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Abusi edilizi: chi vuole la sanatoria deve provare la doppia conformità

Il soggetto interessato a sanare l'abuso edilizio deve provare la doppia conformità edilizia e urbanistica dell'opera da regolarizzare, sia con riferimento al momento della realizzazione della stessa, che al momento della presentazione della relativa istanza di sanatoria, nel caso della sanatoria classica ma anche nel caso di quella semplificata (dove è sufficiente, invece, la conformità urbanistica al momento della presentazione della domanda ed edilizia al momento della realizzazione).

Che sia 'classica' (articolo 36 del Testo Unico Edilizia) o 'semplificata' (articolo 36-bis), la doppia conformità urbanistica ed edilizia richiede sempre delle prove a corredo della richiesta di sanatoria per gli abusi edilizi.

Tali prove sono a carico del richiedente, che deve appunto certificare come le opere fossero conformi - a livello urbanistico o edilizio, o entrambi - in due momenti diversi, quello della realizzazione e quello della presentazione dell'istanza.

E' evidente che le semplificazioni del Decreto Salva Casa, per difformità parziali o variazioni essenziali, consente una regolarizzazione più 'ampia', ma quello che ci preme sottolineare in questo articolo è che in ogni caso per ottenere una sanatoria del Testo Unico Edilizia servono prove concrete di conformità.

 

Il caso: la richiesta di sanatoria

Lo specifica anche il TAR Catania nella sentenza 47/2025 del 10 gennaio, che si è espresso sul ricorso contro il silenzio-rifiuto del comune, formatosi per l'inutile decorso del termine di 60 giorni, indicato dall'art. 36 del dpr 380/2001, per l'esame della domanda di sanatoria edilizia.

L'istanza era stata presentata per alcuni manufatti realizzati in assenza del permesso di costruire:

  • un capannone in carpenteria metallica adibito a lavorazioni;
  • un prefabbricato con montanti in tubi laminati e con pareti e tetto in pannelli coibentati, adibito ad uffici per il personale addetto al capannone lavorazioni;
  • due container destinati a spogliatoi e docce.

La ricorrente, ritenendo che si fosse formato il silenzio-diniego sull'istanza, si è rivolta al TAR.

 

Istanza di accertamento di conformità: le regole del silenzio-diniego

Prima di tutto, si ricorda che ai sensi dell'art.36 del Testo Unico Edilizia - in questo caso applicabile essendo nel campo della totale assenza di titolo edilizio -, se il comune non si esprime entro 60 giorni dalla presentazione dell'istanza, si forma il silenzio-diniego che va eventualmente impugnato ntro il termine decadenziale "adducendo, tuttavia, esclusivamente, ragioni di diritto tese a comprovare la sanabilità degli abusi".

 

Sanatoria edilizia: quali prove per la doppia conformità classica?

Per quel che riguarda, invece, l'accertamento di conformitò, il TAR ricorda che è il privato a dover fornire le prove della doppia conformità urbanistica ed edilizia dell'abuso da sanare, "sia con riferimento al momento della realizzazione della stessa, che al momento della presentazione della relativa istanza di sanatoria".

Il principio richiamato è quello della vicinanza della prova: solo l'interessato, infatti, può fornire inconfutabili atti o documenti probatori sull'epoca di realizzazione delle opere edilizie, che portino alla "ragionevole certezza dell'addotta sanabilità del manufatto".

In questo caso, evidenziano i giudici, la ricorrente si è limitata a sostenere che "le opere per le quali è stata domandata sanatoria risalgono agli anni ottanta del secolo scorso e che sia allora che adesso esse ricadono sempre in zona industriale".

Ciò non è sufficiente a ritenere assolto l'onere della prova della doppia conformità delle opere abusive, visto che serve estremo rigore nel fornire gli elementi idonee a vagliarne la sussistenza.

Il ricorso è quindi da rigettare, la doppia conformità non è dimostrata, niente sanatoria.

 

Anche la doppia conformità semplificata del Salva Casa richiede delle prove

Se le opere fossero state eseguite in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA, realizzate in assenza di SCIA o in variazione essenziale (art.32), si sarebbe potuti invece rientrare nel perimetro dell'articolo 36-bis del TUE, inserito dal Decreto Salva Casa (69/2024, convertito dalla legge 105/2024).

In questi casi, è possibile ottenere il permesso di costruire o la SCIA in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.

Quindi: conformità urbanistica 'prima', conformità edilizia 'dopo'.

Ma anche qui servono delle prove: serve, infatti, la dichiarazione del professionista tecnico che attesti le necessarie conformità:

  • per quella edilizia, è resa in riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell'intervento;
  • per l'epoca di realizzazione, è provata mediante la documentazione di cui all'art.9 comma 1-bis quarto e quinto periodo ("per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali"). Se non è possibile accertare l'epoca di realizzazione dell'intervento in tal modo, il tecnico attesta la data di realizzazione con una propria dichiarazione e sotto sua responsabilità, col rischio di incorrere in sanzioni penali in caso di false dichiarazioni.

LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO

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