricorso contro il respingimento dell'istanza di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del dpr 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia).

L’istanza di sanatoria era stata presentata dalla ricorrente per regolarizzare una difformità edilizia riscontrata nel suo immobile. In particolare, si trattava di una discrepanza tra la planimetria e il prospetto approvato nel progetto edilizio del 1957, che la ricorrente attribuiva a un errore grafico del costruttore.

Il comune di Roma Capitale ha però respinto la richiesta sulla base dei seguenti motivi:

  • le difformità non erano semplici errori di rappresentazione grafica, ma comportavano un ampliamento della superficie utile lorda e del volume fuori terra, in violazione del progetto approvato;
  • la ricorrente non aveva dimostrato la doppia conformità dell'intervento, ovvero la sua compatibilità sia con la normativa urbanistica vigente all'epoca della costruzione sia con quella attuale;
  • secondo le Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del PRG di Roma Capitale, gli interventi di ampliamento sono consentiti solo entro il 10% della superficie utile lorda e del volume fuori terra, a condizione che migliorino la configurazione dell'edificio. In questo caso, l'ampliamento era stato realizzato in modo non conforme ai criteri previsti.

 

Variazioni essenziali o difformità parziali?

Secondo la ricorrente, le modifiche effettuate dal costruttore in sede di edificazione del fabbricato non potrebbero comunque considerarsi variazioni essenziali del progetto, comportanti cioè un sostanziale e radicale mutamento dell'edificio rispetto a quello oggetto di titolo abilitativo.

Si tratterebbe, cioè, di modifiche quantitative e qualitative compatibili con il disegno globale che ha ispirato il progetto originariamente assentito, peraltro in linea con la costante giurisprudenza per cui, in caso di modificazioni incidenti su elementi particolari e non essenziali della costruzione tali da concretizzarsi in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera, si tratta di parziale difformità.

Inoltre, il mero superamento del margine di tolleranza normativamente previsto dall'art. 34, comma 2-ter del dpr 380/2001 (nel testo applicabile al momento di emanazione del provvedimento impugnato, quindi prima dell'avvento del Salva Casa) non potrebbe, di per sé solo, ritenersi sufficiente per integrare gli estremi della variazione essenziale, dovendosi valutare anche la consistenza delle variazioni e, in particolare, la loro incidenza o meno sulle strutture essenziali dell'opera.

 

Salva Casa: anche le variazioni essenziali nella sanatoria semplificata

Le variazioni essenziali al titolo abilitativo sono a metà strada tra parziali difformità e totali difformità ma beneficiano del regime semplificato della nuova doppia conformità, che prevede la conformità urbanistica ad oggi e la conformità edilizia all'epoca della realizzazione dell'intervento


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Variazioni essenziali: ecco perché

Il TAR ha respointo il ricorso, ritenendo che:

  • l'intervento effettuato non fosse una semplice correzione grafica, ma una traslazione e ampliamento della parete perimetrale, con la creazione di una nuova apertura non prevista nel progetto originale;
  • l'operazione ha comportato un aumento di circa 5 metri quadri di superficie utile lorda e 16 metri cubi di volume, rientrando quindi in una vera variazione essenziale rispetto al progetto iniziale;
  • le modifiche non rispettavano i limiti delle tolleranze costruttive previste dall’art. 34-bis del dpr 380/2001, poiché superavano i margini consentiti e non potevano quindi essere considerate difformità parziali.

Non c'è conformità urbanistica "oggi": niente sanatoria, nè ordinaria ne semplificata

In definitiva, secondo il TAR, il comune ha correttamente negato l'accertamento di conformità, poiché l’intervento non rispettava i requisiti di doppia conformità richiesti per la sanatoria.

L'intervento realizzato configurava un ampliamento non consentito, incompatibile con la disciplina urbanistica vigente.

Cosa sarebbe cambiato se l'istanza di accertamento di conformità fosse stata presentata secondo le regole dell'art.36-bis, cioè per l'ottenimento della sanatoria semplificata?

In questo caso nulla, perché se è vero che le variazioni essenziali rientrano nel perimetro del nuovo accertamento di conformità, si deve ribadire che per ottenere il permesso o la SCIA in sanatoria è necessario rispettare:

  • le regole edilizie al momento della realizzazione dell'intervento (e qui ci siamo);
  • le regole urbanistiche al momento della presentazione dell'istanza (e qui non ci siamo, come visto sopra).

 

Silenzio assenso? E' possibile con la nuova sanatoria semplificata

Un'ultima considerazione va fatta in merito a quel che succede 'dopo' la presentazione dell'istanza per accertamento di conformità.

Per quel che riguarda quella 'standard', come specificato dal TAR, l'art.36 comma 3 del TUE prevede che “sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata”.

Differente è il caso della sanatoria semplificata ex art.36-bis: in questo caso, infatti, il comune deve pronunciarsi con provvedimento motivato entro 45 giorni per il permesso di costruire ed entro 30 giorni per la SCIA. Decorsi questi termini, la richiesta si considera automaticamente accolta. Se, però, ci troviamo in zona vincolata, i termini sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica.


LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO

Allegati

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